Papa Bergoglio ha dimostrato in diverse occasioni di sapersi esprimere e di avere ben chiare le posizioni da trasmettere. E senza parole comode, che forse è anche giusto così. Oggi, a domanda diretta, ha detto la sua sulla posizione politica italiana e il suo pensiero – anche senza volersi mischiare ufficialmente – è arrivato dritto e chiaro.
Quando Papa Bergoglio parla è giusto ascoltarlo, se si è credenti o anche se non lo si è. E poi rifletterci anche su, per chi è e per quello che rappresenta. Nelle ultime ore, ha speso parole importanti sulla politica italiana e sulla sua situazione attuale del nostro Paese, dalla caduta del governo presieduto da Mario Draghi a tutto ciò che viene dopo. Che ora è già iniziata la turbolenza e le correnti elettorali. Poi sono giunte anche dichiarazioni sulle possibili dimissioni da Papa prima della morte e anche qui c’è da spalancare gli occhi e aprire le orecchie. Il tutto di ritorno da un Canada che sembra avergli lasciato tanto, e viceversa.
Il Papa invita alla responsabilità e dice bene di Draghi
Sul tema del viaggio tanto si può dire, in letteratura come nella vita. E tante metafore, allegorie e storie varie possono partire da qui, come migliaia e migliaia di anni fa e anche adesso. Il viaggio come soluzione, come simbolo di un’esistenza che si sposta e cresce, o forse semplicemente cambia; come rinascita e, quindi, come percorso interiore, che alcune volte sono anche un po’ di sinonimi.
No, non siamo a una lezione di letteratura di liceo e non stiamo neanche preparando l’esame di maturità tra caldo torrido e ventilatore puntato dritto in faccia per non lasciarsi perdere. È solo il preambolo che ci porta all’argomento di oggi, che è il viaggio di Papa Bergoglio in Canada e ciò che è arrivato dopo. E cioè le sue dichiarazioni.
Era doveroso partire così, dato che parliamo di un “pellegrinaggio penitenziale” e da cui, ha detto lo stesso Bergoglio, il pontefice porta con sé “un tesoro di sorrisi”, con tutto quello che implicano queste parole per la Chiesa. E da qui andiamo oltre e passiamo a questioni un po’ più terrene, che sono comunque fondamentali per l’Italia e per il suo destino. Stiamo puntando l’indice contro l’incertezza politica che stiamo vivendo nelle ultime settimane e che ci porterà direttamente alle urne il 25 settembre.
Un futuro prossimo che così non doveva essere, dato che non ci si arriva a naturale scadenza, ma attraverso il disfacimento del governo Draghi. Un terremoto che ha aperto un’enorme crepa nel terreno, per cui si starà o da una parte o dall’altra. O si finirà per crollarci dentro. Una scelta che ha i contorni del sì o del no, ma anche con una mezza misura, quella costituita da un centro che proprio ora sta prendendo forma, ma anche lui dovrà vedere da che parte stare. E probabilmente lo sa già e lo sta anche ammettendo.
Ma torniamo a noi e al Papa, che tra giravolte, scenari e ribaltamenti di fronte, è comunque doveroso raccontarvelo. Bergoglio, di ritorno dal Canada, si è espresso sullo stato di cose della politica dell’Italia, ma senza volersi sporcare le mani direttamente, ma con un invito ben preciso e che dovrebbe suonare forte e chiaro.
Il pontefice, infatti, ha detto espressamente, alle porte delle elezioni o comunque a campagna già iniziata: “Serve responsabilità civica”. Che suona come un ammonimento con tutte le code che ne conseguono e forse anche un po’ doveroso per una politica che sembra amare porre leader sull’altare per poi destituirli, e bruciargli la poltrona, e che riapre l’incertezza per cominciare tutto da capo. Che più che politica è distruzione e dalla distruzione fiori non ne nascono, se non in qualche canzone o poema che di concreto ha poco, ci dispiace. Se non il romanticismo.
Ma noi restiamo razionali e continuiamo a ondeggiare tra le parole del Papa: “Prima di tutto, non voglio entrare nella politica interna italiana. E per seconda cosa, nessuno può affermare che il presidente Mario Draghi non fosse un uomo di alta qualità internazionale”. Un messaggio che volutamente Bergoglio ha voluto far risuonare in maniera diretta e per chiarire i due punti essenziali del suo pensiero.
È impossibile, però, non rimarcare con matita blu l’attestato di stima per un Draghi chiamato a gran voce a prendere per mano il Paese, dopo un lavoro internazionale di portata enorme e per cui le voci di presidenza della Repubblica erano molto più che rumors, prima che fosse scelto (o non scelto, che era più comodo non designare altri) ancora Sergio Mattarella. Che comunque ci va benissimo, non è quello il punto. Ma questa è un’altra storia.
Insomma, Draghi non può essere e non è uno qualsiasi e il Papa, da esterno, ce l’ha ricordato anche oggi. Poi rimarca: “Stiamo parlando di un uomo che è stato presidente della Banca centrale europea, e che ha fatto una buona carriera”. Poi dimostra di essersene comunque interessato (ovviamente) della politica interna tricolore: “Ho solo fatto una domanda a uno dei miei collaboratori, chiedendogli quanti governi c’erano stati in Italia nel nuovo secolo. La risposta è stata venti. E questa ora è la mia risposta…“.
Il pensiero del Papa, allora, qualora non si fosse capito, impernia su questi punti: responsabilità, che ormai è quasi un ritornello cantato a squarciagola da alcuni, e niente più instabilità politica. Che poi fin dai tempi di Grecia e Roma caput mundi sono i diktat per un buon governo, l’obiettivo delle polis e che oggi dovremmo ancora prefissarci, tralasciando la convenienza delle urne. Ma, ancor di più in queste giornate bollenti, sembra quasi utopia che ci farebbe sorridere a letto, durante qualche bel sogno.
Dalla politica italiana alle dimissioni prima del morte
Il Papa non si ferma qui e anzi raddoppia. Dalla politica interna italiana, infatti, Bergoglio sposta il suo raggio d’azione verso la guerra tra Russia e Ucraina. E anche qui non lascia al caso le parole, ma puntando dritto il suo mirino di pace: “Ho già detto che in Ucraina vorrei andarci. Vediamo adesso cosa troverò quando arriverò a casa”.
E qui torniamo al punto di partenza, a quel viaggio che apre le acque e le menti, per poi far attraversare l’impossibile. La barbarie che il conflitto a est sta portando con sé e assolutamente inaccettabile. Lo è da uomini e poi da Cristiani e il Papa non può che farsene da portavoce. Si potrebbe sottolineare il coraggio, la necessità di pace, il bisogno di sorrisi e vita, non di morte.
In realtà, vi faremo notare solo la contrapposizione tra il pellegrinaggio in Canada che il Papa ha descritto solo con termini d’amore e quello che sarebbe in Ucraina. Una missione, una luce tra le bombe, e un destino, che in questo Bergoglio è simile a Woityla, che è quello di esserci e di viaggiare, ma soprattutto di contrapporre la Chiesa alle bombe. Che così tutto andrebbe meglio e in quel modo non si risolve nulla. E ora anche basta.
Ma oltre la politica e oltre all’Italia, il Papa viene interrogato su quella che resta comunque una questione spinosa all’interno del mondo della Chiesa e dopo che ha rappresentato una svolta epocale per quella che era la consuetudine. Stiamo parlando delle possibili dimissioni da pontefice.
Perché da Ratzinger, la sua voce calma e il suo accento (tutto suo), la sua mano docile, il pianoforte e il suo ritiro di pace, tutto è cambiato ed è impossibile ignorarlo. E anche in questo caso Francesco non lascia la sua risposta al caso e non attua la diplomazia, negandosi del tutto questa possibilità in partenza.
Bergoglio dice, infatti: “Farò quello che il Signore dice”. Risposta illuminante che fa intendere come per la Chiesa nulla sia per forza nostro o di nostra competenza. Che ci sono cose che vanno oltre, ci sono disegni precedenti e successivi, e in quelle direzioni bisogna muoversi se si è Cristiani veri.
Ai giornalisti presenti, il Papa ammette: “Il Signore può anche dire di dimettermi. E il Signore che comanda”. E poi si rifà a sant’Ignazio e ne sottolinea anche l’importanza prima di annunciarla: “Quando qualcuno era stanco o malato, sant’Ignazio lo dispensava dalla preghiera, ma mai lo dispensava dall’esame di coscienza. Se dovessi notare che il Signore mi indichi qualcosa, che fosse successo qualcosa, un’ispirazione, allora dovrei fare un discernimento per vedere cosa mi chiede il Signore”. E poi conclude: “Alla fine può darsi anche che il Signore mi voglia mandare all’angolo, è alla fine è Lui che comanda”.
Tutto rimandato, quindi, ma chiaro. E anche imponderabile. Tutto cristiano e anche giusto così, se ci fermiamo un attimo a pensarci e ci mettiamo nei panni del pontefice, che ci fa sentire un pizzico più calmi e protetti e che forse è anche un po’ la sua funzione.
Comunque di cose interessanti da quest’intervista volante ne sono emerse. Un Bergoglio che si chiama fuori dalle logiche del dito puntato contro e del rimpallo di colpe a livello di politica interna, per abbandonarsi alla difesa di un uomo di “altissima qualità” e a cui non sarà più permesso di stare al comando, da presidente del Consiglio. Francesco ci ha ricordato per l’ennesima volta che gli interessi personali dovrebbero cadere di fronte alle necessità del collettivo e che in troppe occasioni così non è stato. Quindi, solidarietà a Draghi e senza schieramenti, ma con una condanna nemmeno velata a chi ha staccato la spina. Che ci serva da lezione per il futuro e forse anche in relazione al prossimo appuntamento elettorale.
Poi c’è la questione guerra e qui Bergoglio ci ha dato solo una conferma più in alto. D’altronde lui ha sempre condannato chiaramente qualsiasi tipo di conflitto e gridando allo stop, a fermare la barbarie. A maggior ragione con Russia e Ucraina che ci stanno a due passi e che l’inciviltà alla fine deve sempre soccombere. Vedremo quando il viaggio avverrà, ma comunque la sensazione è che si faccia davvero e che sarà un evento storico, di portata mondiale, ovviamente.
Infine, sulle dimissioni pre mortem ha detto tutto lui e ci ha rimandato a chi sta più un alto, com’era giusto probabilmente. Quindi non scriviamo una parola in più a riguardo, nella speranza che le urla pacate del Papa vengano ascoltate, che il mondo sarebbe un posto migliore. E sicuramente questa è la sua funzione umana e sociale, a prescindere dalla fede.