Il Cile si prepara a un cambiamento epocale. Domenica, infatti, i cittadini dovranno votare la nuova Costituzione con un referendum. Se venisse approvato, la nuova Carta sostituirebbe quella scritta durante la dittatura militare di Augusto Pinochet.
Non sarà semplice, però. Dopo le proteste iniziate nel 2019, che hanno portato a un’elezione dell’Assemblea costituente del 4 luglio 2021, la partita del 4 settembre è tutt’altro che scontata, anche a causa di un’intensa campagna di disinformazione. La Costituzione licenziata, intanto, è una delle più femministe che esistano.
La nuova Costituzione del Cile dà un calcio al passato di Pinochet ma potrebbe non essere approvata
Dopo quasi 34 anni dall’ultima volta, il Cile è di nuovo chiamato a un cambiamento epocale. Se il 5 ottobre del 1988, i cittadini cileni hanno chiuso le porte in faccia al dittatore Augusto Pinochet non confermando il suo mandato presidenziale per altri otto anni, il 4 settembre, ovvero domenica, dovranno decidere se approvare la nuova Costituzione, che andrebbe a sostituire quella del 1980, introdotto proprio durante il regime del generale.
Il referendum, però, ha un esito tutt’altro che scontato perché, nonostante le proteste, iniziate nel 2019, e che nel 2020 hanno portato alla decisione di cambiare, la Carta licenziata dall’Assemblea costituente è considerata troppo rivoluzionaria e radicale.
Innanzitutto perché è stata scritta per lo più da candidati indipendenti o di sinistra radicale, ma anche perché ai cileni è stato dato troppo poco tempo per decidere se votare per l’apruebo o il rechazo. Stando agli ultimi sondaggi della società di analisi Cadem, il 47% dei cittadini sarebbe per rifiutare il testo, contro il 37% che invece vorrebbe approvarlo.
Secondo Manuela Royo, una membra dell’Assemblea costituente, l’adozione della Costituzione sarà solo un primo passo perché “i suoi principi dovranno essere tradotti in leggi e politiche pubbliche che abbiano il sostegno del governo e del Congresso. Ma un testo costituzionale definisce le basi di una società“.
D’altra parte, però, se non si dovesse approvare “si genererebbe una gravissima crisi istituzionale. Per tutte le persone scese in piazza in queste settimane, questo sarebbe un segnale che il percorso politico e istituzionale non consente una trasformazione della realtà“.
La Costituzione del Cile è femminista, ma non solo
Al di là delle posizioni in campo – in maniera velata anche l’attuale presidente Gabriel Boric sarebbe per l’approvazione della Costituzione -, cerchiamo di capire insieme cosa prevede la Carta dei 154 costituenti, metà dei quali sono donne.
Ecco, questo non è un fattore da sottovalutare. Anzi: è importantissimo. Perché la nuova legge è una delle più femministe che si siano mai lette al mondo. Secondo l’attivista di Coordinadora Feminista 8M Alondra Carrillo, “il femminismo di questo testo non è un semplice articolo all’interno di un singolo capitolo, è una prospettiva che attraversa tutto e che articola un quadro normativo che mette al centro la vita delle donne, delle ragazze e delle differenze“, e quindi da considerare un femminismo intersezionale perché tiene conto anche di diverse altre oppressioni come l’omofobia, il classismo, il razzismo.
“Lo Stato promuove una società in cui donne, uomini, diversità e dissidenze sessuali e di genere partecipano a condizioni di sostanziale uguaglianza, riconoscendo che la loro effettiva rappresentanza è principio e condizione minima per il pieno e sostanziale esercizio della democrazia e della cittadinanza“, si legge all’articolo 6.
Le lotte femministe, tra l’altro, non possono prescindere dalle altre lotte, perciò si dà importanza alle persone con disabilità, le popolazioni indigene (non citate nella carta del 1980, ora chiamate a cambiarla anche in Assemblea costituente), anche alla natura.
Secondo Royo, ancora, la nuova Costituzione cambierebbe il modello di sviluppo per orientarsi verso una società inclusiva che mette al centro l’uguaglianza di genere e riconosce l’interdipendenza tra le persone e l’ambiente. Fin dal suo primo articolo, definisce il Cile come uno Stato ecologico e che “stabilisce l’esistenza di un rapporto di interdipendenza tra gli esseri umani e la natura. E rompe con il paradigma moderno in cui la natura è solo un territorio di sfruttamento al servizio dell’economia umana“.