Il Parlamento europeo ha approvato un rapporto in cui ritiene che l’Ungheria, uno dei 27 Stati membri, non sia una democrazia. A votare contro, nella plenaria di Strasburgo, anche i partiti di Fratelli d’Italia e Lega, mentre Forza Italia di Silvio Berlusconi era a favore.
Oltre a quello che può comportare a livello europeo per Viktor Orban l’approvazione del rapporto, la decisione potrebbe avere ripercussioni anche in casa nostra. Il Cavaliere, infatti, ha avvertito i suoi due alleati, Giorgia Meloni e Matteo Salvini, che se il governo non si ispirerà a principi liberali, cristiani, europei e atlantisti il suo partito se ne chiamerà fuori. Gli attacchi per i due leader del centrodestra sono arrivati anche dal MoVimento 5 stelle e dal Partito democratico, e quella che potrebbe essere la prima presidentessa del Consiglio donna della storia d’Italia ha difeso la scelta di votare contro dicendo che “l’Ungheria è un sistema democratico“.
Il Parlamento europeo vota contro l’Ungheria, e il centrodestra (italiano) si spacca
Con 433 voti favorevoli, 123 contrari e 28 astensioni, il Parlamento europeo, riunito ieri a Strasburgo, ha approvato un rapporto in cui si ritiene che l’Ungheria di Viktor Orban non possa più essere considerata una democrazia, ma un'”autocrazia elettorale“.
Con questo voto gli eurodeputati hanno voluto lanciare un monito a Commissione e Consiglio, chiedendo che l‘erogazione dei fondi per la ripresa a Budapest sia sospesa “finché il Paese non si allineerà alle raccomandazioni dell’Ue e alle decisioni della giustizia comunitaria“. Per l’Aula “ogni ritardo nella procedura legata all’articolo 7 equivarrebbe ad una violazione dello Stato di diritto da parte del Consiglio“.
Le principali preoccupazioni riguardano l’indipendenza della magistratura, la corruzione, i conflitti di interesse, la libertà di espressione e il pluralismo dei media, la libertà accademica, quella religiosa, la libertà di associazione, l’uguaglianza di trattamento, inclusi i diritti delle persone Lgbtqi+, i diritti dei minori, dei migranti e dei richiedenti asilo, del funzionamento del sistema elettorale e costituzionale.
Da parte sua, Orban prima ha ritenuto un insulto l’approvazione del rapporto, poi ha cercato una via di fuga. Come l’Italia, anche l’Ungheria ha bisogno dei soldi del Recovery Fund, per questo già da lunedì presenterà un pacchetto di riforme per convincere Bruxelles a non attuare ulteriori decisioni drastiche. Ma, chiaramente, non è detta l’ultima parola, anche perché da Strasburgo ritengono che le misure siano imbellettate solo per avere soldi. La partita, insomma, è aperta.
Come è aperta, ancora, nel centrodestra italiano, che ieri si è spaccato nel voto sul Paese danubiano. Tra quei 123 contrari al rapporto, infatti, c’erano anche gli eurodeputati di Lega e Fratelli d’Italia, iscritti rispettivamente ai partiti di Identità e Democrazia e ai Conservatori Riformisti Europei, ma non c’erano quelli di Forza Italia, che fanno parte del Partito popolare europeo.
La scelta di andare “assieme all’Ungheria” non è piaciuta, oltre che ai rivali di centrosinistra, con il Partito democratico in testa, e al MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte, neanche a Silvio Berlusconi.
Rimasto fuori nelle schermaglie di Giorgia Meloni e Matteo Salvini per quanto riguarda lo scostamento di bilancio – anche se Antonio Tajani, coordinatore del partito e suo braccio destro ha sempre dichiarato di essere contrario, esattamente come la leader di FdI -, il Cavaliere ora è piuttosto irritato e non intende scendere a patti.
Il governo che arriverà al domani delle elezioni, se dovesse vincere il centrodestra unito chiaro, dovrà essere “liberale, cristiano, europeista e atlantista“, ha detto. “Se questi signori, i nostri alleati, di cui ho fiducia e rispetto, dovessero partire per direzioni opposte noi non ci staremmo“, ha anche sussurrato dalla sua villa di Arcore. E quindi la parola passa proprio ai due leader.
Ungheria non democratica, Meloni difende Orban: “Ha vinto le elezioni”
E di segno opposto sono state anche le dichiarazioni pubbliche di Salvini e Meloni. Il numero uno del Carroccio ha preferito evitare di commentare il voto contrario dei suoi perché, ha detto a Napoli, lui si occupa di Italia e di “salvare i posti di lavoro in Italia. Lascio ad altri occuparsi di Ungheria, Turchia, Russia o Cina. Io sono pagato dagli italiani per risolvere i problemi degli italiani“.
Dalla Lega, però, Massimiliano Fedriga, governatore del Friuli Venezia Giulia, ha spiegato come “molti Paesi europei hanno la tendenza a voler confinare l’Ungheria, estremizzarla e raccontare una storia molto diversa da quella che è. È un Paese in cui si svolgono elezioni democratiche. Voler raccontare storie diverse, ho paura che ci si allontani dalla realtà“.
Fratelli d’Italia, prima, è entrata nel merito del rapporto, che dovrebbe essere basato sull'”obiettività, l’uso di criteri chiari e la stretta aderenza ai fatti, ma ciò ancora una volta non è accaduto. Si tratta – hanno scritto in una nota – dell’ennesimo attacco politico nei confronti del legittimo governo ungherese, in una fase difficile per l’Europa nella quale a tutti i livelli si dovrebbe perseguire la strada dell’unità e non quella della polarizzazione per motivi ideologici“. Poi Meloni ha ricalcato le parole del leghista friulano.
Secondo quella che si candida a diventare la prima presidentessa del Consiglio donna della storia d’Italia, “il documento votato a Strasburgo è molto politico. Forse non ci siamo resi conto della situazione in cui ci troviamo. C’è un conflitto, la scelta intelligente sarebbe avvicinare le nazioni europee piuttosto che allontanarle. Non possiamo regalare alleati ai nostri avversari“, ha detto a Radio anch’io. Insomma, secondo lei, chiedere che l’Ungheria non possa accedere alle risorse messe a disposizione dell’Unione europea è quasi un pretesto, perché ci sono “una serie di materie risolte da tempo“, ma soprattutto perché bisogna agire con discrezionalità, quindi non “dire quanto mi fa simpatia e antipatia il governo di quella nazione, perché poi diventa difficile per tutti“.
Per Meloni “Orban ha vinto le elezioni, più volte anche con ampio margine, con tutto il resto dell’arco costituzionale schierato contro di lui, è un sistema democratico. Dopodiché, i modelli dell’est sono diversi dal nostro? Sì. E questo perché fino agli anni ‘90 li abbiamo abbandonati sotto il giogo sovietico, ora dovremmo dargli una mano“, ha concluso.