La guerra tra Russia e Ucraina va avanti, senza davvero si riesca a intravedere il termine di quello che è un conflitto scellerato e senza esclusioni di colpi. Nelle ultime ore, diverse notizie allarmanti sono arrivate in tal senso, a partire dalla centrale di Zaporizhzhia e fino ad arriva alla regione di Kharkiv, a sud, che è comunque un centro importante per capire che senso sta prendendo il conflitto. Inoltre, tre civili sono anche rimasti feriti.
Russia e Ucraina non si fermano e questa, di certo, non è una bella notizia. Ancora di meno il 14 agosto, quando tutti noi vorremmo pensare solo a gite fuori porta, vacanze, feste, cocktail, sole, spiagge e amore. Ecco, questa guerra si sta configurando come l’esatto contrario dell’amore, che poi sono il cinismo e la barbarie. E purtroppo, diversi eventi importanti si sono susseguiti nelle ultime ore e dobbiamo darvene conto, a prescindere dal caldo e dall’estate.
La guerra tra Russia e Ucraina continua ad avere una geografia ben precisa
Se si potesse descrivere con un solo termine la guerra tra Russia e Ucraina, probabilmente sceglieremmo ‘scempio’. O forse no, forse opteremmo per ‘barbarie’ o in alcuni casi ‘terrore’ o ‘catastrofe’. Insomma, sono tanti i sostantivi che potrebbero susseguirsi in quello che si sta configurando sempre di più come un conflitto terribile per proporzioni, danni collaterali e conseguenziali per l’Europa e tutto il mondo, e soprattutto per la conta di morti e feriti, soprattutto tra i civili.
Le ultime settimane ci hanno consegnato un quadro terrificante, in cui gli assaliti cercano di recuperare terreno, anche grazie all’aiuto degli alleati occidentali. E in cui comunque l’arma del terrore, quella che più di tutte Vladimir Putin usa e ha a disposizione, secondo Volodymyr Zelensky, è ancora troppo usata e abusata. Come se annientare un popolo sia la via per risolvere qualsiasi cosa e invece è esattamente l’opposto.
Fatto sta che ora snoccioliamo un altro termine per descrivere il quadro della situazione ed è ‘geografia’. No, non siamo a una lezione delle scuole elementari o medie in cui dovrete rispondere “barbabietole da zucchero” per prendere mezzo voto in più e poi vantarvi con i vostri compagnetti di classe. È semplicemente quella mappa di luoghi ed eventi che aiuta a comprendere con maggiore efficacia in che direzione sta andando il conflitto e, quindi, dove proseguirà di conseguenza.
È importante fare una premessa. Il conflitto tra Russia e Ucraina ha luogo soprattutto a sud ed est del paese il cui presidente è Zelensky. E questo per due motivazioni ben precise. La prima è che proprio a est c’è il Donbass, quel territorio tanto chiacchierato e conteso, dove tutto è iniziato e dove molto si sta svolgendo.
Nonostante i tentativi di depistaggio dei russi di qualche settimana fa, subito chiariti dall’Intelligence UK, è lì che Putin ha intenzione di continuare a battere e bombardare. E questo lo scriviamo perché, invece, dal Cremlino avevano fatto trapelare il fatto che la guerra si sarebbe allargata altrove. L’ennesima bugia per sorprendere e poi bombardare a tradimento.
Peccato per gli assalitori che, invece, Zelensky abbia ben chiaro il quadro della situazione e che addirittura abbia già ordinato, con il cuore che intanto gli si stringeva nel petto, di evacuare la zona di Donetsk, centro nevralgico della Nazione e che conta veramente tanti abitanti. E qui apriamo una parentesi, perché su questo il popolo ucraino sta avendo molteplici difficoltà. Infatti, diversi civili hanno deciso, fino ad ora almeno, di disattendere l’ordine. E la motivazione non è affatto un moto di ribellione nei confronti del loro leader, quanto piuttosto quella paura per l’ignoto che è difficilmente superabile. Anche se ti trovi in guerra e se sai che lì cadranno le bombe, nelle settimane successive.
E, quindi, lo ribadiamo, a est ne avranno per molto. Anche perché, nonostante il terrore, le difficoltà iniziali e le truppe stanche, l’Ucraina ha intenzione di far cadere più russi possibile e di difendere quello che ritengono essere loro.
Ma, allo stesso tempo, ciò che sta succedendo a sud è altrettanto rilevante e forse, per certi versi, anche più interessante. Perché lì ci sono diverse città importantissime, come Odessa, e averne il controllo vuol dire aprirsi un’intera via di porti commerciali, territori e passaggi cruciali. Come se poi si spalancasse un mondo differente.
E, infatti, lì i russi hanno concentrato gli sforzi fin dall’inizio del conflitto e sono riusciti a conquistare subito diversi punti nevralgici. Anche intere città. Peccato per loro che poi gli ucraini abbiano anche reagito e, in generale, alcune popolazioni non si siano mai realmente assoggettate al controllo russo. E, quindi, dall’interno, abbiano cercato di rovesciare nuovamente la situazione con alterne fortune.
La guerra, in quei luoghi, può essere definita sempre più d’attrito, che poi è una definizione che calza bene anche con il conflitto in generale. E cioè caratterizzata dalle lente avanzate russe e dalla resistenza ucraina. Una formula che sta anche variando negli ultimi giorni, proprio perché, attraverso le armi di lunga gittata degli alleati occidentali, gli uomini di Zelensky sono riusciti ad attaccare anche in Crimea. Adesso la Russia non può sentirsi sicura neanche in Bielorussia, anche perché intercettare armi di questo tipo risulta complicato.
E poi proprio a Odessa e sul Mar Nero la gestione commerciale di determinate risorse si è sbloccata, anche se non comunque facile da gestire. Stiamo parlando dell’esportazione del grano. Se nei primi mesi di guerra, tonnellate e tonnellate di risorse sono rimaste bloccate, in attesa di essere trasportate (e l’Ucraina è uno dei maggiori fornitori del pianeta), l’accordo – almeno su questo – tra la Russia e il paese di Zelensky ha permesso nuovamente di far riprendere i viaggi commerciali e marittimi.
Ci siamo soffermati più volte sulle difficoltà che questo comporta e che si collocano, in particolare, sul tracciamento di percorsi sicuri e poi ancora sulla gestione delle imbarcazioni e di carichi tanto ingenti. In ogni caso, diverse navi sono già partite, avendo come rotta la Turchia – uno dei principali sponsor dell’accordo insieme alle Nazioni Unite – e poi il Libano. Nelle ultime ore, un’imbarcazione avente come carico semi di mais è arrivata anche al nostro porto di Ravenna e nelle prossime settimane altre faranno rotta per l’Italia, anche in Puglia. Un elemento essenziale per scongiurare una crisi alimentare globale in piena regola e che desta grande preoccupazione a livello internazionale.
Le bombe russe finiscono sulla regione di Kharkiv e causano alcuni feriti tra i civili
Facendo una giravolta e tornando a noi, dopo avervi illustrato il quadro geopolitico della guerra, torniamo al punto di partenza e quindi a est. E lì che sorge Kharkiv, un centro che tante volte avrete sentito nominare, proprio perché preso d’assalto in diverse occasioni dai russi.
Nelle ultime ore, è stato ancora così, perché le bombe sono tornate a cadere in quella regione e tre civili sono rimasti feriti in seguito all’attacco russo e in particolare nella città di Zmiiv. A renderci conto di quello che è successo è stato il capo dell’amministrazione militare regionale, Oleh Syniehubov. La ricostruzione parla, infatti, di missili che sono arrivati dal territorio russo.
Non un’azione singola o un caso isolato, come vi abbiamo accennato prima. Infatti, già dal pomeriggio di ieri i russi avevano colpito con proiettili incendiari quelli che sono stati raccontati come obiettivi civili in piena regola. E indovinate dove? Nel distretto di Kyivskyi, proprio nella regione di Kharkiv. Le conseguenze sono state incendi di edifici residenziali, ma per fortuna, almeno in quel caso, non si segnalano feriti o vittime.
Per l’ampia premessa che abbiamo fatto prima, non è l’unica zona da tenere in considerazione. Nella regione di Dnipropetrovsk, infatti, sono stati assaltati i distretti di Nikopol e Kryvyi Rih. In questo caso a parlare è stato il capo dell’amministrazione militare regionale, Valentyn Reznichenko, come riporta l’Ansa. Il punto della situazione è questo: “Nikopol è stata colpita con cannoni di artiglieria e, in particolre, sono stati sparati venti proiettili. I danni hanno riguardato nove condomini e otto case, ma anche gasdotti e linee di trasmissione dell’energia elettrica”. Approfondendo, invece, la situazione nel distretto di Kryvyi Rih, dobbiamo dirvi che i russi hanno bombardato la comunità di Zelenodolsk. In questo caso, il bilancio non è drammatico dato che non si segnalano né feriti, né vittime. Almeno per una volta.
Insomma, l’offensiva russa si configura su più fronti, e infatti gli uomini di Putin hanno attaccato con l’artiglieria la cittadina di Marhanets (siamo sempre nella regione di Dnipropetrovsk). Questo deve costituire un discorso a parte, perché ci troviamo a pochi chilometri dalla centrale nucleare di Zaporizhzhia. Il rischio di una catastrofe nucleare allarma tutta l’Europa e il mondo e i russi non sembrano comunque avere intenzione di liberare la zona, con tutti i pericoli drammatici che presenta.
Come evidenzia l’agenzia atomica ucraina Energoatom, inoltre, la centrale continua a operare e di conseguenza il rischio è quello di violare le norme di sicurezza antincendio e antiradiazioni. Il rimpallo di colpe, però, va avanti, senza che nessuno voglia prendersi la responsabilità degli scellerati attacchi che stanno succedendo. Attraverso il rappresentante permanente della Russia presso le Organizzazioni internazionali a Vienna, Mikhail Ulyanov, si evidenzia comunque che il governo della regione di Zaporizhzhia sta valutando la possibilità di interrompere l’attività della centrale. E questo, però, – e qui arriva il bello – sarebbe dovuto ai bombardamenti delle forze ucraine. Insomma, una matassa difficile da sciogliere e in cui i russi vogliono apparire come i buoni e puri, ma le cui bugie e i depistaggi ormai sono sotto gli occhi di tutta la comunità internazionale.
Infine, dobbiamo rendervi conto di un’interessante analisi del New York Times. Il sunto di quanto ci riferiscono gli alleati americani è che, grazie alla fornitura dai Paesi occidentali di nuovi missili a lungo raggio (le armi di lunga gittata di cui vi abbiamo parlato poco prima), le forze ucraine sono riuscite a rallentare l’azione dei russi e la loro avanzata nell’est e nel sud del Paese. C’è anche una brutta notizia, perché ci riferiscono che i russi hanno comunque le forze necessarie per continuare a lottare e avanzare. Proprio a partire da questo, torniamo alla strategia militare, perché, secondo quanto risulta all’intelligence britannica, nell’ultima settimana il Cremlino ha avuto come priorità quella di riposizionare unità militari per rinforzare le truppe nel sud del Paese. Lì dove gli ucraini stavano reagendo di più. E, dunque, nuovo terrore e nuovi combattimenti sono all’orizzonte.
L’Ucraina, però, lo sa bene e non vuole farsi trovare impreparata. Volodymir Zelensky aveva affermato, infatti, che anche le truppe ucraine stavano rafforzando le loro posizioni a sud. E nello specifico, usando due micidiali raid sulle linee di rifornimento dei militari russi che sono nella regione di Kherson fin dagli inizi della guerra. Zelensky si è addirittura sbilanciato, dicendo: “Non possono farci nulla sul campo di battaglia”. Mosca, da par suo, resta decisamente ottimista sull’esito della guerra in suo favore. Ha rivendicato, infatti, delle vittorie a est, nel Donbass e ha anche avvertito l’Occidente e di conseguenza l’Ucraina: le armi fornite dagli alleati non impediranno a Putin di vincere la guerra, sostengono.
Vedremo se sarà davvero così, ma quello che sicuramente ci auguriamo, in questo 14 agosto atipico e pieno di terrore a est, è che tutto finisca al più presto. Che possa presto tornare a regnare solo la pace, che è il bene più prezioso, anche se in diverse parti del mondo passa fin troppo in secondo piano.