Serena Williams è, numeri alla mano, la più grande tennista di tutti i tempi. E oggi, contro l’australiana Ajla Tomljanovic, a quasi quarantun anni, ha giocato la sua ultima partita nello sport che la ha resa un’icona, ma per cui spera di non essere ricordata, meglio: spera di non essere ricordata solo per quello.
Afroamericana, proveniente da una famiglia umile, ha vinto 73 titoli in carriera, nessuno (maschio o femmina) detiene il suo record di tornei del Grande Slam vinti, sono 23. È stata una donna capace di sovvertire gli stereotipi, amata e anche odiata. Per la sua ultima gara, anche Roger Federer, un altro gigante del tennis, ha mandato un augurio a Williams, ma lo hanno fatto anche Michelle Obama e LeBron James.
Serena Williams è la più grande tennista di tutti i tempi
Dal cemento di New York al cemento di New York. La chiusura di un cerchio, ma ancora di più: di una carriera che ha vissuto al massimo, delle forze, delle potenzialità, anche del carisma. Serena Williams, un tempo solo la sorella piccola di Venus, ha detto addio al tennis.
I numeri, prima: 73 titoli vinti di cui 23 trofei del Grande Slam portati a casa nel singolo – sette Australian Open, tre Roland Garros, sette Wimbledon e sei Us Open -, un medaglia d’oro alle Olimpiadi, e cinque Wta Finals. Mille e quattordici incontri fatti, 858 vinti e solo 156 sconfitte, l’ultima quella contro l’australiana Ajla Tomljanovic, ai sedicesimi di finale del torneo che l’ha fatta conoscere al grande pubblico.
Serena è stata “The Queen” e lo sarà anche domani, e dopo, e dopo ancora. Lo sarà per quei numeri, fantastici e inarrivabili per chiunque – nessuno, maschio o femmina ha mai vinto più tornei del Grande Slam di lei, neanche Roger Federer, o Rafael Nadal o Novak Djokovic, nessuno. Lo sarà perché è stata un’icona. Di abnegazione, di lotta contro gli stereotipi, di cambiamento. Di sport.
E quindi all’alba dei suoi 41 anni – li compirà il 26 settembre -, ha appeso la racchetta al chiodo, non tradendo le lacrime nella sua ultima conferenza stampa da tennista, ma erano di gioia, ha precisato. Un ringraziamento, prima, al padre Richard, poi alla madre, alla sorella, il suo idolo: “Non sarei stata la Serena che sono stata senza Venus“, ha detto ancora. Anche una speranza, in effetti: “Non penso di tornare, ma non si sa mai…“.
Dopo tutto, di discese ardite e di risalite ne ha fatto il marchio di fabbrica, Williams. Ma siamo già troppo avanti nella storia di una donna nata per vincere. Afroamericana, e non è un dettaglio di poco conto, nasce a Saginaw, nel Michigan, un anno dopo Venus. La famiglia si trasferisce presto a Compton, una cittadina nella contea di Los Angeles, considerata uno dei posti più pericolosi degli States.
Il suo destino nel tennis, però, è segnato prima che sia lei, sia la sorella nascano: il padre, infatti, si mette in testa che entrambe debbano diventare due grandissime tenniste, e studia per loro. Poi le allena, da quando hanno tre anni. Non si possono permettere circoli e allenatori, perché a quell’epoca il tennis è uno sport per ricchi, e quindi i campi pubblici vanno bene per muovere i primi passi con la racchetta in mano.
A nove anni, la musica potrebbe cambiare, ma Serena non è la sorella Williams che riesce a essere allenata (gratis) da chi, in passato, ha allenato Pete Sampras e John McEnroe, come Paul Cohen. Due anni dopo, però, arriva un’opportunità anche per “la regina”: tutta la famiglia si trasferisce a Delray, in Florida, perché riescono a stipulare un contratto per le entrambe le Williams con Rick Macci.
È la svolta, perché Serena inizia i suoi primi tornei. Nel 1994, esordisce nel circuito maggiore, sorprendendo tutti. Nel 1997, con Venus e quindi nel doppio, debutta agli Us Open. Non hanno fortuna e vengono eliminate al primo turno. La storia prosegue per un po’, nonostante nel ’98 riesca anche a portare a casa il primo trofeo e un anno più tardi anche il Grande Slam di casa. Dal 2002, si accende la stella, diventando anche la prima nel ranking Wta – rimane alla guida della classifica per 319 settimane in quasi 25 anni di carriera. A valanga, per due anni, infatti, vince tutti i più grandi trofei, e si inizia a parlare di Serena Slam.
Dal 2004 al 2006 vive un periodo negativo, ma dal 2007 torna a essere quella che si era ammirata a Melbourne, Parigi, Londra e New York gli anni prima. Fino al 2009 inanella altri successi, poi si ferma per un infortunio. Nel 2012, a 31 anni, Williams vince l’oro olimpico nel singolo, Wimbledon e, di nuovo, gli Us Open, poi torna a vincere il suo personale Serena Slam. Nel 2017, vince il suo ventitreesimo ultimo trofeo agli Open di Australia, contro la sorella. Neanche la gravidanza la trattiene.
Torna, ancora, ma non è più quella di un tempo, almeno nei colpi, il fiore all’occhiello del repertorio della tennista, fatto anche di un controllo aggressivo dello scambio. “Per un po’ di tempo ho pensato che Wimbledon dello scorso anno potesse rimanere il mio ultimo torneo – ha spiegato in conferenza stampa – e il fatto di aver chiuso in un altro modo mi dà maggiore serenità, mette quel torneo sotto un’altra luce. Ho dimostrato di essere ancora capace di giocare ad alto livello, ma sono pronta per fare la mamma, per esplorare una nuova versione di me stessa“.
Nello stile, però, Serena è rimasta sempre la stessa. Dai festeggiamenti, tutt’altro che composti, al modo di vestirsi, passando per la corporatura – troppo mascolina e molto poco aggraziata per una donna del tennis -, e l’aggressività dimostrata nei confronti delle avversarie, e anche dei giudici di gara.
Williams è stata lo sport, il tennis, e lo sarà ancora, dicevamo, ma è stata anche un esempio, un modello, un’icona, una paladina dei diritti. Una combattente. Secondo Martin Blackman, il direttore generale per lo sviluppo dei giocatori della federazione tennistica americana, l’ascesa di Serena, ma anche di Venus, “ha attirato migliaia di ragazze nello sport, non solo afroamericane ma di ogni origine e provenienza“.
Lei, ora, come ha detto nella sua ultima intervista a Vogue, in cui ha anche annunciato la fine della carriera al termine degli Us Open, spera che con il passare degli anni le persone arrivino a pensare a lei come “un simbolo di qualcosa di più grande del tennis“.
I saluti a Williams, la regina del tennis: da Michelle Obama a Roger Federer
Che lo sia stata lo dimostrano i tantissimi tweet arrivati. Quello di Michelle Obama, per esempio, l’ex first lady degli Stati si è congratulata con Williams per la carriera straordinaria. “Quanto siamo stati fortunati a poter vedere una giovane ragazza di Compton crescere fino a diventare una delle più grandi atlete di tutti i tempi. Sono orgogliosa di te, amica mia, e non vedo l’ora di vedere le vite che continui a trasformare con i tuoi talenti“.
Congrats on an amazing career, @SerenaWilliams!
How lucky were we to be able to watch a young girl from Compton grow up to become one of the greatest athletes of all time.
I’m proud of you, my friend—and I can’t wait to see the lives you continue to transform with your talents. pic.twitter.com/VWONEMAwz3
— Michelle Obama (@MichelleObama) September 3, 2022
Anche la conduttrice Oprah Winfrey ha omaggiato la tennista: “Shero“, tra le altre cose, ha scritto sopra la foto di Williams.
25 years. Champion. Shero. Legend forever! @serenawilliams #USOpen pic.twitter.com/xdo4dy4fpP
— Oprah Winfrey (@Oprah) September 3, 2022
In un video pubblicato dall’Atp, anche Federer ha fatto i suoi auguri: “Ehi Serena, sono Roger qui. Volevo congratularmi con te per una carriera davvero incredibile. Sai cosa hai raggiunto. So cosa hai fatto e io so e tu sai che è stato semplicemente incredibile“. E dal mondo dello sport, sono arrivati i complimenti anche di LeBron James, star del basket.
#SerenaWilliams THANK YOU 🐐!! You’re so damn DOPE!! 👏🏾👏🏾👏🏾🙌🏾🙌🏾🤎 https://t.co/5tSbzz7UHw
— LeBron James (@KingJames) September 3, 2022