Adelina (nome di fantasia usato dall’Associazione Luca Coscioni) è morta a 69 anni dopo essere stata portata in Svizzera da Marco Cappato per ricorrere al suicidio assistito. La donna, che in realtà si chiamava Elena, era affetta da “patologia oncologica polmonare irreversibile”, ma non dipendeva da sostegni vitali ed è per questo che il tesoriere radicale rischia dodici anni di carcere
Il caso, infatti, non rientra nella fattispecie disciplinata dalla Corte costituzionale dopo il caso di dj Fabo, anche lui accompagnato da Cappato in Svizzera per morire. Come nel 2019, l’europarlamentare di +Europa si autodenuncerà non appena tornerà in Italia.
Fine vita, Elena è morta in Svizzera con il suicidio assistito ed è stata accompagnata da Cappato
Adelina, che poi in realtà era Elena, ha scelto di morire. Sessantanove anni, della provincia di Venezia, la donna era affetta da una patologia oncologica polmonare irreversibile e piena di metastasi, e prima di “lasciarsi andare” si è rivolta all’Associazione Luca Coscioni per essere aiutata nel suo intento.
“Sono sempre stata convinta che ogni persona debba decidere sulla propria vita e debba farlo anche sulla propria fine, senza costrizioni, senza imposizioni, liberamente, e credo di averlo fatto, dopo averci pensato parecchio, mettendo anche in atto convinzioni che avevo anche prima della malattia. Avrei sicuramente preferito finire la mia vita nel mio letto, nella mia casa, tenendo la mano di mia figlia e la mano di mio marito. Purtroppo questo non è stato possibile e, quindi, ho dovuto venire qui da sola”, aveva detto in un videomessaggio Elena.
E qui riparte la storia di Marco Cappato, tesoriere dell’associazione ed europarlamentare eletto tra le fila di +Europa. È stato il radicale, infatti, ad accompagnare Elena in Svizzera per accedere al suicidio assistito, così come fu per Fabiano Antoniani (dj Fabo), morto il 27 febbraio del 2017 e Davide Trentini, che si è spento il 13 aprile dello stesso anno.
C’è però una differenza tra le tre vicende: se Antoniani e Trentini, il primo tetraplegico in seguito a un incidente stradale era legato a una macchina per vivere, il secondo malato di sclerosi multipla progressiva dal 1993, riceveva medicine di sostegno per sopravvivere, entrambi, però, avevano poche chance di migliorare le proprie condizioni con il tempo. Elena, invece, non aveva bisogno di alcun sostegno vitale e gli unici farmaci che assumeva erano antibiotici e antidolorifici alla necessità (anche se, pure lei, si trovava in una situazione irreversibile).
Come ha detto lo stesso Cappato in un video su Twitter in cui annunciava il nuovo atto di “disobbedienza sociale” (a cui, come sempre, farà seguire un’autodenuncia non appena arriverà in Italia, in questo caso mercoledì), la fattispecie non rientra tra i casi previsti dalla Corte costituzionale nella sentenza numero 242 del 2019 che fa scuola, in mancanza di una legge del Parlamento (di cui parleremo meglio dopo), sulla questione.
— Marco Cappato (@marcocappato) August 1, 2022
La Consulta si era pronunciata il 25 settembre sul giudizio di legittimità costituzionale dell’articolo 580 del codice penale (istigazione e aiuto al suicidio) sollevato dalla Corte di assise di Milano che stava decidendo proprio sulla posizione del tesoriere dell’associazione in merito alla morte del dj.
Nell’articolo 5, alla lettera d, si dice che l’aspirante suicida si deve identificare come “una persona «(a) affetta da una patologia irreversibile e (b) fonte di sofferenze fisiche o psicologiche, che trova assolutamente intollerabili, la quale sia (c) tenuta in vita a mezzo di trattamenti di sostegno vitale, ma resti (d) capace di prendere decisioni libere e consapevoli»: evenienza nella quale il divieto indiscriminato di aiuto al suicidio «finisce per limitare la libertà di autodeterminazione del malato nella scelta delle terapie, comprese quelle finalizzate a liberarlo dalle sofferenze“.
Proprio perché manca il presupposto c, Cappato, che era stato assolto sia nel processo Antoniani, sia in quello della Corte d’assise di Massa per Trentini, ora rischia dodici anni di carcere. Proprio lui che, come un Caronte in versione ribaltata (lui non trasporta le anime all’inferno, ma le libera dall’inferno che stanno passando e che riferiscono di passare portandole a morire), aveva proposto anche un referendum sull’eutanasia legale, bocciato dalla Corte costituzionale, e prima ancora una legge sul fine vita.
Fine vita, come è la situazione in Italia per la legge
Prima di addentrarci nell’excursus legislativo (inesistente) sul fine vita in Italia, è necessario fare delle precisazioni. Con eutanasia si indica l’atto di procurare intenzionalmente e nel suo interesse la morte di una persona che ne faccia esplicita richiesta, mentre il suicidio assistito è la morte che avviene attraverso l’assunzione “autonoma” da parte del paziente terminale del farmaco letale; prevede in pratica l’aiuto medico e amministrativo portato a un soggetto che ha deciso di morire tramite suicidio, ma senza intervenire nella somministrazione delle sostanze.
Nel nostro Paese, al momento, la prima non è legale, il secondo, come già spiegato, lo è perché la sentenza della Corte costituzionale ha fatto scuola (il primo a ricorrervi è stato Federico, 44enne tetraplegico marchigiano, che è morto il 17 giugno del 2022).
La Consulta aveva, però, auspicato che sulla questione dovesse intervenire il Parlamento. Non è la pandemia o la guerra ad aver frenato l’approvazione di una legge, ma l’ostruzionismo di alcuni partiti: l’ultima novità risale all’11 marzo con l’approvazione alla Camera del testo che ricalca la decisione della Corte con 253 voti a favore, 117 contrari e un’astensione.
Il disegno di legge è poi passato al Senato, in cui i numeri erano molto più risicati per ottenere una maggioranza (ne sa qualcosa anche il presidente del Consiglio, Mario Draghi, che è caduto proprio nell’aula di Palazzo Madama, anche a causa del fuoco amico di Cinque Stelle, Lega e Forza Italia).
La situazione, ora, è ancora più difficile: le proiezioni elettorali, infatti, dicono che a vincere sarà il centrodestra, la stessa ala del Parlamento che aveva già cercato di boicottare il suicidio assistito.