La guerra tra Russia e Ucraina si articola su più piani e il Cremlino non ha intenzione di mollare su alcun fronte. Gli uomini di Vladimir Putin si preparano alla controffensiva ucraina nel sud del Paese, ma intanto continuano ad affondare il colpo nel Donbass. Nel frattempo, è ripartito l’export di grano: l’accordo, per ora regge, ma attenzione alle pretese russe. Ecco il punto totale sulla guerra.
La Russia non tira su il piede dall’acceleratore e non ha alcuna intenzione di mollare la presa in nessuno dei punti strategici per avere la meglio sull’avversario. La geografia del conflitto si articola soprattutto a sud e a est, ma attenzione anche agli accordi diplomatici che rappresentano una chiave decisiva per tutto il Mediterraneo. È il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky a darci aggiornamenti decisivi per comprendere le sorti della guerra.
La strategia della Russia a sud: perché è uno snodo decisivo
È iniziato agosto, ma sulla scia inconfondibile di luglio e, non ce ne voglia il settimo mese del 2022, ma questa non è per nulla una buona notizia per troppe ragioni. Il caldo torrido continua ad attanagliare le giornate degli italiani, tra ciclone africano e una tregua che è durata comunque troppo poco e in troppe poche regioni per considerarla tale.
Tregua che se, invece, ci spostiamo a est e sì stiamo parlando della guerra tra Russia e Ucraina, non è mai arrivata, se non per l’accordo sulle esportazioni di grano, ma ve ne parleremo tra un po’.
Ora, invece, ci occupiamo di geopolitica e strategie militari che sono argomenti decisivi per capire da che parte sta andando il conflitto e soprattutto che piega potrebbe prendere nei prossimi mesi. In questo caso, lo sguardo, o meglio le bandierine sul mappamondo ben fisso sulle scrivanie di Vladimir Putin e Volodymyr Zelensky, deve andare a est e sud dell’Ucraina. E ve ne spieghiamo subito le ragioni.
Innanzitutto, a est c’è quel Donbass che da sempre è motivo del contendere e che, a parte il desiderio e la necessità dei “piccoli russi” (e che ora più non vogliono esserlo) di entrare nell’Unione Europea e nella Nato, è anche motivo dello scoppio della guerra. In tal senso, le ultime ore hanno già scritto pagine di storia, scolpite con inchiostro nero e indelebile.
Zelensky, infatti, in uno dei suoi discorsi alla nazione, ha lanciato l’ordine del governo di evacuare Donetsk, che nel Donbass si trova e, anzi, è uno dei centri più importanti. Questo perché la Russia ha tutta l’intenzione di intensificare le sue offensive proprio da quel lato, già conquistato e occupato dagli uomini di Putin, e nella speranza di liberare totalmente l’area dai nemici.
Si parla, quindi, di migliaia e migliaia di civili che entro l’inverno dovranno lasciare la regione, per evitare che il terrore seminato dai russi (e così l’ha definito proprio Zelensky) si trasformi in una strage di proporzioni ancora peggiori. In più, in una struttura di Olenivka, sempre nel Donbass, sono stati uccisi decine di prigionieri di guerra ucraini, appartenenti al battaglione Azov. E se non sapete ancora di chi stiamo parlando, si tratta di uomini con simpatie neo-naziste che hanno combattuto al fianco dell’esercito ucraino a Mariupol e non solo, attuando una strenua resistenza, prima di essere catturati. E che dalla Russia non sono considerati neanche dei veri soldati, e neanche degni di morte per fucilazione, ma solo con l’impiccagione. Come ricordato dall’ambasciata russa nel Regno Unito nelle scorse ore.
La paternità della strage, però, russi e ucraini continuano a rimbalzarla come in uno scambio di ping pong senza fine e quindi estenuante, e alla fine solo l’indagine delle Nazioni Unite e della Croce Rossa, accorse sul posto, e invocata da entrambe le parti tra sabato e domenica, potrebbe veramente chiarire come sono andate le cose. E senza considerare il fatto che il gruppo Wagner non può affatto esser tirato fuori dalla questione, anzi. Il gruppo di mercenari russi, che molti dicono essere vicinissimo a Putin, potrebbe aver agito autonomamente e anche il Ministero della Difesa del Cremlino potrebbe essere venuto a conoscenza solo dopo dei loro piani.
Un “boh” enorme che ancora ha bisogno di più elementi per essere chiarito. E insomma, la situazione in Donbass ve l’abbiamo chiarita ed è comunque degna di nota, perché, al contrario di quanto detto a chiare lettere dalla stessa Russia, la guerra si combatte proprio lì e non sembra essere vicina l’intenzione di abbandonare la regione per allargare i confini del conflitto.
Ma ora possiamo spostarci a sud, dove c’è comunque tanto da dire ed eventi importanti si sono succeduti anche nelle ultime ore. Infatti, ad aggiornarci sulla situazione è stato il presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky, e dicendo che le truppe di Putin si stanno spostando verso Kherson (a sud appunto) e ciò potrebbe cambiare totalmente le sorti del conflitto.
Quella regione, infatti, è stata una delle prime in cui i russi hanno concentrato i loro sforzi e perché si parla di uno snodo cruciale, ma ora ci arriviamo. Negli ultimi giorni, l’Ucraina ha lanciato un’importante controffensiva, recuperando terreno proprio in quel territorio. Ha sventato un attacco russo, circondando poi più di mille soldati avversari. E in tutto ciò bisogna considerare che Kherson non ha mai riconosciuto la nuova autorità russa, tentando di ribellarsi in tutti i modi dall’inizio del conflitto. E di indirizzarlo, quindi.
L’Ucraina sta, di conseguenza, preparando un’ulteriore controffensiva proprio a sud e Putin sta rispondendo inviando sul territorio i suoi uomini in massa per rispondere e respingere gli attacchi degli assaliti. O addirittura per prepararne altri a sua volta. Ci aspettiamo, dunque, terrore e movimenti intensi proprio dalle parti di Kherson e lì si gioca tanto sul futuro dell’Ucraina e di quello che ne sarà. Proprio perché da sud, e questa è la questione che dal punto di vista geopolitico è più dirimente, si accede alla via della Crimea che è fondamentale da entrambi i punti di vista e come corridoio geografico. Una porta essenziale che ora Russia e Ucraina si contendono e di cui è fondamentale avere il possesso.
Intanto, la partita si gioca anche sul piano diplomatico, perché ci sono interessi che riguardano tutto il Mediterraneo e il mondo intero, e questo non può essere ignorato, soprattutto se si analizza la portata del conflitto, a medio termine. Che tanto una guerra lampo non lo è stata e il timore e la previsione generale è che possa durare ancora a lungo.
È ripartito l’export del grano ucraino: cosa è successo a Odessa
A parte la guerra, le bombe, le armi e le strategie che articolano il conflitto in sé e per sé, c’è una battaglia molto più sottile ed è quella che, egoisticamente e non, ci interessa ancora più da vicino, quella che riguarda il piano delle risorse.
L’Ucraina, infatti, come anche la Russia per quanto riguarda il gas e altri versanti, rifornisce di grano diverse parti del mondo e un intero Paese bloccato sotto questo punto di vista rappresenta un grosso problema per gli equilibri di tutto il pianeta. Nelle scorse settimane, infatti, si è parlato di ciò in maniera approfondita e si è definita quella che in tutto e per tutto avrebbe assunto le proporzioni di una crisi alimentare globale.
Poi di acqua sotto i ponti ne è passata ancora ed è arrivata la stretta di mano decisiva per far riprendere l’export del grano dall’Ucraina in alcuni punti strategici, con la Turchia quindi e con le Nazioni Unite come spettatori molto interessati. Il via libera della Russia ha destato, però, non pochi sospetti, soprattutto perché non ci si può fidare di un nemico come Putin e dei patti che sigla.
Infatti, poche ore dopo l’accordo, è arrivato un attacco pesante in alcuni punti strategici sul Mar Nero, tra cui (nelle vicinanze) un porto commerciale. E ciò era stato interpretato da molti come un dietrofront in piena regola, prima della smentita dei russi. Comunque ora è arrivata anche la prova dei fatti, dato che le attività dell’Ucraina sono riprese in ben tre porti commerciali (e per far capire quant’è importante la questione, sul Mar Nero è arrivato anche Zelensky).
Oggi è arrivato un altro passaggio cruciale: la Cnn turca, citando il Ministero della Difesa di Ankara, ha annunciato che da Odessa è partita la prima nave carica di grano. Stiamo parlando della nave “Razoni” che ha bandiera della Sierra Leone e il cui percorso proseguirà con destinazione Istanbul, prima che prenda rotta verso il Libano, e si tratta di un percorso sicuro.
Andando più nello specifico, stiamo parlando di un carico di 26527 tonnellate di mais e, quindi, decisamente influente per contrastare quella crisi alimentare che diverse parti del mondo poteva coinvolgere e di cui vi abbiamo dato conto poco fa. Si tratta sicuramente di un’ottima notizia per il Vecchio Continente e non solo, anche perché Mario Draghi aveva auspicato che proprio a partire dagli accordi sul grano si fosse piantato il primo seme di pace.
Ma il vento non sembra esattamente questo. Dal Cremlino, infatti, hanno ribadito già negli scorsi giorni che l’obiettivo è far riprendere anche le esportazioni della Russia e vedremo se, dopo mesi di sanzioni, chiusure e un Paese che scrive sempre più e solo in cirillico, si arriverà a delle aperture in tal senso. E quali sarebbero poi le ripercussioni se, invece, dovessero arrivare un no chiaro e senza appello.
Infine, dobbiamo darvi conto di un altro punto strategico e di un attacco di cui tanto si sta parlando in questi momenti. Infatti, il quartier generale della flotta russa sul Mar Nero è stato preso d’assalto da un drone armato, ma senza causare vittime ma solo dei feriti e con danni ingenti a carico dell’edificio del quartier generale.
Anche su quest’attacco è già partito il rimpallo delle colpe e nessuno l’ha rivendicato, ma assume particolare significato, dato che arriva nel giorno che in Russia è dedicato a celebrare la Giornata della Marina e quindi concomitante con i festeggiamenti per la ricorrenza. E, quindi, una rappresaglia da parte di Mosca non è affatto da escludere, anche se la posizione dell’Ucraina è chiara a tal proposito. Secondo quanto trapela, infatti, il Paese del presidente Zelensky si sta occupando soprattutto del sud del Paese, e sta destinando le sue forze proprio in quella regione e a Kherson. E i motivi ve li abbiamo descritti nel dettaglio poco fa.
Insomma, la forma del conflitto non sembra cambiare, ma alla fine dal punto di vista strategico molto sta mutando. E con un’Ucraina che cerca di recuperare terreno nei territori assediati fin dal 24 febbraio, giorno in cui tutto è ufficialmente iniziato e dalle minacce si è passati alle bombe e al terrore. Dall’altra parte, però, c’è una Russia che purtroppo non perde di vista il suo principale obiettivo che è conquistare l’Ucraina, “annientare” il nemico e farlo attraverso la macchina del terrore che Putin non ha mai voluto abbandonare. E, se lo facesse, sarebbe già una grande vittoria per senno e umanità.