Dopo la pubblicazione della circolare INPS numero 174 i cittadini sono in allarme per il rischio di dover restituire i soldi indietro all’ente previdenziale.
Alcuni pensionati rischiano più di altri in quanto potrebbero non aver seguito le direttive delle norme, rischiando ora la pensione.
Allarme INPS
Bonus, indennità e agevolazioni, forniscono sollievo e consentono di far fronte a difficoltà economiche di vario genere, in particolare per quanti hanno un basso reddito.
Per chi si trova sulla soglia di povertà il Governo ha stabilito diverse forme di sostegno come: il Reddito di Emergenza o il Reddito di Cittadinanza e forme di prestazioni di questo genere.
Tuttavia in alcuni casi questi aiuti, dati sotto forma di denaro potrebbero essere richiesti indietro per alcuni pensionati che non hanno seguito le normative vigenti.
Il diritto di accesso alle prestazioni in denaro è nella stragrande maggioranza dei casi subordinato al soddisfacimento dei requisiti di reddito e di età.
Nel caso in cui le condizioni dichiarate cambino nel corso degli anni e il pensionato nel frattempo non le comunichi in tempo aggiornandole, è possibile che perda il denaro ricevuto. Ogni cambiamento, infatti, deve essere comunicato all’INPS nel rispetto della legislatura.
A tale proposito, rappresenta un efficace strumento di restituzione che non rappresenta assolutamente una novità per la popolazione, dal momento che può coinvolgere ogni giorno tante tipologie di cittadini che, anche a livello inconsapevole, si rivelano essere beneficiari di servizi e contributi a loro non dovuti.
Per questo motivo è di fondamentale necessità che vengano approfondite in modo dettagliato le istruzioni operative a cui gli utenti si devono attenere e le nuove disposizioni previste dall’Istituto Nazionale della Previdenza Sociale per quanto riguarda l’obbligatorietà del processo di restituzione delle somme che il cittadino ha intascato in modo indebito.
Restituzione delle somme ingiustamente riscosse
Sul rischio di dover riconsegnare il denaro all’INPS, è opportuno richiamare l’attenzione circa le disposizioni inserite nel testo del Decreto Legge n. 34 del 19 maggio 2020, e nello specifico dell’art. 150.
Ma in quale momento l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale avrebbe facoltà di potrebbe richiedere la restituzione del denaro? Sfortunatamente oltre ad essere diversi, possono interessare gli ambiti più disparati.
Questo perché la legge ha dato facoltà all’INPS di ricalcolare gli importi spettanti ad ogni cittadino contribuente, e questo in ogni frangente. Un meccanismo che consentirebbe all’ente erogatore di fare raffronti immediati e diretti per quanto corrisposto dal medesimo Istituto.
Di conseguenza, la comparazione può condurre a determinare il caso in cui una persona ha ricevuto una somma più alta di quella a cui aveva in realtà diritto. A questo punto si presenta la rivendicazione del rimborso da parte dell’INPS, persino a fronte della sua possibilità di procedere a una rateizzazione.
Da notare, in ogni caso, che la richiesta di rimborso del contribuente che ha ricevuto erroneamente una somma di denaro da parte dell’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale, è prevista con riferimento ai soli casi in cui la responsabilità dell’errore di calcolo non è imputabile a un funzionario dell’INPS, ma al richiedente.
Ciò potrebbe verificarsi in molte situazioni, ad esempio nel caso in cui la persona non abbia effettivamente dichiarato tutti i redditi percepiti da lei e dal suo nucleo familiare, o nel caso in cui abbia fatto dichiarazioni superiori a quelle del suo nucleo familiare.
Sono frequenti, del resto, le situazioni in cui l’Istituto INPS reclama la restituzione del denaro in assenza di un aggiornamento della situazione del coniuge, che nel frattempo può aver trovato un lavoro o può aver percepito un reddito da lavoro più elevato.
Come restituire i soldi all’INPS
Secondo il testo presente all’interno della circolare, l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale, in qualità quindi di sostituito di imposta, riprenderà le somme seguendo determinate modalità operative.
In primo luogo, le somme che sono state richieste al contribuente devono essere restituite da quest’ultimo su base netta, non costituendo quindi alcun tipo di spesa deducibile per il cittadino, ovvero tra le spese che possono essere effettivamente sottratte dal reddito complessivo preso in considerazione ai fini IRPEF, prima del calcolo dell’imposta.
Per di più, il sostituto del contribuente avrà diritto a un credito d’imposta che deve essere pari al 30% degli importi oggetto di rimborso. In questo senso, questo credito d’imposta può essere impiegato senza limiti di importo, in compensazione, ai sensi dell’articolo 17 del Decreto Legislativo n. 241 del 1997.
Come calcolare gli importi da restituire all’INPS?
Nel rinviare a tutte le novità inserite nel recente decreto-legge, successivamente convertito con modificazioni nella legge 17 luglio 2020, n. 77, il provvedimento disponeva in modo generico che le somme fossero rimborsate al netto della cosiddetta ritenuta d’acconto applicata dal contribuente.
Risulta evidente che non è stata prevista alcuna disposizione in merito alla determinazione dell’importo netto, che dovrebbe essere considerato come l’importo totale che il contribuente deve rimborsare.
Nella circolare l’INPS entra nello specifico di tutti gli aspetti che determinano il calcolo delle somme da restituite anche per gli anni precedenti, in caso di indebiti pluriennali.
Per concludere, le variazioni e le omissioni relative al reddito o alla situazione anagrafica devono essere comunicate il prima possibile in modo da evitare di dover restituire il denaro all’INPS in una fase successiva.