Recep Tayyip Erdogan ha dato un importante annuncio sulla guerra tra Russia e Ucraina e l’ha fatto dopo gli incontri del recente passato con entrambe le parti in causa. Nel vivo della controffensiva ucraina, Vladimir Putin accelera con i referendum di Lugansk e nel Donbass, mentre il portavoce Dmitri Peskov allontana l’ipotesi diplomatica per far terminare le ostilità.
L’incubo senza fine, quello della guerra, continua ma con tante importanti novità che hanno scandito la giornata di oggi e che non sono affatto banali da riferirvi. Vi raccontiamo da giorni che il conflitto è entrato ormai nella sua terza fase, quella in cui l’Ucraina ha smesso di resistere e ha iniziato a contrattaccare. Dai primi inizi di settembre, la guerra ha assunto sembianze completamente diverse e ora Vladimir Putin sta studiando e mettendo in atto nuove vie d’uscita, attraverso messaggi di pace che sembrano tremendamente lontani dalla realtà, ma anche tramite la via dei referendum per annettere diversi territori alla Federazione russa. Nelle ultime ore, a tal proposito, è arrivata anche la reazione di Kiev.
L’ondata di referendum alla Federazione russa e la controffensiva dell’Ucraina
È una guerra che ruota su diversi piani, quella tra Russia e Ucraina, e ormai considerare solo quello militare è parecchio riduttivo per valutare tutti gli aspetti in cui potrebbero evolvere le cose.
Partiamo dalla fine e, quindi, dalle ultime decisioni prese e che potrebbero cambiare totalmente il quadro complessivo. Nonostante la propaganda, i messaggi rassicuranti, la tranquillità e l’ottimismo palesati da Vladimir Putin, la Russia è in un momento di sofferenza e non solo per la controffensiva dell’Ucraina che sta dando sempre più frutti, ma anche per le sanzioni dell’occidente che costringono il leader russo a divincolarsi tra i carboni ardenti. Per questo non può più restare dietro la scrivania a valutare esiti e conseguenze della guerra, ma gli tocca agire e senza troppa calma.
Probabilmente anche per questo, i filorussi che amministrano il territorio di Kherson hanno lanciato un referendum per l’annessione della regione nella Federazione Russa. Vladimir Saldo ha fatto trapelare l’ultima grossa notizia, che è stata subito ripresa e raccontata da Ria Novosti. È evidente che la scelta, che potremmo definire improvvisa, è arrivata con l’avanzata sempre più importante degli ucraini che hanno già riconquistato Kharkiv e sono tornati a controllare un villaggio a Lugansk. Non sembrerà molto, ma è la curva ormai definita di un ribaltone che Zelensky sta portando avanti con le sue truppe e con una strategia militare sempre più proficua di fronte ai fallimenti e alle perdite russe. Comunque il referendum a Kherson non ha ancora una data ben definita, a differenza di quello a Lugansk, dove l’accelerazione del Cremlino è stata ancora più decisa.
Infatti, il voto stabilito dai filorussi per l’annessione della Repubblica di Lugansk si svolgerà nell’arco temporale che va dal 23 al 27 settembre, e c’è già stato l’annuncio da parte del vice-presidente Dmitry Khoroshilov, quindi possiamo già parlare di notizie ufficiali, anche perché il Parlamento ha approvato all’unanimità la legge che ha permesso di indire il referendum.
Quella dei referendum si sta imponendo come una vera e propria strategia per consolidare le posizioni a forte rischio nell’est dell’Ucraina. E, a tal proposito, si è espresso anche il vicepresidente del Consiglio di sicurezza del Cremlino, Dmitri Medvedev, voce importante per la Russia fin dall’inizio della guerra. È stato lui a confermare via Telegram l’importanza per gli invasori di questo referendum e anche il fatto che riguardino tutto il Donbass, zona a est che da diversi mesi è motivo del contendere, o almeno quello principale. Medvedev ha parlato addirittura di “ripristino di giustizia storica”.
Secondo il vicepresidente, inoltre, i referendum sono molto temuti dall’Occidente e dall’Ucraina e devono essere confermati. Il discorso comunque è complesso e si inserisce in una strategia geopolitica ben precisa da parte della Russia. Medvedev ha detto chiaramente che “i referendum cambierebbero del tutto il vettore dello sviluppo della Russia per i prossimi anni” e che è l’unico modo per far sì i mutamenti geopolitici siano “irreversibili”. Insomma, un modo per aver successo in quello che si sta configurando come un fallimento militare inatteso, ma che comunque muterebbe completamente il quadro politico a est e non solo. Tanto che Medvedev sottolinea: “Nessun futuro leader della Russia, nessun funzionario potrà annullare queste decisioni”.
L’Ucraina, ovviamente, non può restare a guardare in un quadro del genere, anzi è pronta a far sentire la sua voce in tutti i modi possibili. E l’ha fatto innanzitutto tramite il capo dell’Ufficio di Volodymyr Zelensky, Andriy Yermak. È stato lui, infatti, attraverso Telegram, a bollare i referendum paventati nelle Repubbliche separatiste filorusse come “ricatti ingenui”, praticamente delle semplici minacce rivolte al cuore di Kiev e che sarebbero solo il frutto dell’ombra della sconfitta nella guerra voluta dai russi e resa realtà dall’invasione partita il 24 febbraio. Yermak, inoltre, ha accusato ancora una volta gli avversari per gli attacchi sui civili, che si sono intensificati proprio negli ultimi giorni, quando la controffensiva degli assaliti è entrata nel vivo: “Sanno combattere solo contro bambini e persone pacifiche”. Ha parlato poi di “manipolazione primitiva”, chiudendo con un’importante minaccia di risposta a quelle diplomatiche della Russia: “Il problema Russia verrà risolto dall’Ucraina e può essere fatto solo con la forza”.
Erdogan toglie il velo dalle intenzioni di Putin, ma la pace diplomatica ora è impossibile
Il presidente della Turchia, Recep Tayyip Erdogan, non può essere e non sarà mai personalità banale all’interno della guerra tra Russia e Ucraina. Innanzitutto perché, fin dall’inizio, si è posto come tramite tra le due forze politiche e militari per poi far pendere il bilancino verso l’Ucraina. E poi per gli incontri che si sono susseguiti negli ultimi mesi. Si pensi all’incontro con Antonio Guterres e Volodymyr Zelensky a Leopoli o ancor prima all’accordo per il grano che ha permesso all’Ucraina di riprendere l’export con l’ok di Putin, dal 22 luglio.
Oggi Erdogan è tornato a fornire le sue impressioni a voce di microfono e non possono essere sottovalutate. Il numero uno turco, infatti, ha visto Putin a Samarcanda per il vertice dell’Organizzazione per la cooperazione di Shanghai (Sco). E oggi ha offerto un resoconto fondamentale, in occasione di un’intervista alla tv Pbs, e parliamo di un’emittente americana. Le parole del leader turco sono chiarissime: “Ho l’impressione che Putin voglia porre fine alla guerra”. Poi, però, ha pronunciato dichiarazioni che non saranno piaciute al suo omologo russo, ribadendo la necessità di restituire all’Ucraina tutte le terre oggetto dell’invasione e anche la Crimea, sotto il controllo del Cremlino dal 2014. Che poi sono le stesse richieste che sono arrivate in diverse occasioni da Kiev per negoziare. Ancora, Erdogan ha ribadito: “Mi sta dimostrando che è pronto a far terminare questa situazione il prima possibile”.
Sicuramente ciò che ha fatto in modo che la posizione di Putin cambiasse in maniera così repentina è l’evoluzione militare della guerra, tanto che le ultime novità sul campo sono state definite da Erdogan come “problematiche” per la Russia. Pensate, infatti, che solo nell’ultima settimana, l’Ucraina è riuscita a riconquistare oltre duemila chilometri quadrati di terra ai danni della Russia. E, anche se il Cremlino snobba questi fatti e pone il mirino sul Donbass, si tratta comunque di zone importanti nella mappa geopolitica del conflitto.
Un altro punto su cui bisogna concentrarsi nel discorso di Erdogan è costituito dal fatto che Putin è pronto a diverse altre azioni distensive verso Zelensky per arrivare a un punto risolutivo. O almeno questo è quello che ha promesso il leader russo al suo omologo turco. Potrebbe finalmente verificarsi, ad esempio, lo scambio di 200 prigionieri, dopo un apposito accordo tra le due parti. Da Ankara arriva, infine, un altro messaggio importante che punta alla pace tra le due forze in guerra.
L’obiettivo della Turchia resta, infatti, quello di porsi come mediatrice principale tra le parti, tanto che, dopo il vertice di Leopoli, sia Erdogan che Guterres (Nazioni Unite) si erano detti disponibili a fare da tramite per poi tracciare una road map per la pace che avrebbe portato a un incontro diretto tra Putin e Zelensky. Il leader turco chiude il suo intervento televisivo con un messaggio votato alla fine delle ostilità: “Le persone stanno morendo e così non può vincere nessuno”.
Il discorso di Erdogan comunque è destinato a sfumare in un nulla di fatto, almeno per il momento. Infatti, Dmitri Peskov, autorità di cui vi rendiamo conto spesso dalla Russia e perché si tratta del portavoce del Cremlino, ha detto chiaramente che una risoluzione politica e diplomatica al conflitto al momento non pare all’orizzonte. Le sue parole esatte sono state: “Simili prospettive in questo momento non sono in vista”.