Il vaiolo delle scimmie rappresenta un problema sempre più serio per il mondo intero. I numeri dei contagi crescono in Italia, ma preoccupa anche la situazione negli Stati Uniti, dove è stato dichiarato lo stato d’emergenza sia a New York che a San Francisco. La situazione richiama la massima allerta, ma senza allarmismi. E indicazioni sempre più importanti in tal senso sono arrivate anche dall’Organizzazione Mondiale della Sanità.
Il mondo non ha ancora finito di lottare contro il Covid che già un’altra emergenza, anche se di proporzioni decisamente differenti, sta tornando ad affollare i centri vaccinali e a preoccupare l’intera popolazione: stiamo parlando del vaiolo delle scimmie, e di certo non si tratta di un nome che avete sentito ora per la prima volta. L’allerta è salita anche a New York e a San Francisco, dove è stato dichiarato lo stato d’emergenza. I numeri intanto continuano a salire.
Il vaiolo delle scimmie tiene in allerta le autorità sanitarie e il mondo
Sfidiamo indovini, preveggenti e chi per loro a pronosticare un secondo decennio del ventunesimo secolo con problemi e piaghe di questa portata. Il Covid sicuramente ha aperto una stagione infernale per le autorità mondiali della sanità, ma adesso la preoccupazione è salita anche per il vaiolo delle scimmie e non è affatto una patologia da sottovalutare.
Per chi non lo sapesse già, stiamo parlando di una nuova epidemia che colpisce soprattutto la pelle, ma che causa poi anche un ampio ventaglio di sintomi influenzali. Tra questi possiamo annoverare brividi, spossatezza e una febbre che supera anche i 38,5 gradi, solo per citarne alcuni. Il tratto tipico della patologia è costituito, però, dalle eruzioni cutanee e che già i medici di tutto il mondo hanno imparato a conoscerli.
Il vaiolo delle scimmie (Monkeypox) è causato da un Orthopoxvirus che è simile a quello del vaiolo e questo spiega, almeno in parte, il nome dato alla patologia. Nome che, però, ora crea anche molte polemiche e che da più parti spingono a cambiare, perché richiama soprattutto le origini geografiche dell’infezione, più che gli effetti che produce sul corpo.
Ma ora torniamo all’attualità e ai numeri in netta crescita che stanno richiamando l’attenzione della comunità scientifica. Parliamo, infatti, di 21mila casi in più di 70 paesi e che sono stati ravvisati nel giro di soli tre mesi. Per chi ha sentito parlare per ormai due anni di Covid, sono numeri molto più bassi e che procurano, per fortuna, molti meno decessi. Infatti, sono solo nove le vittime, ma non è l’unico fattore da considerare. Ma l’allarme è già scattato e ha portato Tedros Adhanom Ghebreyesus, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità a dichiarare lo stato di emergenza sanitaria globale.
E poi c’è chi da noi, nonostante sul Covid abbia tenuto delle posizioni decisamente più aperte, ha già fatto salire il livello di guardia sul vaiolo delle scimmie. Si tratta di Matteo Bassetti, direttore della Clinica di malattie infettive del Policlinico San Martino di Genova. Ci ha tenuto a sottolineare che “non è affatto da sminuire” e che “certe lesioni sono invalidanti per mesi“. Perché magari il Covid ci ha abituato a fare la conta dei morti, ma non è l’unica cosa che conta.
L’attenzione deve salire ai massimi livelli poi, se si parla di comunità omosessuali e in riferimento agli uomini. Anche se negli scorsi giorni è salito il numero di casi tra donne e bambini, ma prima erano ai minimi. La maggior parte dei contagi, infatti, riguarda gli uomini gay e nella fascia che va dai venti ai quaranta anni. Per chiarire un po’ meglio questo punto, basta dirvi che le vie di contagio sono costituite dal contatto diretto e dalla trasmissione sessuale. In Italia, inoltre, si è espresso sulla faccenda anche l’Arcigay e sollecitando il Ministero della Salute a procedere attraverso una strategia vaccinale.
E qui arriviamo alle ultime indicazioni dell’OMS e a quanto sta accadendo negli ultimi giorni. Infatti, è stato ravvisato che i maschi omosessuali che hanno più partner hanno maggiori possibilità di contrarre il Monkeypox. Ciò ha portato a raccomandare la diminuzione proprio dei partner, come modalità per prevenire il contagio. Ma non è l’unico campo d’azione da sottolineare in matita blu per capire le sorti della vicenda.
Cosa sta succedendo negli Stati Uniti con il Monkeypox
La corsa ai vaccini per il vaiolo delle scimmie è già partita e anche in Italia ne sappiamo qualcosa. Innanzitutto, è importante specificare che il JYNNEOS, dell’azienda Bavarian Nordic, ha avuto il via libera per la distribuzione temporanea. E, quindi, l’Imvanex, approvato fin dal 2013 per la prevenzione del vaiolo e che ora è anche allargato al Monkeypox.
Il vaccino, come è stato ed è anche per il Covid, rappresenta un’arma essenziale per contenere la patologia e in Italia è stato autorizzato la scorsa settimana, dove sono già arrivate le prime 5200 dosi, consegnate dalla Commissione Europea. Ora bisognerà capire nello specifico a chi e in che modalità somministrarlo.
Ma ora andiamo nello specifico e parliamo del Stati Uniti, ricollegandoci proprio sullo stato dell’epidemia e sulla corsa al vaccino. La notizia delle ultime ore è che, visto la crescita impetuosa dei contagi, è stato dichiarato lo stato d’emergenza sia a New York che a San Francisco.
È già partita da tempo, inoltre, la campagna vaccinale e ci si aspetta una risposta sempre più importante. Quella da code per la somministrazione, come è stato per il Covid appunto, ma è comunque molto diverso. È importante sottolineare, inoltre, che gli Stati Uniti anche questa volta si sono mossi prima. Appena è scattato l’allarme dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e, quindi, la dichiarazione di emergenza sanitaria globale, hanno acquistato in fretta e furia 800mila dosi di vaccino, ben 200mila in più della Commissione Europea. E in Africa non ne hanno nessuna.
E torniamo all’Organizzazione Mondiale della Sanità che comunque in questa faccenda rappresenta un fulcro da cui dobbiamo pendere e per cercare di carpire il più possibile per contrastare l’epidemia. Ghebreyesus, il direttore dell’Oms appunto, ha specificato che servirebbero fra 5 e 10 milioni di dosi per garantire uno scudo contro il Monkeypox alle persone che sono a rischio di contrarlo. Ma i numeri sono ben diversi.
E poi ha aggiunto un fattore che sembra sempre più decisivo per descrivere lo stato dell’epidemia e quindi predirne le sorti. E cioè che il 99% dei contagi riguarda ancora gli uomini e di questi il 98% è costituito da uomini che hanno rapporti con altri uomini. Se poi, dopo aver chiarito che la trasmissione del virus è per contatti stretti, vi scriviamo che il 95% dei casi riguarda i rapporti sessuali, allora la situazione è già più chiara. Soprattutto per capire dove stanno i pericoli.
E qui aggiungiamo che si viene contagiati dalle vescicole infette della pelle. E non basta il preservativo per proteggere dal contagio, perché comunque si tratta di vescicole che sono distribuite per tutto il corpo o comunque in diverse parti di esso.
E poi, come vi accennavamo, fa discutere non poco la dicitura “vaiolo delle scimmie”. Perché si tratta di una patologia che con le scimmie non c’entra nulla e che l’origine africana rinchiude in un equivoco veramente antipatico. New York ha già chiesto di cambiare il nome, molti ci stanno pensando e sarebbe anche un messaggio forte per tutta la popolazione a rischio.
C’è chi ha anche suggerito la dicitura “vaiolo della pelle” che potrebbe essere sicuramente più appropriata e generalmente meglio accettata dai cittadini. Insomma, il Monkeypox non ci lascia vivere affatto un’estate tranquilla, in coppia con il Covid: la speranza è che se ne possa uscire il prima possibile e con il vaccino come arma decisiva nelle mani della comunità scientifica.