Il “Gruppo Wagner” è un’organizzazione paramilitare russa, fondata nel 2014, e salita alla ribalta proprio in quell’anno con l’inizio della guerra del Donbass. Ora, con l’invasione dell’Ucraina da parte di Vladimir Putin e delle sue forze armate, non sono spariti, anzi: hanno il compito, secondo il Guardian, di supplire alle perdite dell’esercito di Mosca
Il loro lavoro non si limita, però, al solo paese amministrato da Volodymyr Zelenski, ma sono in primo piano anche in Libia e Siria
Gruppo di Wagner, chi sono e quali sono i loro obiettivi nel Donbass e non solo
La prima volta che si è parlato del “Gruppo Wagner”, a livello internazionale, è stato nel 2014. Nel Donbass, quelli che sono considerati dei mercenari al soldo di Vladimir Putin, e dipendono – secondo il New York Times – dal Ministero della Difesa russa o dal GRU, ovvero il servizio di informazione delle forze armate russe, avevano aiutato i separatisti delle repubbliche popolari di Doneck e Lugansk.
Ma il lavoro dei mercenari – che probabilmente appartengono a Evgenij Prigozin, ex cuoco dell’oligarca russo e ora potente uomo d’affari, ma di loro sa poco e nulla perché non hanno una sede ufficiale, né una registrazione, né un organigramma – non si è limitato alla regione ucraina. Nel corso degli anni si sono occupati delle guerre civili in Libia, in Siria, nella seconda guerra civile nella Repubblica Centrafricana e la guerra in Mali.
Secondo il Center for Strategic and Internation Studies (CSIS) operano in Sudan, Sud Sudan, Libia, Repubblica Centrafricano, Madagascar, Mozambico, altre fonti dicono che il lavoro si estende alla Botswana, al Burundi, Ciad, Comore, Repubblica Democratica del Congo, Repubblica del Congo, Guinea, Guinea-Bissau, Nigeria, Zimbabwe.
Stando a quanto riporta un articolo di qualche giorno fa di Repubblica, il gruppo è stato tacciato di essere uno dei maggiori indiziati per i crescenti movimenti migratori dalla Libia alle coste italiane. Il discorso è molto complicato, ma può essere sintetizzato così: dalle coste libiche sotto il controllo delle milizie del generale Khalifa Haftar, supportate dai mercenari russi, stanno partendo molti più migranti rispetto a due anni fa.
Potrebbe trattarsi di un caso, o forse no, perché, sempre secondo il quotidiano diretto da Maurizio Molinari, l’arrivo di molti barconi potrebbe essere un assist perfetto, in vista delle elezioni del 25 settembre per il rinnovo del Parlamento italiano, per Matteo Salvini, leader della Lega, che da sempre propone politiche anti-immigrazione.
Aiutato da Putin, direbbero alcuni, che però ha sempre negato che “se anche ci fossero mercenari russi in Cirenaica, questi non sono pagati dalla Russia e non rappresentano la Russia”.
La stessa cosa, però, non si può dire del Donbass (di nuovo). Perché in quello che è uno dei teatri principali della guerra tra Mosca e l’Ucraina di Volodymyr Zelensky il lavoro del Gruppo Wagner non è finito, anzi. Secondo un rapporto dell’intelligence britannica, pubblicato dal Guardian, sul fronte orientale a supplire alle ingenti perdite dell’esercito russo, ci sono proprio loro, che stanno assumendo posizioni di combattimento in prima linea.
E infatti, secondo gli analisti occidentali, la “Compagnia” mantiene relazioni strette sia con le forze armate di Putin (quelle ufficiali), sia con i servizi segreti in modo da consentire alla Russia di portare avanti i suoi obiettivi senza dover rispondere delle proprie azioni.
Catrina Doxee del Csis di Washington crede che operino proprio per consentire a Mosca di “estendere la sua influenza geopolitica e ripristinare gli accordi ottenuti prima della caduta dell’Urss”. Posizioni che vengono condivise anche da ricercatori dell’università marocchina, secondo cui la Russia ha una politica africana, specie dove è forte l’influenza della Francia.
Gruppo Wagner, come agiscono i mercenari russi
I contractor, che non si possono contare per i motivi di cui vi abbiamo già parlato ma che si sa guadagnino anche 300mila rubli al mese, hanno una maniera piuttosto spietata di agire. Sono stati spesso accusati di abusi e violazione dei diritti umani e, solo lo scorso gennaio, avrebbero ucciso almeno 30 civili in un’offensiva contro i ribelli nella Repubblica centrafricana: a indagare sulla questione c’è l’Onu, che non li ha mai persi di vista.
Non sempre, però, portano a casa i risultati per cui sono chiamati a operare. Nel 2020, dopo la controffensiva delle forze filoturche, in appoggio al governo di Fayez al-Serraj, a Tripoli, ha messo schiena al muro il Gruppo Wagner e le forze di Haftar. Esito molto simile a quello che avvenne in Mozambico, in cui dovettero cedere il passo prima all’avanzata dell’Isis e poi dai reparti sudafricani.
Ma Doxsee ha spiegato che anche questo non è frutto del caso, perché la logica che sottende il loro impiego è quella di addestrare le truppe del Paese che li chiama in causa, ma “è nel loro interesse fondamentale svolgere il loro compito quel tanto che basta per continuare a essere impiegati”. Loro vogliono continuare a guadagnare tanto e quindi continuare a essere impiegati.