Attentato figlia Dugin, la Russia accusa: “L’esecutrice è una donna ucraina”

L’attentato alla figlia di Alexander Dugin, Darya Dugina, sta dominando l’attenzione mediatica ormai da diverse ore. E neanche per la morte di una persona vicinissima al filosofo e ideologo di Vladimir Putin, ma per tutto quello che sottende ai fini della guerra e per le ripercussioni a cui potrebbe portare. In ogni caso, la Russia si è spesa non poco nelle ultime ore per ricostruire quanto accaduto e ora ha tratto le sue conclusioni. Scopriamo qual è la loro versione, di contro a quella dell’Ucraina.

Morte Dugina
Il luogo della morte di Darya Dugina – lettoquotidiano.it

Non è per nulla facile individuare e spiegare gli eventi di una guerra che va avanti senza esclusione di colpi, e che ora non vede più Russia e Ucraina confinate nei loro ruoli iniziali. Nelle ultime ore, la morte di Darya Dugina non è stata affatto semplice da decifrare, anche per depistaggi e rimpallo di colpe. Ora, però, una ricostruzione concreta dei fatti ce l’abbiamo (per via della Russia) e non possiamo tardare nel raccontarvela. Ecco cosa è successo secondo il Cremlino.

Perché la morte di Darya Dugina è così importante

Se ne sta parlano tantissimo, forse incessantemente, e non è di certo casuale. Darya Dugina è morta e secondo i russi è un omicidio ad opera dei servizi segreti ucraini, il che potrebbe avere dirette conseguenze sullo stato attuale di cose e sull’andamento della guerra. Ma andiamo con ordine per capire perché è così importante e cosa potrebbe significare nel prossimo futuro.

Sullo sfondo, infatti, ma neanche tanto, c’è Alexander Dugin e, per chi non l’avesse mai sentito nominare prima dei fatti attuali, si tratta comunque di un uomo di peso in Russia. Basti pensare alla vicinanza a Putin e basti capire che si tratta di una sorta di Rasputin, per intenderci, di un vero e proprio cervello di cui il presidente della Russia non può fare a meno.

Non si sbaglia, infatti, se lo si indica come filosofo e ideologo molto vicino al Cremlino, e pensate cosa vuol dire se sua figlia, Darya Dugina, di notte, viene uccisa durante un’esplosione. Le proporzioni della vicenda si aggravano ancor di più se si considera che, secondo diverse ricostruzioni, il vero obiettivo dell’omicidio era proprio lui. O comunque anche lui.

Putin
Vladimir Putin – lettoquotidiano.it

Ma facciamo un passo indietro per capire chi è davvero Alexander Dugin nei dettagli. A parte le filosofie e le idee, è colui che per tanti è il reale fautore della strategia in Ucraina dello stesso Putin, e pensate che rilevanza deve avere per scatenare qualcosa del genere. Nonostante ciò, non ha mai ricoperto una posizione ufficiale nel governo russo, ma in compenso ha ottenuto degli incarichi accademici o come caporedattore di Tsargrad TV. Si tratta di un emittente che ha posizioni di parte, molto vicine a Putin e in questi mesi abbiamo capito quanto sia importante per il Cremlino la strategia comunicativa e la propaganda per esprimere il suo potere e la sua visione delle cose. Inoltre, è chiaro che la retorica di Dugin, ricca di sovranismo e occultismo tipici dell’estrema destra, siano stati da tempo sposati dalla strategia presidenziale.

A livello personale, parliamo di un uomo nato nel 1962 nella famiglia di un ufficiale dell’allora intelligence sovietico. Ebbe dapprima un passato come giornalista di Den. Stiamo parlando di un giornale di estrema destra, su cui pubblicò un vero e proprio manifesto, chiamato “La grande guerra dei continenti”, nei primi anni ’90. Lì era contenuta la visione di una Russia che assumeva i panni di “una Roma eterna” e che doveva contrapporsi perennemente a un Occidente dipinto come “eterna Cartagine”, quindi individualistico e materiale. Non basta, perché vi stiamo raccontando di un fondatore dell’euranesimo: l’obiettivo era la creazione di una potenza di proporzioni gigantesche, rigorosamente euroasiatica, e non destinata a svanire.

Si può dire senza sbagliare che la figlia ha seguito le orme del padre. Lei, ora morta, era nata nel 1992 e ha deciso di laurearsi in filosofia all’università statale di Mosca, riuscendoci. Anche lei scriveva, utilizzando uno pseudonimo, e lo faceva per Tsargard e Rtestate, che sicuramente sono testate dalla parte del Cremlino, con lo pseudonimo di Darya Platonova. E ricordate la famosa lista dei sanzionati dal Regno Unito, uscita il 4 luglio? Beh, c’era anche, autrice di un libro, prossimo alla pubblicazione sull’invasione dell’Ucraina.

Sicuramente, a questo punto, capite perché c’entra così tanto con la guerra in atto e perché è impossibile che si tratti di una morte casuale. Ma ora entriamo più nei dettagli. Le prime ricostruzioni, avvenute poche ore i fatti, vedevano Darya all’interno della sua auto, lì dove probabilmente sarebbe dovuto esserci anche Alexander Dugin. 

In particolare, Alexander Dugin era andato insieme alla figlia al festival “Tradition” e vi scriviamo che anche lui poteva essere un obiettivo, perché doveva tornare insieme a lei a Mosca. All’ultimo momento, però, fatalità o razionalità hanno voluto che decidesse di non viaggiare sulla Toyota Land Cruiser in questione. L’automobile è esplosa a 20 chilometri a ovest dalla capitale e con il fragore se n’è andata anche la vita di questa donna di trenta anni. Andrey Krasnov ha confermato subito dopo alla Tass che l’auto esplosa era di proprietà di Dugin, il che avalla comunque questa ricostruzione.

Le parole precise che ha utilizzato spiegando i contorni di una vicenda in cui comunque il destino gioca una parte importante:Era l’auto del padre. Di solito la figlia Darya guidava un’altra auto, ma oggi ha preso quella e suo padre è andato in un altro luogo”. Alexander, quando ha capito cosa era successo, è tornato sul luogo del misfatto e diverse immagini lo mostrano comprensibilmente disperato. Subito dopo, diverse fonti russe hanno specificato come entrambi fossero obiettivi dell’omicidio, ma chi resta soffre sempre di più. Che non ci vogliono bandiere o tantomeno guerre per capirlo.

A fare il giro di tutta la Russia e poi del mondo è stato anche il rapporto della polizia. È stato scritto testualmente che “un ordigno è stato piazzato sull’auto e poi è esploso mentre la vettura viaggiava a piena velocità, provocando un incendio. La donna alla guida è morta sul colpo: è stata identificata, si tratta della giornalista e politologa Darya Dugina”.

Il tutto è avvenuto alle 21,45 locali, alla periferia di Mosca. Lo ha riferito l’agenzia di stampa statale russa Tass. Krasnov che comunque sta avendo un ruolo importante in Russia, perché numero uno del movimento Russky Gorizont e conoscente di famiglia, ha anche descritto nei dettagli quanto accaduto: “L’automobile era completamente in fiamme e Darya ha perso il controllo perché stava guidando ad alta velocità. La donna e la vettura sono balzate dall’altro lato della strada”. 

Omicidio Dugina, dalle prime ricostruzioni ai fatti raccontati dalla Russia

La Russia non ha tardato a definire l’attentato come “terrorismo di Stato” e questa è un’accusa che di conseguenze potrebbe averne tante ai fini della guerra, come potrebbero essere tante le reazioni di Putin, a livello politico, mediatico e militare.

Inoltre, nelle ultime ore è arrivata anche la ricostruzione dell’Fsb e stiamo parlando, quindi, della Federal’naja služba bezopasnosti. In parole povere, del servizio federale per la sicurezza della Federazione russa. Nessuno si è nascosto, il dito dell’Fsbs è immediatamente puntato contro i servizi segreti dell’Ucraina. Sarebbero stati loro a meditare e poi mettere in pratica l’attentato a Darya Dugina.

E per supportare questa tesi, hanno anche unito i dettagli e la ricostruzione completa. I servizi segreti russi, infatti, a meno di 48 ore dall’attentato hanno indicato anche nome e cognome dell’esecutrice. Si tratta di una donna ucraina, Natalya Vovk, che avrebbe portato a termine l’omicidio e subito dopo è riuscita a scappare in Estonia. A riportarlo è l’agenzia russa Tass. L’Fsb ha annunciato senza mezzi termini: “Dopo misure di ricerca urgenti, il servizio di sicurezza federale (l’Fsb appunto) ha risolto l’omicidio della giornalista Darya Dugina”.

Sono emersi poi ulteriori dettagli su come l’omicidio sarebbe stato organizzato. Vovk si era preoccupata di affittare un appartamento proprio nello stesso palazzo in cui Darya viveva a Mosca. A farsi sentire poi è stata direttamente l’intelligence esterna russa, che senza tanti peli sulla lingua ha affermato che dietro l’omicidio della figlia di Alexander Dugin c’erano i servizi segreti ucraini.

Non solo l’appartamento, perché pare che Vovk abbia seguito passo dopo passo il percorso della vittima. L’esecutrice, secondo le ricostruzioni nemiche, sarebbe arrivata in Russia il 23 luglio scorso insieme alla figlia Sofia Shaban, di soli dodici anni. Entrambe si sono recate al festival “Tradizione”, dove puta caso erano presenti anche Alexander Dugin e la figlia Darya, che sarebbe morta dopo non molto. Vovk avrebbe anche affittato, oltre all’appartamento di cui vi abbiamo già parlato, anche la Toyota Land Cruiser usata per pedinare la giornalista.

L’auto è comunque un passaggio fondamentale nelle ricostruzioni del Cremlino. Si tratta di un autoveicolo con targa della Repubblica popolare di Donetsk, con cui Vovk è entrata in Russia. La targa poi è cambiata, perché l’esecutrice a Mosca ne ha utilizzato una del Kazakistan, tramite cui ha potuto seguire la vittima senza problemi. Per scappare dalla Russia, ha usato poi una targa ucraina. Il suo percorso di fuga è proseguito attraverso la regione di Pskov e si è concluso in Estonia. Il tutto insieme alla figlia di dodici anni e per un percorso totale di 12 ore. L’Fsb, dopo aver reso note tutte le ricostruzioni di cui vi abbiamo parlato, ha anche precisato che il caso è stato trasferito al Comitato investigativo.

Ora, dopo aver chiarito tutti i passaggi di una vicenda che resta comunque maledettamente intricata, è importante anche riportarvi l’altro punto di vista. Infatti, l’Ucraina ha fin da subito rigettato le accuse circa un coinvolgimento nell’attentato e si è chiamata fuori dal prendersi la colpa di quanto è avvenuto. Non è la prima volta, anzi, in una guerra colma di bugie e depistaggi, ma ad opera, fino ad ora, soprattutto di Putin.

E proprio il presidente russo ha commentato l’attentato con parole piuttosto forti. Putin si è fatto sentire  tramite un messaggio di condoglianze inviato alla famiglia della giornalista uccisa, tramite il profilo Telegram del Cremlino: “È stato un crimine vile e crudele che ha interrotto la vita di Darya Dugina. Era una persona brillante e di talento con un vero cuore russo: gentile, amorevole, comprensiva e aperta”. Non ha terminato qui la descrizione della figlia del suo ideologo: “Era una giornalista, scienziata, filosofa, corrispondente di guerra. Ha servito onestamente il suo popolo, la sua patria e ha dimostrato concretamente cosa significa essere una patriota della Russia”.

E, a questo punto, non faticherete a capire quanto il livello di tensione sia alle stelle tra le parti. Altro che incontri diretti o accordi di pace. Un appuntamento in Ucraina desta particolare attenzione e preoccupazione e si tratta della festa dell’Indipendenza. La data in cui si svolgerà è imminente ed è tra due giorni, il 24 agosto, per cui Volodymyr Zelensky ha già avvertito che il livello di attenzione dovrà essere molto alto e la guardia non dovrà essere abbassata. In una guerra che sta vedendo l’Ucraina recuperare e ampliare i confini del conflitto fino alla Crimea.

In uno dei suoi consueti videomessaggi, proprio Zelensky aveva avvertito: “Dobbiamo essere coscienti che questa settimana la Russia potrebbe tentare qualcosa di particolarmente crudele“. E questo fa tanta paura visto che il terrore è una delle armi principali usate da Putin in questo conflitto.

In poche parole, il numero uno dell’Ucraina ha avvisato del rischio che Mosca possa aumentare l’intensità e la natura degli attacchi, proprio in occasione del 24 agosto e vietando gli assembramenti pubblici. Chiamatela ansia o prevenzione, ma Zelensky si aspetta il peggio. Ha aggiunto anche: “Tutti dobbiamo essere sufficientemente forti per resistere a qualunque provocazione nemica”. Nel suo discorso il presidente ucraino ha ricordato anche diversi attacchi subiti, particolarmente crudeli, e affermando che i russi dovranno pagare per tutte le loro azioni.

In questo quadro, la morte (che comunque resta tragica) di Darya Dugina si configura in un conflitto che ha già cambiato veste e che vede l’Ucraina rispondere colpo su colpo rispetto a quanto subito. Si chiama terrore e si chiama guerra, quelli di cui noi tutti non vorremmo più sentir parlare e che, invece, sono a due passi da noi, con tutte le conseguenze umane, economiche e sul piano delle risorse che abbiamo imparato a capire. Perché la morte non è una vittoria e non è mai motivo di gioia, ma una sconfitta di tutti.

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