Da domani sarà ufficiale e noto anche il programma elettorale con il cosiddetto terzo polo intende sfidare sia il centrodestra, sia il centrosinistra alle prossime politiche del 25 settembre. Carlo Calenda, leader di Azione, però ha dato un assaggio di quello che ci sarà, ponendo l’accento soprattutto sul Piano nazionale di ripresa e resilienza, il famigerato Pnrr, e sui rigassificatori
Calenda ha anche parlato del voto utile, di Emma Bonino, partner di Azione prima del no dell’ex candidato sindaco di Roma alla coalizione del centrosinistra, e di Giorgia Meloni, ovvero la leader di Fratelli d’Italia che, secondo i sondaggi, potrebbe diventare la prima presidentessa del Consiglio donna.
Calenda: “Nel programma di Azione e Italia Viva, massima importanza al Pnrr”
Il programma elettorale del centrodestra è stato il primo a essere svelato, poi è stato il turno di quello del Partito Democratico, schieramento che trascina e capitana la coalizione di centrosinistra, e infine quello del MoVimento 5 stelle dell’ex presidente del Consiglio Giuseppe Conte. All’appello, manca solo quello del cosiddetto terzo polo, la lista con cui Matteo Renzi e Carlo Calenda hanno deciso di presentarsi insieme alle prossime elezioni del 25 settembre.
Solo domani saranno noti i punti che i due ex dem vogliono sottoporre al giudizio degli italiani, ma qualcosa già è iniziata a trapelare, anche perché gli stessi leader non hanno mai nascosto l’importanza di portare avanti l’agenda dell’attuale capo del governo (ed ex presidente della Banca centrale europea), Mario Draghi, che è anche il motivo principale per cui sono riuscite a stringere un’alleanza a differenza di quanto era successo a Calenda (ma anche allo stesso Renzi) con il Pd.
A “Start”, programma di Sky Tg24, l’ex candidato sindaco di Roma e attuale europarlamentare, ha spiegato quali sono le priorità per Azione e Italia Viva: “Flat tax, 10mila euro ai diciottenni… Ma fare il Pnrr, che fino a ieri era la soluzione a tutti i mali?”, ha iniziato provocatoriamente Calenda dicendo che il programma del terzo polo partirà proprio dall’implementazione del Piano nazionale di ripresa e resilienza.
Come fare, però? “Partiremo da due punti di riferimento – ha aggiunto -. Uno è cosa bisogna fare per ottenere i soldi e soprattutto per avere gli effetti che darà all’Italia, il secondo, il discorso di Draghi alla Camera, un discorso molto preciso in termini di rifacimento del reddito di cittadinanza, di salario minimo, rigassificatori”.
Sull’ultimo, che è stato una delle micce che hanno portato all’uscita di scena di Azione dalla coalizione di Enrico Letta – non tanto perché non erano presenti nel programma, quanto perché aveva deciso di allearsi anche con forze politiche, come Europa Verde, che invece non li volevano -, Calenda è stato anche piuttosto preciso: “Abbiamo bisogno di due rigassificatori e undici termovalorizzatori, si tratta di buon senso, e bisogna farli perché serve accedere al gas liquido”, ha spiegato.
“Nella strategia energetica nazionale, cancellata da Luigi Di Maio, prevedevo due navi di rigassificazione esattamente come vengono previste ora. E va fatto a Piombino”, ha spiegato ancora il numero uno di Azione dicendo anche che non è affatto pericoloso, anzi.
Tornando al Pnrr, l’idea di base del terzo polo è cambiarlo solo “in presenza di condizioni impeditive”, non perché qualcuno pensa che non sia corretto. Non si cambia, per Calenda, “perché a un certo punto Salvini vuole abolire la Fornero o fare quota 25. Questa cosa è una ridicolaggine”.
Calenda: “La storia del voto utile è matematicamente sbagliata”, e attacca anche Meloni sul fascismo
Il capo e fondatore di Azione non ha attaccato solo il numero uno del Carroccio, ma si è soffermato anche a parlare degli altri attori in campo in questa partita delle elezioni del 25 settembre. “La storia del voto utile è matematicamente sbagliata – ha iniziato Calenda -. Quando hai quattro coalizioni non c’è più la destra contro la sinistra ed è chiaro che tutta la partita si gioca sul proporzionale al Senato e anche sulla capacità di attrarre voti moderati o riformisti, gente che vuole andare avanti con l’agenda Draghi e che ritiene che quello che è successo sia stato un momento che segna la fine della seconda Repubblica”.
Il numero uno del terzo polo dopo aver chiarito anche della necessità di cambiare la legge elettorale perché considerato uno dei sistemi peggiori, è tornato a parlare della coalizione del centrosinistra che “oggi si presenta senza programma per governare: ne ha quattro, ma una coalizione è definita da un programma. Se ne hai quattro, cosa proponi agli italiani?”, ha chiesto ancora una volta provocatoriamente.
Dei vecchi (non in senso anagrafico) alleati, Calenda ha detto qualcosa anche in merito a Emma Bonino, leader di +Europa che, stando ad alcune indiscrezioni, poi smentite, si sarebbe dovuta candidare al Senato con il Pd e non con il suo partito, che “ha fondato”, ha precisato.
“Quando ieri mi hanno detto che si candidava al Senato, ho pensato che si candidasse nelle liste del suo partito, non in quelle del Partito democratico, anche perché a me ha detto ‘io detesto i dipendenti di sinistra’. Io spero sia una news finta e non penso che la Bonino possa aver abbandonato il suo partito per iscriversi al Pd e dovrebbe chiarirlo”. In ogni caso, il leader di Azione è ben contento di aver un confronto con la radicale, anche perché non sarà affatto negativo averla in Parlamento, ha dichiarato ancora, “è una persona perbene. Spero smetta di insultare: io non rispondo perché i miei genitori mi hanno insegnato che agli insulti non si risponde, in particolare quando a farli è una signora”. Ci sarà, però, tempo anche per un confronto, anche perché i due siedono insieme a Roma.
A proposito della Capitale e di donne in politica, Calenda ha risposto a delle domande anche su Giorgia Meloni, probabile prima presidentessa del Consiglio, e del logo del suo partito Fratelli d’Italia, al centro del dibattito da qualche giorno perché non ha levato la fiamma tricolore, e su cui lei ha precisato che non si vota tanto l’immagine quanto il programma che intende portare.
“Se la gente votasse Meloni – ha spiegato l’europarlamentare -, non metterebbero la fiamma. La verità è che è molto equivoco il rapporto della leader di FdI con il fascismo”. E quindi “mandare al governo Meloni significa essere isolati internazionalmente, far saltare il Pnrr, non essere nella cabina di regia che gestisce il quantitative easing” perché il simbolo non passa inosservato. “All’estero non parlano tantissimo di fascismo, ma lo prendono molto sul serio e se tu hai nel tuo logo un simbolo fascista non ti stringono la mano. Io le consiglio di stare molto attenta al disastro che può provocare all’Italia non chiarendo fino in fondo questa posizione”, ha concluso Calenda.