Mentre il prezzo del gas continua a oscillare e tocca ogni giorno nuovi livelli record, i politici, impegnati in campagna elettorale, danno la loro versione al governo di Mario Draghi, ora chiamato a porre rimedio all’emergenza climatica italiana e non solo.
Da Matteo Salvini, che non vuole i razionamenti, a Carlo Calenda, favorevole ai rigassificatori, quali sono le posizioni in campo e, soprattutto, cosa promettono in campagna elettorale per le prossime politiche del 25 settembre.
Caro energia, dai rigassificatori al razionamento: ecco i programmi elettorali dei partiti
Il prezzo del gas non aumenta: vola. Tocca livelli record ogni giorno di più, e ogni giorno di più gli italiani vengono e sono spaventati dalle stangate che potrebbero arrivare. L’ultimo allarme è stato lanciato da Confesercenti: le piccole imprese di turismo e terziario si troveranno a pagare nei prossimi dodici mesi una maxi bolletta da undici miliardi di euro, circa otto miliardi in più rispetto all’anno scorso. Si deve correre ai ripari, insomma.
A pensarci dovrebbe essere il governo dell’ex presidente della Banca centrale europea, Mario Draghi, richiamato dai leader dei vari partiti a intervenire sull’emergenza energetica. Lo farà, è chiaro, ma dovrà ascoltare le posizioni di tutti gli attori in campo, tanti e con idee diverse. Le stesse che stanno mettendo al centro del dibattito politico e della campagna elettorale in vista del 25 settembre.
Il programma più attuabile, sondaggi alla mano, è quello della coalizione di centrodestra, data in netto vantaggio rispetto alle altre forze politiche e quindi (quasi) pronta a governare. In “Per l’Italia“, piano esposto anche prima del deposito dei vari simboli di partito, al punto 11 si fa riferimento all’autosufficienza energetica, quindi “la creazione di impianti di ultima generazione senza veti e preconcetti, valutando anche il ricorso al nucleare pulito“.
Il concetto, in realtà, è un po’ più ampio e complicato di così perché si deve tenere conto della transizione energetica sostenibile, dell’aumento della produzione di energia rinnovabile, della diversificazione degli approvvigionamenti, del pieno utilizzo delle risorse naturali, della promozione dell’efficientamento energetico e, anche, del sostegno alle politiche per un tetto al prezzo del gas a livello europeo.
Tornando al nucleare, però, chi spinge di più nel centrodestra è sicuramente il numero uno della Lega, Matteo Salvini, anche quello che si è speso di più in questi ultimi giorni per trovare delle soluzioni nella coalizione e per rispondere ai “rivali”. Già a giugno, il leader del Carroccio, aveva dichiarato la volontà di superare il no alle centrali nucleari: “Fatela a Milano, a casa mia, nella capitale dell’innovazione“, aveva detto.
In campagna elettorale non ha fatto altro che ribadire il punto, parlando di come l’Italia sia uno dei pochi paesi che dice no alle centrali per ideologia. Oltretutto, stando alle previsioni del Capitano, “nell’arco di sette anni, potremmo produrre energia a minor costo rispetto a quella di oggi“. Salvini, però, è anche contrario al razionamento di luce e gas, e anche questa posizione è stata tenuta anche negli ultimi giorni. “Se non si interviene, il rischio di decidere chi si riscalda e chi no, chi accende la luce e chi no è assolutamente concreto“, ha precisato ancora.
Il Partito democratico di Enrico Letta, invece, ha deciso di puntare tutto sui rigassificatori, ovvero degli impianti che permettono di riportare un fluido che normalmente in natura si presenta sotto forma di gas, dallo stato liquido a quello aeriforme.
Ecco, gli impianti, che sono stati il casus belli per lo scoppio della crisi di governo, sono ritenuti dai dem necessari a patto che “rimangano attivi solo pochi anni e che possano essere smobilitati ben prima del 2050, proprio per non interrompere la prospettiva della transizione ecologica“.
Dei rigassificatori si parla in relazione a Piombino, cittadina portuale della Toscana assolutamente contraria all’installazione degli impianti nel proprio territorio. In base a questo, il Pd sostiene che si debba fare particolare attenzione a chi li accoglierà e quindi si dovranno istituire dei fondi ad hoc per risarcirli “per l’impatto economico e sociale che possono subire“.
Caro energie, le soluzioni del terzo polo e del MoVimento 5 stelle a confronto
Una sintesi delle due posizioni richiamate sopra viene fornita nel programma elettorale del terzo polo di Carlo Calenda e Matteo Renzi. Il leader e fondatore di Azione sostiene fortemente il nucleare, considerato l’unico strumento possibile per “ottenere l’obiettivo zero emissioni“, e su questo, in passato, ha sfidato anche il segretario Letta. Nel piano dell’europarlamentare c’è spazio anche per i termovalorizzatori e i rigassificatori, per cui ora sta premendo affinché anche il leader del Pd e Giorgia Meloni, numero uno di Fratelli d’Italia, aiutino Draghi.
Il MoVimento 5 stelle più che sull’emergenza climatica si è concentrato sulle tecnologie per lo smaltimento dei rifiuti nel proprio piano elettorale. Giuseppe Conte, il presidente dei pentastellati, è contrario a nuovi inceneritori, specie quello di Roma (che era un progetto), e vorrebbe “la realizzazione di impianti completamente compatibili con le richieste dell’Europa e non inquinanti, finalizzati a migliorare le prestazioni ambientali, e la sburocratizzazione per favorire la creazione di impianti di energia rinnovabile“.
Quanto al tetto al prezzo del gas, il capo politico dei Cinque stelle ha ribadito, in una risposta a Calenda e in un post di poco fa su Facebook, come le sue posizioni non siano cambiate, e le stesse proposte che sono al vaglio ora siano già state messe sul piatto sei mesi fa all’ex banchiere centrale. “Ora tutti i partiti in campagna elettorale stanno scoprendo che avevamo ragione. Allora andiamo subito in Parlamento per sostenere anche con le altre forze politiche interventi massicci. Si è perso già troppo tempo“, ha concluso Conte.