Il caos della coalizione di centrosinistra tra candidature e programmi divergenti

Mentre il centrodestra procede unito e spedito (e favorito) alle prossime elezioni politiche del 25 settembre, la coalizione del centrosinistra deve fare i conti con alcuni problemi. In primis ci sono le candidature volute dal segretario del Partito democratico, Enrico Letta, che a molti non sono andate giù, poi ci sono i programmi di Sinistra Italiana ed Europa Verde, che sono pronti anche a dire dei no

Letta
In primo piano, il segretario del Partito Democratico, Enrico Letta – lettoquotidiano.it

In questo calderone, che sembra sul punto di esplodere, il leader democratico potrebbe essere l’agnello sacrificale per un partito che sarebbe, ancora una volta, da riformare.

Elezioni 25 settembre, cosa sta succedendo all’interno del Pd

Il Partito Democratico di Enrico Letta è, a oggi, e pare lo sarà anche dopo le elezioni politiche del 25 settembre, il secondo schieramento in Italia. Se nel 2018, i dem avevano lasciato lo scettro al MoVimento 5 stelle – consegnandoli anche la possibilità di governare il paese, poi sono anche tornati sui loro passi -, adesso, e secondo i sondaggi, a convogliare più voti sarà Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni.

E il segretario l’ha capito. E sta correndo ai ripari, specie nelle candidature. Il Pd, infatti, al momento è l’unico partito che ha messo nero su bianco chi intende presentare come possibile nuovo (o vecchio) deputato e senatore, e la situazione è un po’ precipitata.

Avrei voluto ricandidare tutti i parlamentari uscentiha detto Letta dopo la conclusione della riunione della direzione, durata tantissimo, in cui si sono decisi i candidati -. Ma è impossibile per la riforma del taglio dei parlamentari ma anche per esigenza di rinnovamento. Ho chiesto personalmente sacrifici ad alcuni. Mi è pesato tantissimo. Ma non ho fatto le liste tutto da solo, come quattro anni fa“.

Non ha fatto tutto da solo per un motivo soprattutto: nella coalizione, di cui non fanno parte né Azione di Carlo Calenda, né Italia Viva di Matteo Renzi, si dovevano ripartire alcuni collegi uninominali e non, e quindi due sono andati rispettivamente a Psi e Demos, quattro ad Articolo 1 (c’è anche il ministro della Salute, Roberto Speranza), due a +Europa, uno a Luigi Di Maio e due a Europa Verde e Sinistra Italiana.

Accanto a loro, ci sono anche degli illustri nomi di non politici che, però, per un motivo o per un altro, hanno deciso di farlo (fare politica e candidarsi s’intende). È il caso dell’economista Carlo Cottarelli, che sarà il capolista al Senato a Milano, o del virologo Andrea Crisanti, lanciato come capolista nella circoscrizione estero. O, ancora, le sindacaliste Susanna Camusso e Anna Maria Furlan.

Ecco, in uno scenario del genere, molti dei vecchi eletti sono stati esclusi, o non hanno avuto un posto per così dire comodo e sicuro, e non l’hanno presa affatto bene. È il caso di Luca Lotti, ministro per lo Sport del governo di Paolo Gentiloni, che ha commentato su Facebook la decisione di Letta di farlo fuori con toni non troppo gentili. “La scelta è politica – ha scritto -, non si nasconda nessuno dietro scuse vigliacche“.

Ma c’è anche l’ex governatore della Basilicata Marcello Pittella, a non avere digerito la sua non candidatura: “Un delitto perfetto! Calpestati diritti, principi, territorio, storia e democrazia! Nella vita ci vuole dignità! Buona fortuna Pd“, si legge sul suo account Twitter.

Tra gli esclusi ci sono anche Salvatore Margiotta, Tommaso Nannicini, Emanuele Fiano e Andrea Marcucci, che era stato anche capogruppo per il Partito democratico.

Poi c’è il caso di Monica Cirinnà, senatrice e attivista Lgbtqi+, che in realtà è un po’ più complicato perché il suo nome è apparso nelle liste del segretario ma, a dire suo, i collegi scelti sono quelli che hanno davvero poche chance di farcela. Dapprima non ha accettato la ricandidatura, poi ha cambiato idea e ha deciso di combattere come un “gladiatore“.

C’è chi, come la pagina satirica di Osho, ha ironizzato sulla situazione riprendendo una foto del leader del Pd con l’elmetto (e quindi in tenuta da guerra) e affibbiandogli la frase: “Vado ar partito a fa le liste, se vedemo dopo“, ma c’è davvero poco da ridere. Perché questa, per Letta, potrebbe essere una partita decisiva, non solo per il governo del paese, ma anche per la segreteria del partito, già riformato e “ripulito” dopo che Renzi se n’è andato nel 2019.

Elezioni 25 settembre, i programmi di Europa Verde e Sinistra Italiana sono diversi da quelli del Pd

Quanto a Renzi, come dicevamo prima, lui si è fatto fuori da solo. Se n’è andato, ha governato assieme al Partito democratico, ha staccato la spina all’esecutivo con i Cinque stelle, e ha votato la fiducia a quello guidato da Mario Draghi, è stato però anche una spina nel fianco, e alla sua partecipazione alla coalizione nel centrosinistra ci sono state ben poche possibilità fin dall’inizio, esattamente come per il movimento di Giuseppe Conte, e diversamente da Azione di Calenda (che ha declinato la proposta), e Sinistra Italiana di Nicola Fratoianni e a Europa Verde di Angelo Bonelli.

Fratoianni Evi e Bonelli
Il segretario di Sinistra Italiana, Nicola Fratoianni, e i due portavoce di Europa Verde, Eleonora Evi e Angelo Bonelli, riuniti per il lancio di SI-Verdi – lettoquotidiano.it

L’ex sindaco di Roma ha voltato le spalle a Letta e al Pd proprio per la presenza di questi due partiti (e anche di Di Maio, in effetti), che non hanno mai votato la fiducia all’ex presidente della Banca centrale europea e che, su molte cose, non sembrano pensarla alla stessa maniera dei dem.

A dimostrarlo è anche il loro programma di governo, specie per quanto riguarda la questione dei rigassificatori, e del Pnrr. Sull’atlantismo non c’è nulla, ma c’è la mozione per l’adesione dell’Italia al Trattato per la Proibizione delle Armi Nucleari, la possibilità di obiezione alle spese militari, l’abolizione della legge Bossi-Fini (che ha anche il Pd), la volontà di rivedere gli accordi Italia-Libia ed eliminare i finanziamenti alla guardia costiera libica e la creazione di un piano europeo per le migrazioni che preveda il superamento del sistema di Dublino.

Nel capitolo sull’Italia rinnovabile e green si chiede lo stop esportazione del gas italiano, l’abolizione dei sussidi fossili; spinta alle rinnovabili e no al nucleare; una legge per il clima entro i primi 100 giorni; trasformare Cdp, Sace e Invitalia in Banche per il clima; portare gli obiettivi 2030 del pacchetto Fit for 55 ad almeno il 50% di penetrazione di rinnovabili e al 45% di risparmio attraverso l’efficienza energetica. Per quanto riguarda il Piano nazionale di ripresa e resilienza si chiede di rimodulare il fondo complementare per destinarlo a investimenti sul trasporto pubblico.

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