Giorgia Meloni è una donna, è una madre ed è una cristiana, lo ha urlato lei stessa in piazza San Giovanni a Roma, un video che remixato è diventato prima un meme, poi un tormentone. Giorgia Meloni, però, è anche la leader di Fratelli d’Italia, il partito che si candida a essere il più votato alle prossime elezioni politiche, facendola diventare la prima presidentessa del Consiglio. Tra proposte e accuse, tra made in Italy e femminismo, è anche un personaggio a tratti scomodo, sicuramente divisivo
E ha da scrollarsi di dosso quell’etichetta che la avvicina al fascismo (la fiamma tricolore nel simbolo del partito non l’aiuta), così come quella che fa di lei una persona pericolosa (anche) per l’Europa.
Giorgia Meloni, la futura prima presidente del Consiglio donna che non piace alle donne
Giorgia Meloni calca i palcoscenici della politica da praticamente sempre. Aveva quindici anni quando per la prima volta si avvicinò al Fronte della Gioventù, organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano; ne aveva, invece, ventuno quando è stata eletta, con Alleanza Nazionale, come consigliera per la provincia di Roma. A 29 anni, poi, è diventata deputata, sempre con il partito di Gianfranco Fini, e due anni più tardi è stata la più giovane ministra della Repubblica.
Ha vissuto nell’ombra, si fa per dire, per molto tempo, e ora è arrivato il suo momento. I riflettori di quel palcoscenico – ormai logoro per quante volte ci ha camminato sopra – sono tutti puntati su di lei, perché Giorgia Meloni potrebbe essere la prima presidente(ssa) del Consiglio donna. Il condizionale è d’obbligo solo perché manca ancora più di un mese alle prossime elezioni, ma i sondaggi parlano chiaro: la leader di Fratelli d’Italia ha i numeri per governare e per sedere sullo scranno più alto di Palazzo Chigi.
Una bella cosa, un passo avanti per il nostro Paese, quasi una profezia che si autoavvera, eppure no, perché Giorgia Meloni è sì una donna, ma non piace alle altre donne, alle femministe che non si sentono rappresentate da lei e che invece hanno sempre invocato una figura femminile anche nei posti più importanti di gestione del potere.
Michela Murgia, scrittrice e attivista per la parità di genere, per esempio, su Instagram, ha scritto che è “inutile chiedersi se sia femminista o non lo sia solo perché è a capo di un partito”, ma ci deve fare domande “sul suo modo di esercitare il potere”, questo sì che la contraddistingue da chi invece si prende a cuore gli interessi del “gentil sesso”.
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La vicinanza dell’opinionista sarda alla sinistra c’entra poco e nulla. Anche se, dalla parte sua, Meloni viene difesa a spada tratta. Lo fa il Giornale, per esempio, in un editoriale che risponde a un altro editoriale apparso su Repubblica, e lo fa perché è comunque un passo avanti, per loro, il fatto che una donna si possa erigere a essere la più potente e importante tra tutti, a prescindere dal colore politico e da quante volte cita nel suo programma la parola “donna”.
Giorgia Meloni, però, è divisiva soprattutto perché è considerata dai più come fascista. E da quando i riflettori le si sono puntati addosso, quest’onta non riesce proprio a levarsela di dosso, come una macchia che rimane nonostante i lavaggi, anche con la candeggina.
Lo ha detto così tante volte, lo ha ribadito perfino in un’intervista uscita oggi per “The Spectator”, rivista britannica vicina alle posizioni di destra, che “quando abbiamo fondato Fratelli d’Italia, lo abbiamo fondato come centro-destra, a testa alta. Quando sono qualcosa, io lo dichiaro. Io non mi nascondo. Se fossi fascista, direi che sono fascista. Non ho mai parlato di fascismo, invece, perché non sono fascista”.
Certo, levare la fiamma tricolore dal simbolo del suo partito avrebbe facilitato il compito, ma lei non l’ha fatto. Non vuole rinnegare le origini, e quelle della fiamma non conducono direttamente a Benito Mussolini, anche se un disegno simile capeggia sulla tomba del Duce, ma all’Msi di Giorgio Almirante e qualche altro ex fascista, nato comunque dopo la fine della seconda guerra mondiale.
Meloni e la proposta di fidejussioni per i non comunitari che vogliono aprire un’impresa in Italia
Però, però, Meloni si deve anche giudicare, elettoralmente parlando, per quello che propone nel suo programma. Oggi, in un video messaggio postato su Facebook, la leader di Fratelli d’Italia ha parlato di una fidejussione, che è una garanzia accreditata e sicura per il pagamento delle tasse, a carico degli stranieri non comunitari che intendono aprire un’azienda, un’impresa in Italia.
“Dieci di governi di sinistra hanno reso la vita impossibile a chi vuole fare impresa, trattati come delinquenti o come evasori a prescindere, gettati nella giungla della burocrazia o del Grande Fratello fiscale, vessati da tasse troppo alte”, ha iniziato Meloni che poi ha spiegato nel concreto la sua “rivoluzione copernicana”.
“Non permetteremo più il gioco dell’apri e chiudi fatto soprattutto dagli extracomunitari, quello di aziende che non pagano un euro di tasse, agiscono nell’illegalità e poi chiudono i battenti prima che lo Stato si accorga di loro, per riaprire magari con un altro nome”, e quindi l’idea “così che tutti possano competere ad armi pari” e restituire “dignità e libertà alle persone oneste che creano lavoro e ricchezza in Italia”. Non solo, la leader di FdI ha anche dichiarato di voler cancellare il reddito cittadinanza e ha risposto a chi parla di salario minimo, definendolo uno “specchietto per allodole”.