Habemus datam: finalmente abbiamo la data del processo per le studentesse morte in erasmus in Spagna ben 6 anni fa a bordo di autobus. L’unico ritenuto colpevole della strage è il conducente, per cui le famiglie hanno chiesto quattro anni di reclusione con rito abbreviato, una richiesta simbolica per le famiglie delle vittime.
Il 15 settembre avrà luogo finalmente il processo, in cui finalmente giustizia potrà essere fatta per le 13 studentesse – di cui 7 italiane – morte in Spagna in un tragico incidente in autobus 6 anni fa.
La data del processo per le studentesse morte in Spagna
Cosa accadde quel tragico giorno di 6 anni fa, in cui 13 persone morirono a bordo di autobus in Spagna?
Forse a breve potremo finalmente saperlo: qualcosa finalmente si sta muovendo. I giudici di Amposta hanno hanno fissato la data della prima udienza – filtro per il 15 di settembre. Ci hanno messo più di 6 anni per farlo e, tornando per un attimo con la mente a quel periodo, sembra ieri che girava voce che il tribunale di Amposta potesse ordinare l’archiviazione del caso.
Quella notizia spinse le famiglie delle vittime a recarsi a Palazzo Chigi per poter parlare con l’allora premier Matteo Renzi, che promise loro massimo impegno perché giustizia fosse fatta.
Ma cosa accadde quel giorno? Gli unici a poter fare chiarezza sono i 40 ragazzi che si salvarono. Loro, gli unici testimoni di quanto quel viaggio fosse rischioso, poco sicuro, di quello schianto terribile, dell’imperizia dell’autista, che ammise poi di essersi addormentato.
A perdere la vita furono anche 7 studentesse italiane: Francesca Bonello, Lucrezia Borghi, Elena Maestrini, Valentina Gallo, Elisa Valent, Elisa Scarascia Mugnozza e Serena Saracino. Cos’è successo in questi 6 lunghi anni?
La lentezza della giustizia
Capire da dove partire è assai difficile. Potremmo partire dalla denuncia del padre di Francesca Bonello, Paolo, che ha parlato spesso di quanto in Spagna siano diffusi i viaggi low cost non regolamentati e sussista il sub – affitto di autobus su cui poi viaggiano centinaia di migliaia di studenti.
Oppure potremmo partire dalla richiesta di decurtare il 25% dai risarcimenti perché le ragazze non indossavano la cintura e questo quindi sarebbe stata per loro una colpa tanto grave da far meritare loro “meno denaro”.
Ma potremmo anche parlare dell’utilità dei risarcimenti che le famiglie potranno ottenere, perché tanto le loro figlie nessuno gliele potrà più portare a casa.