Dalla Bologna rossa e fetale, come dice Francesco Guccini, al Veneto, un tempo feudo della Balena Bianca, ovvero la Democrazia cristiana: come è cambiato e come sarà il voto in Italia alle elezioni del 25 settembre.
Sono ancora pochi i seggi contendibili, a quanto si intuisce, e ad aver perso terreno sono soprattutto la Lega e il MoVimento 5 stelle che avevano vinto, invece, rispettivamente nelle consultazioni europee del 2019 e quelle politiche del 2018.
Elezioni 25 settembre, le roccaforti del Pd sono nelle città, quelle della Lega in Veneto
La nascita della Seconda Repubblica ha mischiato di tanto le carte in tavola in politica (e dove se no?). Quelli in che un tempo erano feudi della Democrazia cristiana si sono trasformati nel corso degli anni in territori contendibili o, molto più spesso, di un colore diverso dal bianco, quasi tendente al verde. Quelli rossi, invece, nonostante non ci siano più né Enrico Berlinguer, né il Partito comunista, sono rimasti in parte delle roccaforti del Partito democratico. Ma qualcosa, ora, sembra essere cambiata.
Iniziando proprio dai dem: dal Veneto meridionale, quindi dalla provincia di Rovigo, fino alla Toscana meridionale, ovvero la provincia di Grossetto, c’erano le regione rosse: l’Emilia-Romagna, soprattutto, ma anche la stessa Toscana. Quei feudi rimangono tali, ha spiegato Giuditta Pini, parlamentare uscente in quota Pd ed ex segretaria provinciale della sezione giovanile a Modena, perché “con il tempo si è creato un sistema imprenditoriale, sociale e amministrativo che è sempre stato gestito dai partiti di centrosinistra” che hanno creato un senso di comunità.
Ma non è del tutto vero, perché Ferrara, per esempio, è passata anche in mano all’estrema destra. Di base è rimasto un attaccamento solo perché le amministrazioni locali hanno lavorato bene.
Tra le roccaforti del partito di Enrico Letta ci sono sicuramente le grandi città del Nord e del centro come Milano, Roma, Torino e Napoli (e Firenze e Bologna, chiaro), tutte in pratica tranne Genova: le loro posizioni progressiste si sposano bene con le idee del Pd.
Alla destra, però, rimane (quasi) tutto il resto: del Nord, appunto, si devono escludere solo le città, ma anche nel Centro-sud, specie sotto la capitale, sia Fratelli d’Italia, sia la Lega, sia Forza Italia sono territori quasi inespugnabili. Tra i collegi più a destra, ci sono Cassino-Terracina, nel basso Lazio, Castelfranco Veneto in provincia di Treviso e Villafranca di Verona.
I primi sono più vicini ai tre leader per ragioni storiche: Latina, così come Sabaudia, sono creazioni di Benito Mussolini e prima il Movimento Sociale Italiano, poi il partito di Giorgia Meloni – in alcune consultazione persino CasaPound – la hanno fatto da padrone, e probabilmente così si sarà anche all’indomani del 25 settembre. E la stessa vale per Frosinone e provincia.
Diverso è per il Nord tutto, in cui l’innamoramento per la destra è legato più ai settori produttivi dell’economia italiana e quindi ai politici che sono più sensibili a quelle determinate istanze che altro. Silvio Berlusconi va più forte in Lombardia, per esempio, ma anche la Lega si difende bene.
Il Carroccio, però, vinceva sicuramente in Veneto che esprime sia il presidente della Regione, Luca Zaia, sia diversi sindaci – ma non quelli delle grandi città. La situazione ora è leggermente cambiata perché Meloni potrebbe rubare molti voti ai due schieramenti, non pregiudicando il risultato per la coalizione. In Piemonte, presumibilmente succederà la stessa cosa.
Elezioni 25 settembre, il MoVimento 5 stelle perde un po’ di terreno nel profondo Sud
La passione per quella che potrebbe diventare la prima presidente del Consiglio donna della storia d’Italia potrebbe cambiare lo stato delle cose anche nel profondo Sud, specie in Puglia, Basilicata e Calabria che nelle elezioni del 4 marzo 2018 avevano fatto guadagnare oltre il 40% dei voti al MoVimento 5 stelle.
Il partito di Giuseppe Conte va ancora forte in quelle zone rispetto alle altre, ma i consensi di quasi cinque anni fa si sono sgretolati e al massimo potrebbero arrivare delle vittorie di misura, se non addirittura dei pareggi o delle sconfitte – ma non saranno sonore.