Sono stati assolti dal tribunale di Torino i due radiologi accusati di omicidio colposo per la morte di Marisa Amato, rimasta tetraplegica per 19 mesi. Tutto ebbe inizio a causa del terribile incidente del 3 giugno 2017. Quella sera anche un’altra persona insieme a lei perse la vita e più di 1600 persone rimasero ferite.
Quello che accadde il 3 giugno del 2017 è rimasto impresso nella mente di tantissime persone. Durante la finale di Champions League, Piazza San Carlo – in cui era stato montato un maxischermo – un gruppo di rapinatori spruzzò uno spray urticante sulla folla. Quella sera più di 1600 persone rimasero ferite e, a causa dei danni fisici riportati, altre due persero la vita. Una di queste era proprio Marisa Amato, rimasta tetraplegica per 19 mesi.
Assolti i medici accusati dell’omicidio di Marisa Amato
Assolti dal tribunale di Torino i medici accusati di omicidio colposo per la morte di Marisa Amato. Della vicenda si è parlato tantissimo per mesi e mesi ed oggi pare che si sia messo un punto.
Tutto ebbe inizio il 3 giugno 2017 precisamente: era il giorno della finale di Champions League e quella sera per l’occasione a Piazza San Carlo era stato montato un maxischermo per proiettare la partita Juventus – Real Madrid.
La portata dell’evento era davvero notevole: circa 40.000 persone erano accorse per poter guardare la partita. Ma a preoccupare le forze dell’ordine non era tanto questo in sé, quanto il fatto che proprio in quel periodo si erano verificati diversi attacchi terroristici, tutti con lo stesso modus operandi: camioncini si lanciavano sulla folla durante grandi eventi.
Gli organizzatori quella sera quindi si erano allarmati per via di questi antefatti, ma mai avrebbero potuto prevedere quello che di fatto successe. Un gruppo di rapinatori, approfittando della moltitudine di gente, per sottrarre quanti più oggetti di valore – come gioielli, portafogli e così via – iniziò a spruzzare uno spray urticante sulla folla.
Il problema era questo: tutte le vie d’uscita erano chiuse, quindi le persone non sapevano come scappare.
Alla fine ben 1672 rimasero ferite. Molti dei presenti, infatti, caddero su cocci di vetro che erano sparsi a terra dappertutto. E questo fu un altro problema, dal momento che era severamente vietato quella sera vendere bibite, ma c’era venditori abusivi un po’ ovunque nella zona.
E non finì qui, perché due persone persero la vita. Una morì dopo 12 giorni di agonia e l’altra dopo ben 19 mesi in cui era comunque rimasta tetraplegica. Quest’ultima era Marisa Amato, del cui caso ha parlato tutta l’Italia.
Le accuse ai radiologi
Marisa Amato all’epoca dell’incidente aveva circa 65 anni e abitava a Beinasco. La sera del 3 giugno 2017 si trovò proprio in Piazza San Carlo, il luogo in cui si verificò l’incidente in seguito al quale perse la vita. Il decesso è avvenuto il 25 gennaio del 2019, ma la donna durante gli ultimi 19 mesi della sua vita era rimasta tetraplegica.
La sua vicenda fu abbastanza intricata: due medici radiologi, in seguito alla sua morte, vennero accusati di omicidio colposo, dal momento che non si sarebbero accorti di una microfrattura al rachide cervicale che portò la donna alla tetraplegia.
I medici in questione sono Augusto Russo, radiologo di guardia all’ospedale Molinette, e Andrea Rusciano, in servizio al Maria Vittoria, che però solo di recente sono stati assolti.
Secondo il giudice, infatti, “il fatto non costituisce reato”. In sostanza il problema fu questo quella terribile sera: immediatamente tutti in ospedale attivarono i protocolli di emergenza, ma la mole di lavoro era decisamente troppa e seguirli pedissequamente sarebbe stato impossibile.
Russo, nello specifico, si occupò di ben 63 persone nel giro di pochissime ore. Al contempo Amato, oberato allo stesso modo di lavoro, impiegò circa 45 minuti per poter guardare tutte le immagini della donna e si accorse che vi erano numerose fratture. La microlesione al rachide cervicale, però, era troppo difficile da rilevare. Ecco perché entrambi non se ne accorsero al momento, presi anche da mille cose da fare per salvare altre vite.
Come ha spiegato uno dei loro avvocati, Gianmaria Nicastro, a TorinoToday: “Questo è proprio il caso in cui l’errore c’è stato ma c’erano condizioni intrinseche alla patologia e ambientali per cui non c’era la possibilità di fare un rimprovero. La natura del processo penale in questo caso viene meno: non devi essere punito perché il principio dell’articolo 27 della Costituzione dice proprio questo, in questo caso sarebbe stata una responsabilità meramente oggettiva”.