La guerra in Ucraina va avanti e senza un accenno a farla finita. Tra bombe, assalti e due eserciti che fanno fatica ad avanzare, non si placa l’allarme per la situazione nella centrale di Zaporizhzhia e il rischio di un disastro. E il rimpallo delle accuse tra Mosca e Kiev continua anche su questo fronte. Intanto, altre due navi che portano grano sono partite dal Mar Nero e, quindi, il totale è salito a 14. La barbarie continua: si contano altre morti di civili nella regione di Donetsk.
La guerra tra Ucraina e Russia non accenna a stopparsi, anzi siamo arrivati a una fase particolarmente delicata del conflitto e da cui si capirà molto su quella che potrà essere l’evoluzione della disputa. Non c’è da scrivere solo di strategia militare, purtroppo, ma l’attenzione massima deve concentrarsi sulla centrale di Zaporizhzhia, dove il rischio di un disastro nucleare fa tremare l’intera Europa e il mondo. Facciamo il punto sulla guerra sotto tutti i suoi aspetti nevralgici.
Guerra Ucraina, la centrale di Zaporizhzhia e il rimpallo delle accuse
Il dramma e la barbarie della guerra è un tema affrontato tra i banchi di scuola e che spesso, da ragazzi, ci sembra lontano, quasi irreale. Lo leggiamo per epoche antiche, quasi arcaiche o primitive, poi sempre più attuali, ma è come se fosse astratto, che tanto non ci tocca o non del tutto.
E, in realtà, non è mai stato così, perché di guerre ne abbiamo avuto tante nel mondo negli ultimi anni, e purtroppo anche di morti. Ma questa in Ucraina, a due passi da noi e che indirettamente (ma neanche del tutto) ci coinvolge, la sentiamo nostra. Ed è come tornare indietro di decenni. Appunto a riscriverle quelle pagine di storie che non volevamo dimenticare, ma neanche vivere. E non sulla pelle del popolo ucraino.
Fatto sta che le ultime notizie ci consegnano un quadro di guerra allarmante. E no, stavolta non è solo colpa della conta dei morti, dei feriti, dei danni e dei disagi procuratori. La massima allerta, come se ci fosse un ordine di priorità (ma non ci può essere), è per quello che sta succedendo alla centrale di Zaporizhzhia. Anche qui ci torna utile il concetto di memoria storica, quel disastro nucleare che a est era già stato sottovalutato e si era verificato e per motivazioni differenti. Ma gli allarmismi sono inutili, o meglio sono già stati superati, per un’Europa che sta già tremando e non può fare solo da spettatrice interessata.
Stiamo parlando di una delle centrali nucleare più grandi al mondo, la più grande nel nostro continente, e il problema è che è costantemente sotto attacco, sotto le bombe, e questo potrebbe provocare una vera e propria catastrofe di proporzioni enormi. Ma questo non basta per fermare le accuse e le parti in causa, impegnate solo nel rimbalzarsi nel colpe di un eventuale disastro.
È quello che sta succedendo nelle ultime ore, in cui da Mosca sono arrivate parole allarmanti, per il destino del vecchio continente. Ma andiamo per gradi e partendo dagli assaliti. All’alba di oggi hanno iniziato a circolare anche in Italia le parole del presidente dell’Ucraina, Volodymyr Zelensky. L’appello è di quelli accorati e significativi, di quelli che non si possono cancellare dalla memoria, neanche a volerlo: “Bisogna reagire subito e cacciare i russi dalla centrale“, ammonisce. E poi continua: “Solo il ritiro completo dei russi garantirebbe la sicurezza nucleare di tutta l’Europa”. Il problema è che gli uomini di Vladimir Putin sono lì dal 4 marzo, dalle fasi iniziali del conflitto, e non sarà affatto probabile che mollino la presa. Anche per ragioni sulla carta e nei fatti più rilevanti.
E infatti la risposta da Mosca non è tardata ad arrivare ed è giunta all’attenzione del mondo dal vicepresidente del Senato russo, Konstantin Kosachyov. È proprio lui che all’agenzia “Interfax” ha specificato: “L’unico modo per garantire la sicurezza della centrale nucleare è controllare del tutto la sua attività – spiega -. E le autorità ucraine non sono in grado di fornire questo tipo di controllo”. Poi chiude del tutto: “Visti i continui attacchi alla centrale nucleare di Zaporizhzhia da parte delle forze ucraine – che definisce altamente irresponsabili -, non c’è dubbio che l’accesso da parte di qualsiasi persona non autorizzata ai locali della centrale nucleare rischia ulteriori provocazioni”. Un ‘no’ secco e senza attenuanti che viene anche ribadito più volte da Kosachyov e che può solo allarmare sulla piega che prenderanno gli eventi.
Anche perché non è l’unica voce arrivata da Mosca a tal proposito e quella che vi stiamo per riportare è ancora più pesante. A esporsi è stato, infatti, il presidente della Duma russa, Vyacheslav Volodin e con un attacco diretto rivolto all’intera Europa e anche agli Stati Uniti: “Le azioni di Washington e di Zelensky comportano il rischio di una catastrofe nucleare”. Catastrofe le cui colpe sono appiccicate direttamente a Biden e allo stesso Zelensky in fronte, ma anche al nostro continente. Continua infatti: “Il Parlamento europeo interrompa la sua pausa estiva e rifletta sulla questione”. Questione che poi definisce come “minaccia per la vita degli europei”. E a questo c’eravamo arrivati.
Eppure il rimpallo delle colpe non si ferma, come avete potuto notare. E anche da Kiev, a parte Zelensky, sulla questione continuano a esprimersi personalità autorevoli. Infatti, negano qualsiasi bombardamento sulla centrale, che è invece il pilastro dell’accusa russa e contrattaccano attraverso la voce di Sergiy Kyslytsya, rappresentante permanente dell’Ucraina presso le Nazioni Unite. Appello che non è affatto banale, anche perché arrivato proprio in occasione del Consiglio di sicurezza dell’ONU: “È un bombardamento messo in scena dalla Russia”. E poi continua ad attaccare: “Si tratta di una provocazione. Sono noti per i loro inganni, sabotaggi e insabbiamenti”.
Senza volerci per forza schierare da una parte o dall’altra, questo rimpallo di accuse va avanti dall’inizio del conflitto, quel maledetto 24 febbraio e finora (quasi sempre) ad aver sciolto patti, disatteso dichiarazioni, mentito e depistato sono stati dalle parti del Cremlino.
Ma in questa contesa, ci sono anche un’Europa e un mondo intorno che vogliono semplicemente mettere in sicurezza l’intera area. Ne ha parlato Rafael Grossi, il capo dell’AIEA, e cioè dell’agenzia internazionale per l’energia atomica. E ha avvertito: “Questa è un’ora seria e grave. L’AIEA deve poter condurre la sua missione a Zaporizhzhia il prima possibile”. Insomma, non c’è più tempo da perdere. Anche perché arrivano notizie di nuovi attacchi nei pressi della centrale anche nelle ultime ore. A riportarlo è l’Energoatom, e quindi la società statale ucraina deputata a gestire l’impianto. In particolare, si tratta di ben cinque attacchi nella giornata di ieri e anche vicino al sito in cui sono immagazzinati i materiali radioattivi. Quindi, l’allerta è massima, anche perché gli ultimi irresponsabili affondi hanno seguito i diversi bombardamenti degli ultimi giorni.
Intanto, negli ultimi minuti si è espresso sulla questione anche il senatore russo, Vladimir Dzhabarov. E da lui arriva un barlume di speranza sul senso di responsabilità degli assalitori. Come riporta “Ria Novosti”, infatti, il senatore ha aperto alla possibilità di smilitarizzare la zona attorno alla centrale. Le sue parole non lasciano spazio a ulteriori interpretazioni: “È un’iniziativa sensata e credo che la sosterremo”. Si attendono, quindi, ulteriori sviluppi nelle prossime ore, perché il rischio è alto e il tempo è sempre più stretto.
Le ultime fasi della guerra e i carichi di grano
Molti si aspettavano che la guerra fosse veloce e a favore dei russi, vista la differenza delle forze e degli eserciti messi in campo. Eppure, non è stato affatto così e gli aiuti messi in atto dagli alleati occidentali potrebbero fare la differenza per Zelensky e per i suoi uomini.
Questa fase di guerra può essere considerata come un conflitto d’attrito, e in cui gli schieramenti non hanno grande margine di movimento. Per capirci qualcosa, è importante sottolineare che le regioni principali del conflitto sono quelle a sud e a est, ma con interessi e strategie differenti. Gli ucraini, infatti, lavorano ai fianchi e assalgono in profondità, mentre i russi continuano ad avanzare lentamente nel Donbass. Che, nonostante i continui depistaggi, subito compresi e smentiti, resta per ora l’obiettivo principale delle milizie di Putin. E Zelensky lo sa bene, dato che ha ordinato entro i prossimi mesi l’evacuazione di un centro nevralgico come Donetsk.
Volendo semplificare, la strategia dell’Ucraina (e di tutto l’occidente) ha pagato. Gli uomini di Zelensky stanno cercando di contrattaccare a sud, e cioè è dimostrato da quanto successo a Kherson, ma hanno anche allargato il loro campo d’azione. Si pensi, ad esempio, a quanto sta succedendo in Crimea, dove sono stati abbattuti diversi aerei russi nelle ultime ore, e dopo un paio di giorni fa l’Ucraina ha dimostrato che la Russia non può più sentirsi sicura, in nessun posto. E neanche in Bielorussia, secondo alcuni analisti. In questo, insomma, è decisivo l’aiuto dell’occidente che sta garantendo all’Ucraina armi di lunga gittata, la cui difesa per Mosca non è affatto semplice. E la espone anche a rischi maggiori, sul campo e fuori.
Andando, invece, ad analizzare lo schieramento opposto, la Russia può dirsi soddisfatta per la conquista di Severodonetsk e Lysychansk, ma non è ancora riuscita a dilagare sul campo, con tutto ciò che comporta. E cioè il dispendio di forze, energie, uomini, morti. E comunque molti uomini sono stati sacrificati nei tank e negli attacchi.
L’avanzata di Mosca, dunque, è lenta, ma continua nonostante le perdite. Il raggio d’azione è soprattutto a est e nella regione del Donbass. Si pensi anche a quanto sta succedendo a Donetsk. I civili ignorano l’ordine di Zelensky di evacuare la zona, probabilmente perché l’ignoto fa più paura, ma la Russia ha in programma ampie offensive proprio da quelle parti nei prossimi mesi e l’allerta resta altissima. È notizia degli ultimi minuti l’attacco degli assalitori che ha comportato sette morti tra i civili e ferendone 14. Un altro bilancio terrificante, soprattutto se si guarda al recente passato e poi in prospettiva, in una guerra che durerà ancora molto.
E poi c’è tutto un lavoro di preparazione per le prossime battaglie. L’Ucraina sta addestrando migliaia di militari all’estero e grazie alla collaborazione dei paesi Nato. La Russia, che comunque di perdite ne ha avute tanto e forse più del previsto, ha preparato il Terzo Corpo, formato da circa 15 mila uomini: presto entreranno in azione e potranno costituire un fattore importante per il destino della guerra.
In questa fase, però, come vi accennavamo poche righe fa, è possibile affermare che la resistenza ha migliorato il proprio arsenale e grazie a quanto gli alleati hanno permesso di mettere in campo. Come riporta “Corriere.it”, si vede “di tutto” sul campo di battaglia e anche mezzi che potrebbero essere assimilati alla guerra fredda. Mezzi che se utilizzati bene possono aumentare a dismisura la conta delle vittime nelle linee avversarie, e così sta andando. Insomma, le prossime settimane di guerra d’attrito, giurano gli esperti, indicheranno una linea chiara su che direzione prenderà il conflitto. E con Zelensky che ha sbandierato l’intenzione di far cadere più linee possibili tra i russi per convincerli a rivedere le loro posizioni. Visto quanto affermato da mesi da Putin, sembra utopia, ma poi c’è da fare i conti con la conta degli uomini e il dispendio della guerra. Che comunque non è poca roba.
A proposito di risorse, la continuazione della guerra va avanti anche sotto il profilo delle risorse e con tutti i disagi che ha procurato all’occidente negli ultimi mesi. Per quanto riguarda l’esportazione del grano, però, la situazione sembra essersi sbloccata. Sulla questione ci aggiorna il “Kyiv Independent”: partono oggi due navi cargo cariche di cereali dall’Ucraina e le cui destinazioni sono Iran e Turchia. A dirlo con certezza è il Centro congiunto di coordinamento delle esportazioni di cereali. Insomma, almeno quest’accordo, promosso anche dalla Turchia e dalle Nazioni Unite, sta reggendo tra Putin e Zelensky, nonostante i veti e le minacce russe. E con la prospettiva di scongiurare una crisi alimentare globale che in determinate regioni avrebbe effetti catastrofici.
In Iran arriverà la nave Star Laura, che porta 60150 tonnellate di mais, mentre il trasporto in Turchia arriverà tramite la Sormovskiy che porta con sé 3050 tonnellate di grano. E poi c’è una nave che arriverà, invece, nei porti sul Mar Nero. Ne ha parlato il ministro ucraino, Oleksandr Kubrakov: la Brave Commander – questo il nome della nave – è in arrivo in Ucraina e consegnerà 23mila tonnellate di grano. È diretta in Etiopia e questo ci fa capire l’importanza del carico.
Un’ottima notizia è arrivata negli ultimi minuti e ci riguarda direttamente. Una nave cargo, infatti, è diretta nel Porto di Ravenna e porta in dote 15000 tonnellate di semi di mais. Era partita da Odessa, città che tanto ha vissuto e di cui abbiamo scritto per questa guerra. A riportarlo è l’Agenzia delle Accise Dogane e Monopoli. Viene riportata anche la necessità di verifiche di protocollo che verranno immediatamente effettuate sul posto.
La guerra ci lascia attoniti e con un senso di smarrimento, in tutti i lati che abbiamo analizzato. Dalla gravità della possibile catastrofe nucleare, che ci riguarda tutti (intesi come occidentali e mondo) al tentativo di scongiurare una crisi alimentare di proporzioni immani, fino alle cronache di guerra, alle morti civili, alle bombe e alle evacuazioni. Perché la guerra è tutto questo, smarrimento (appunto) e barbarie, e lo stiamo toccando con mano, raccontandovi gli avvenimenti drammatici che si susseguono giorno per giorno. In attesa che finisca.