Il reddito di cittadinanza, misura introdotta dal primo governo di Giuseppe Conte, viene difeso solo dal MoVimento 5 stelle e dal suo presidente, appunto, viene attaccato soprattutto da Matteo Renzi, leader di Italia Viva e candidato del terzo polo. Ma il sostegno economico è diventato solo un pretesto tra i due per uno scontro.
Perché Conte ha detto a Renzi di andare a parlare del reddito di cittadinanza senza scorta e l’ex premier ha risposto che ha utilizzato un linguaggio mafioso, dimostrazione che le parole non gli sono piaciute così tanto. È arrivata anche la controreplica dell’Avvocato del popolo che ha spiegato cosa effettivamente volesse dire e ha accusato il leader di Italia Viva di aver preso dei soldi dagli arabi. Insomma, clima rovente a una settimana dalle elezioni del 25 settembre per il rinnovo del Parlamento in cui Matteo Salvini, numero uno della Lega, non ha nascosto il suo risentimento per quanto detto da Mario Draghi nella conferenza stampa di venerdì per presentare il decreto Aiuti ter.
Elezioni 25 settembre, tra Conte e Renzi è scontro sul reddito di cittadinanza, ma non solo
Che tra Giuseppe Conte e Matteo Renzi non scorresse buon sangue non è una novità dell’ultima ora. Il rapporto tra i due ex presidente del Consiglio, rispettivamente numero uno del MoVimento 5 stelle e di Italia Viva, non è mai decollato, e siamo (quasi) certi che non lo farà mai.
Ci sono cose che i due leader non si perdoneranno mai – una a caso? La responsabilità oggettiva dell’ex sindaco di Firenze nella caduta del secondo esecutivo guidato dall’avvocato di Volturara Appula che ha portato, poi, Mario Draghi a Palazzo Chigi – e va a tutti bene così. Più o meno.
Perché da queste antiche ruggini, nonostante due governi insieme (quasi sempre agli antipodi), scaturiscono di tanto in tanto dei battibecchi che, in campagna elettorale, diventano dei veri e propri scontri all’ultimo sangue. L’ultimo round del lunghissimo botta e risposta è arrivato ieri, e il pretesto è stato, neanche a dirlo, il reddito di cittadinanza.
Dalla Sicilia, infatti, il presidente pentastellato ha invitato Renzi ad andare a parlare della misura di contrasto alla povertà “senza scorta“. “Parla di vergogna per il reddito di cittadinanza ma se parla di vergogna lui che da senatore prende 500 euro al giorno…non scherziamo. Non si vergogna lui che si è fatto pagare dagli arabi e ha fatto una marchetta sul rinascimento saudita…“, ha detto da Palermo prima di lanciare l’affondo: “Venga senza scorta a parlare con i cittadini ed esporre le sue idee. Dica che in Italia non serve un sistema di protezione sociale. Venga a dirlo e non si nasconda“.
Parole che non sono piaciute (è un eufemismo) al diretto interessato che prima ha accusato Conte del fatto che “siamo in una fase in cui avremmo dovuto fare tutto tranne che una campagna elettorale e ci siamo perché Conte ha pensato che se si andava voto ora, salvava la pelle e sta facendo una campagna non solo populista ma clientelare sul reddito di cittadinanza“, poi ha risposto nel merito.
“Ti devi vergognare Giuseppe Conte pensando che qualcuno possa picchiarmi. È incredibile questo modo di fare che inneggia alla violenza, Conte sei un mezzo uomo, abbi il coraggio di fare un confronto civile, questo è un linguaggio da mafioso della politica“.
Giuseppe Conte ha detto che io devo parlare di reddito di cittadinanza “senza scorta” istigando alla violenza fisica contro di me, dopo aver evocato “la guerra civile”. Invito Conte a un confronto serio in TV sui navigator. Ma che vergogna evocare la violenza e fare minacce
— Matteo Renzi (@matteorenzi) September 17, 2022
Non solo, Renzi ha anche parlato di un Conte che “istiga alla violenza e all’odio verbale” e ha ricordato che lui ha “decine di minacce di morte sul telefono da persone che dicono ‘ci vediamo domani a Palermo’. Se in piazza succede qualcosa io considero responsabile morale e mandante il signor Giuseppe Conte, c’è una deriva trumpiana di Conte, evoca Capitol Hill“. L’ex premier fiorentino ha anche detto di aver dovuto chiamare la ministra dell’Interno, Luciana Lamorgese, per chiedere particolare attenzione durante il comizio che terrà a Palermo proprio oggi.
Da Agrigento, ancora, è arrivata la replica del numero uno dei Cinque stelle che ha ribadito quanto detto nella sua precedente tappa elettorale, salvo precisare che “l’unica vera minaccia è quella che Renzi rivolge ogni giorno verso chi è in gravi difficoltà economiche e non arriva neppure a metà mese“. Per lui, il confronto non è un invito alla violenza, a cui si dice contrario.
Elezioni 25 settembre, Salvini è irritato dalle parole di Draghi in conferenza stampa
Tra chi non ha digerito determinate parole, anche se pronunciate da altre bocche, c’è anche Matteo Salvini. Il leader della Lega, infatti, mai esplicitamente nominato dal premier Draghi è stato oggetto di alcune sue critiche nella conferenza stampa di presentazione del decreto Aiuti ter di venerdì.
L’ex presidente della Banca centrale europea ha criticato chi “vuole togliere le sanzioni e parla tutti i giorni di nascosto con i russi“, un evidente riferimento al Capitano, richiamato probabilmente anche quando ha detto “nemici esterni, coi loro pupazzi prezzolati” a cui Salvini ha risposto che il capo dell’esecutivo “oltre che parlare di pupazzi, spero che trovi il tempo per trovare altri soldi per aiutare gli italiani a pagare le bollette perché non so se ha capito l’emergenza nazionale a cui stiamo andando incontro“.
Ma il risentimento dell’ex ministro degli Interni si notava anche nel momento in cui, a domanda diretta sul fatto che avesse ascoltato la conferenza stampa di Draghi ha detto che non aveva avuto tempo di farlo: “Penso sia legittimo non farlo, almeno non c’è ancora un articolo costituzionale che lo impone“, ha liquidato la questione.
Insomma, la campagna elettorale che oggi, per la Lega, va in scena nella roccaforte di Pontida, è talmente infiammata che è un tutto contro tutti costante e continuo. Anche tra chi non ha nessuna intenzione di scendere in campo, anzi ha proprio alzato le mani per un secondo mandato come inquilino di Palazzo Chigi, e lo ha fatto esattamente nello stesso momento in cui ha lanciato bordate, non risparmiando (quasi) nessuno.