Se c’è una cosa certa nella guerra tra Russia e Ucraina è il rimpallo di colpe che va avanti da mesi e non finisce di condizionare un conflitto sempre più complicato da decifrare, dal terrore e l’invasione del Cremlino alla controffensiva lanciata dagli uomini di Volodymyr Zelensky. L’ultimo annuncio di Vladimir Putin ha sorpreso i più, ma va inserito in un contesto ben preciso.
Dall’inizio di settembre, la guerra tra Russia e Ucraina è entrata in una nuova fase decisiva e drammaticamente difficile da decifrare. Il Cremlino, da invasore, è finito spalle al muro in diversi territori, accusando la controffensiva di Zelensky che è riuscito ad appropriarsi nuovamente di zone perse nella prima fase del conflitto iniziato il 24 febbraio. Ora Vladimir Putin ha annunciato chiaramente che vuole la guerra finisca presto, accusando delle lungaggini del conflitto proprio l’Ucraina. In realtà, erano state diverse voci politiche arrivate dai massimi organismi russi a bollare i negoziati come impossibili.
Putin è tornato a parlare della fine della guerra, ma non è così semplice
Basti pensare alla centrale di Zaporizhzhia, ai crimini di guerra e ce ne sarebbero a decine di esempi da fare sul conflitto tra Russia e Ucraina. Una delle caratteristiche principali del conflitto in atto a est è il continuo rimpallo di colpe, diretta conseguenza – siamo sinceri – delle bugie e della propaganda messa in piedi dal Cremlino.
Una strategia ben precisa e che potrà anche funzionare tra i confini nazionali, ma difficilmente è lo stesso se l’ambito è più largo e riguarda la controparte. Comunque, dopo che negli scorsi sia ministri russi che ucraini avevano etichettato i negoziati come impossibili, Putin ha invece aperto a un possibile accordo tra le parti.
Il leader del Cremlino, dopo l’incontro con l’omologo indiano, Narendra Modi nel vertice Sco a Samarcanda in cui ha visto anche Xi Jinping, ha detto senza mezzi termini: “La Russia farà di tutto per concludere il conflitto con l’Ucraina il prima possibile, ma Kiev rifiuta i negoziati“. Parole che, per esser chiari, vanno prese con le pinze, anche perché le eventuale trattative avrebbero potuto sfruttare la scia degli accordi sul grano siglati il 22 luglio e la trilaterale di Leopoli tra Zelensky, Guterres ed Erdogan che avrebbe potuto tracciare una road map, una base che avrebbe condotto direttamente a un faccia a faccia tra Putin e il numero uno ucraino. Niente di tutto ciò è mai successo.
Ad ogni modo, il presidente della Russia ha riconosciuto anche le preoccupazioni dell’India per guerra con l’Ucraina: “So della posizione dell’India sul conflitto in Ucraina, le preoccupazioni che esponi con costanza“. E ha ribadito: “Faremo di tutto per garantire che finisca il prima possibile. Sfortunatamente, Kiev ha annunciato che vuole raggiungere i suoi obiettivi con mezzi militari, sul campo di battaglia“. E quindi addio alla via diplomatica per Zelensky, almeno secondo quanto dice Putin.
Dall’Italia agli Stati Uniti: le sanzioni alla Russia e lo stato della guerra
Un messaggio arrivato chiaro e forte arrivato dal vertice Sco possiamo dirlo con certezza: anche quelli che possono essere considerati gli alleati di Putin vogliono la fine della guerra. Ma non solo loro. Infatti, anche Erdogan ha invocato al più presto la fine delle ostilità, sempre in occasione dell’incontro della Sco a Samarcanda. Per la riunione dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai, il presidente turco ha detto: “Stiamo facendo tutti gli sforzi per far terminare il conflitto tra Russia e Ucraina con la diplomazia“. Sforzi che, però, fino a questo momento, non hanno portato il risultato sperato.
E comunque che sia proprio Putin a invocare la fine della guerra al più presto fa strano. Sì, perché proprio nelle ultime ore, da Mosca avevano fatto sapere che, nel caso in cui l’Ucraina avesse colpito città russi con i missili a lunga gittata (il loro raggio d’azione arriva fino a 300 km), gli Stati Uniti, che riforniscono Zelensky proprio con quel tipo di artiglieria, sarebbero entrati direttamente nel conflitto militare. Insomma, altro che fine, la guerra allargherebbe irrimediabilmente i suoi confini.
Sull’argomento comunque è arrivata la risposta chiara e netta da parte proprio degli Stati Uniti. La Casa Bianca, infatti, ha fatto sapere che negli aiuti per l’Ucraina non sono stati inviati anche i sistemi missilistici a lungo raggio che avevano richiesto. A riportare pubblicamente la notizia sono state fonti dell’amministrazione alla Cnn. Washington, infatti, ha ritenuto opportuno desistere dato che l’invio di questi sistemi sarebbe direttamente collegato a grossi rischi di un’ulteriore escalation della guerra, dato che garantirebbero a Kiev la possibilità di colpire il territorio russo. Invece, come fanno sapere, le armi fornite fino a ora dagli Stati Uniti all’Ucraina arrivano a una portata massima di 78 km.
Un’altra voce importante è arrivata anche dall’Italia ed è quella di Mario Draghi, che si è posto come uno dei sostenitori massimi dell’Ucraina dopo l’invasione della Russia. In una conferenza stampa dopo il Consiglio dei ministri con cui è stato approvato di decreto Aiuti ter, il premier ha parlato anche della guerra a est e supportando ancora una volta le sanzioni comminate dall’occidente a Putin: “Le sanzioni alla Russia funzionano, bisogna capirlo. La propaganda del Cremlino prova a dire il contrario, ma la realtà è che alcune non funzionano, altre funzionano poco, ma altre ancora funzionano moltissimo“. E poi conclude con parole logiche e chiare: “Non si spiegherebbero, se non fosse così, alcuni comportamenti recenti di Putin. Quindi dobbiamo andare avanti e dobbiamo continuare a sostenere l’Ucraina fino a quando proseguirà questa guerra di liberazione“.