Continuano le visite degli Stati Uniti a Taiwan per dimostrare la vicinanza all’isola contro la Cina

Dopo Nancy Pelosi e Ed Markey, continuano gli incontri e le visite degli esponenti del Congresso statunitense a Taiwan. Nella notte, la senatrice repubblica Marsha Blackburn è arrivata nell’isola dell’oceano Pacifico, dove incontrerà anche la presidentessa Tsai Ing-wen e il ministro degli Esteri, Joseph Wu.

Blackburn e Ing-wen
Marsha Blackburn e Tsai Ing-wen – lettoquotidiano.it

Lo scopo degli incontri è quello di proseguire le relazioni diplomatiche con Taiwan, stato autonomo ma non riconosciuto dalla Cina che invece lo ritiene una sua provincia. Dopo la visita della speaker della Camera, tra l’altro, il governo di Pechino ha anche iniziato a intensificare le esercitazioni militari vicino all’isola.

Blackburn a Taiwan, proseguono gli incontri tra Stati Uniti e l’isola del Pacifico

La prima a visitare Taiwan, anche Repubblica di Cina, uno stato autonomo ma non riconosciuto da gran parte dei paesi membri dell’Onu – neanche gli Stati Uniti e, ovviamente, la Cina – era stata Nancy Pelosi, la speaker della Camera dei rappresentanti del paese a stelle e strisce, il 2 di agosto.

Pelosi
Nancy Pelosi – lettoquotidiano.it

Dopo di lei era stato il turno di Ed Markey, senatore americano in quota dem il 14, oggi invece è Marsha Blackburn a essere atterrata nell’isola per una serie di incontri, anche con la presidentessa Tsai Ing-wen.

Non sono vere e proprie visite di cortesia, anzi: l’obiettivo degli statunitensi, chiarito anche su Twitter dalla senatrice repubblicana, è quello di “approfondire le relazioni con le Isole del Pacifico” e “garantire la loro sicurezza operativa e fisica così come la nostra“, e soprattutto appoggiare Taiwan contro il governo comunista cinese.

In un ulteriore serie di tweet (alcuni con annessi dei video), Blackburn ha mostrato la sua vicinanza all’isola e ha ribadito, a seguito del vertice con Ing-wen, come “Il Partico Comunista Cinese non si fermerà davanti a nulla per ottenere il dominio globale e distruggere l’indipendenza di Taiwan“. 

La senatrice ha anche incontrato il ministro degli Esteri, Joseph Wu, con cui si è impegnata “a rafforzare i legami bilaterali tra gli Stati Uniti e Taiwan“, ha scritto sempre su Twitter. “Al Congresso – ha specificato ancora -, sto aiutando a guidare lo sforzo per aumentare il supporto militare a Taiwan e a rafforzare la sicurezza per le nazioni delle isole del Pacifico“.

La situazione tra Cina, Taiwan e gli Stati Uniti

Questa è la situazione del presente, per cercare di capire qualcosa in più è necessario, però, fare qualche passo indietro, di giorni, ma anche di anni.

La Repubblica di Cina, meglio conosciuta come Taiwan dal nome della sua isola maggiore, o Formosa, nome che le diedero i portoghesi, è uno Stato insulare de facto, che si estende a 160 chilometri dalle coste della Repubblica Popolare Cinese.

Se, fino al quattordicesimo secolo, ha sempre intrattenuto relazioni diplomatiche con la Cina, la storia inizia a cambiare quando comincia il suo processo di colonizzazione. A imporre il proprio dominio, ci sono stati gli olandesi, gli spagnoli, la dinastia Ming, e anche i giapponesi, che la perdono dopo la fine della seconda guerra mondiale per mano dei cinesi.

Nel settembre del 1949 inizia un altro capitolo per l’isola del Pacifico, perché diventa di fatto il territorio in cui il governo dei nazionalisti cinesi, guidato da Chang Kai Shek, trova rifugio anche grazie all’aiuto degli Stati Uniti. La Cina comunista di Mao non riconosce la sua indipendenza, e come lei, in un primo momento, lo fanno anche la Russia e la Gran Bretagna.

Nel 1971, in seguito a un avvicinamento tra gli Usa e la Repubblica popolare cinese, l’isola perde il riconoscimento anche dell’Onu e più tardi anche quello degli statunitensi. Intanto, però, Taiwan è sempre amministrata dai nazionalisti cinesi del Guomitang. La svolta arriva nel 1986 quando il Partito Democratico Progressivo riesce a ottenere due seggi in Parlamento: da quel momento inizia una lotta intestina tra i due schieramenti con il primo che vuole una riunificazione con la Cina e i secondi che vogliono l’indipendenza assoluta.

A vincere è la prima linea specie perché il popolo riesce a far ottenere a Lee Tenghui un secondo mandato presidenziale nello stesso anno in cui fa la sua prima visita ufficiale negli Stati Uniti: è il 1995, Pechino risponde con delle intense esercitazioni militari e da Washingtin mandano due portaerei a monitorare la situazione.

L’ennesimo punto di svolta arriva nel 2000. Per la prima volta viene eletto come presidente un candidato del PPD: dopo 55 anni di governo nazionalista, l’indipendentista Chen Shui-bian ha le redini in mano, la Cina inizia a preoccuparsi, ma le cose non sembrano volgere per il peggio.

Cinque anni più tardi, dopo dei tentativi falliti di referendum, Pechino decide di passare al contrattacco: una legge antisecessione accelera il processo di indipendenza di Taiwan, stoppato nel momento in cui il Guomindang torna a controllare l’isola (lo farà dal 2008 al 2016). Nel novembre 2015 avviene anche lo storico incontro, a Singapore, tra Xi Jinping e Ma Ying-jeou in cui si rafforza la situazione di pace e la stabilità nello stretto. Dal 2016, però, al governo tornano i filo-indipendentisti, guidati dalla giurista Ing-wen, confermata come presidente dalla Repubblica di Cina anche nel gennaio del 2020.

È in questo scenario, aggravato dai non semplici rapporti tra Pechino e Washington, che i tre membri del Congresso degli Stati Uniti hanno fatto visita all’isola. La Cina, infatti, continua a considerare Taiwan una sua provincia e ha riiniziato le esercitazioni militari dopo l’arrivo di Pelosi; dal canto loro, i taiwanesi, non intendono cedere sulla propria sovranità e hanno destinato il 14% del budget della legge bilancio a nuovi equipaggiamenti e caccia.

Oltre all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, si osserva anche l’escalation tra le due forze, ma per molti esperti al momento è esclusa la possibilità di una nuova guerra. Fortunatamente.

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