Come sono andati i leader dei maggiori partiti da Vespa

Ieri, i leader dei maggiori partiti, ovvero Luigi Di Maio, Silvio Berlusconi, Giorgia Meloni, Giuseppe Conte, Carlo Calenda, Matteo Salvini ed Enrico Letta (nell’ordine in cui sono stati sorteggiati) hanno presentato parte del loro programma elettorale da Bruno Vespa, nello speciale per le elezioni di Porta a porta.

Vespa Letta
Bruno Vespa ed Enrico Letta – lettoquotidiano.it

Quello che doveva essere un confronto elettorale tra la presidente di Fratelli d’Italia e il segretario del Partito democratico, e per decisione dell’Agcom non è più stato, si è trasformato in un colloquio con il giornalista sui temi di attualità, con particolare riguardo per le posizioni da assumere con la Russia di Vladimir Putin, il caro energia, il reddito di cittadinanza, e altre misure bandiera delle coalizioni o dei singoli partiti.

Come sono andati i leader dei partiti da Vespa: da Di Maio a Meloni

Luigi Di Maio, il leader di Impegno Civico, nonché ministro degli Esteri ed ex capo politico del MoVimento 5 stelle, è stato il primo a esporre, a grandi linee, il programma del suo partito da Bruno Vespa. Collegato da Napoli e non presente in studio, si è presentato ai microfoni di Porta a porta con una giacca nera e una camicia bianca, risultando di fatto il più informale dei leader.

Spigliato, ma un po’ in ritardo (per via del collegamento, chiaro), Di Maio ha iniziato subito a parlare della collocazione dell’Italia nello scacchiere mondiale, ribadendo una posizione atlantista, e attaccando i suoi vecchi alleati e compagni di movimento, come Matteo Salvini e Giuseppe Conte. Per quanto riguarda il reddito di cittadinanza, di cui ha detto di essere il padre, si è detto favorevole a qualche aggiustamento ma, tutto sommato, ritiene la misura giusta, a differenza di Giorgia Meloni, che è stata oggetto di qualche bordata.

La soluzione del titolare della Farnesina sul caro energia è semplice (e ripetuta più volte): tetto al prezzo del gas, in primis, un decreto taglia bollette da finanziare non un scostamento di bilancio, ma con i fondi derivanti dagli extragettiti (che sono circa 13 miliardi di euro) e l’azzeramento dell’Iva su alcuni prodotti. Il numero uno di Impegno Civico ha dichiarato di essere contrario all’autonomia, che deve essere comunque preceduta da un meccanismo di livello minimo di prestazione.

Assolutamente a favore del governo di Mario Draghi, se arrivasse a Palazzo Chigi non vorrebbe “sfasciare i conti“, ma continuare sulla via del taglio del cuneo fiscale, introdurre un salario minimo, un salario equo e anche un equo compenso per le partite Iva. Di Maio vorrebbe anche incentivare le assunzioni a tempo indeterminato valorizzando le imprese che assumono, specialmente i giovani fino ai 40 anni, che potranno anche usufruire dei mutui Zac, ovvero zero anticipo casa.

Attento alle leggi sul clima, l’ex Cinque stelle ha un po’ tentennato (ed è stato salvato dal gong) sul nucleare. Tra le note un po’ stonate, sicuramente l’aver rinnegato sé stesso quando ha fatto l’appello al cosiddetto voto utile: per lui, non si devono votare partiti che non sono dentro grandi coalizioni, e quindi per arginare l’avanzata del centrodestra, si dovrebbe votare solo il centrosinistra.

È arrivato poi il turno del presidente di Forza Italia, Silvio Berlusconi. Dal suo studio e non da quello di Vespa, l’ex presidente del Consiglio forzista è stato sicuramente il leader più elegante: doppio petto blu con camicia azzurra, cravatta e spilla del partito, davanti un foglio.

L’intervento del Cavaliere, senza nulla togliere agli altri, è stato sicuramente il più memorabile e degno di nota, specie per lo scivolone sull’invasione dell’Ucraina da parte della Russia: ha detto, in estrema sintesi, che Vladimir Putin ha attaccato il Paese governato da Volodymyr Zelensky perché non c’erano persone perbene nei posti di potere, poi si è anche confuso su quale zona dovesse effettivamente difendere il Cremlino. Nonostante questo, ha dichiarato di essere favorevole alle sanzioni, all’invio di armi, ha ribadito la sua vicinanza ai valori atlantici, agli Stati Uniti e all’Unione europea.

Quest’ultima pensa debba essere riformata per quanto concerne il voto all’unanimità, sull’elezione diretta del presidente della Commissione, e soprattutto sulla politica estera: l’Ue dovrebbe averne una comune e dovrebbe dotarsi di un esercito, comune chiaro. Agli Usa, Berlusconi guarda anche per il presidenzialismo e l’autonomia dei singoli stati, in questo caso regioni. Ha detto che i suoi alleati di coalizione sono anche diventati suoi amici e che non ci saranno problemi una volta arrivati a governare insieme.

Sul piano economico, fiscale e del lavoro, l’ex premier ha parlato di decontribuzione per i nuovi assunti con i dipendenti che riceverebbero in busta paga quanto effettivamente costano all’azienda per due o tre anni. Ha ribadito l’importanza della flat tax, con aliquota iniziale al 23%, perché porterebbe a un aumento delle entrate dello Stato e farebbe emergere il Pil sommerso, e poi ha chiarito come vorrebbe l’innalzamento delle pensioni minime, da pagare, neanche a dirlo, con i soldi della flat tax. Berlusconi ha dimostrato di essere preparato – ha fatto un lungo excursus storico -, ma ha anche reso palese che il tempo passa per tutti.

La prima dei leader che si è presentata direttamente in studio è stata la presidente di Fratelli d’Italia, Meloni: occhi truccati di grigio, capelli sciolti, orecchini piuttosto vistosi hanno fatto da contraltare a un outfit sobrio e panna con giacca, maglietta e pantaloni. La prima cosa che farebbe, ha detto, una volta arrivata a Palazzo Chigi è trovare una soluzione al caro energia. Le uniche soluzioni, per lei, sono il price cap e il disaccoppiamento tra il gas e le altre fonti energetiche, quindi ha ribadito di essere contro lo scostamento di bilancio che creerebbe dei problemi alle future generazioni, quindi anche alla figlia.

Ha detto, ancora, di essere per il sostegno all’Ucraina e per l’atlantismo, ma ha vacillato sull’Ungheria, spiegando solo come non è d’accordo con Viktor Orban sulla politica estera, ma di fatto ponendosi in maniera opposta rispetto al Parlamento europeo sullo stato di diritto del Paese caucasico. Sul lavoro, ha detto di pensarla come Berlusconi, lanciando lo slogan “Più assumi, meno paghi“, non vuole il salario minimo e pensa che il reddito di cittadinanza debba essere riformulato per aiutare solo chi effettivamente non è in grado di lavorare e si trova in stato di povertà.

Meloni, anche lei molto preparata e piuttosto pacata rispetto a qualche anno fa, crede inoltre che alcuni aspetti del Piano nazionale di ripresa e resilienza debbano essere rivisti, specie perché sono cambiati i costi delle materie prime. Per lei non è un problema sedersi al tavolo con l’Ue per rivedere gli accordi. Come sempre, non ha perso occasione per attaccare Enrico Letta, ma non ha saputo rispondere sulla questione Ita, la vecchia Alitalia.

Conte, Calenda, Salvini e Letta: cosa c’è nei loro programmi elettorali

Conte, presidente del MoVimento 5 stelle, si è presentato in studio con un  completo blu, la camicia bianca, una cravatta e taschino. Ha iniziato il suo intervento spiegando i motivi per cui è contrario all’invio di armi all’Ucraina: secondo l’ex premier, infatti, ci vorrebbe una via d’uscita, un negoziato.

È sul reddito di cittadinanza, di cui anche lui si ritiene il padre, però, che si è scaldato di più. La misura che tutti vogliono riformulare, per Conte, va bene così come è sia perché i due terzi dei percettori sono inidonei al lavoro, sia perché vuole un potenziamento dei centri dell’impiego, sia, ancora, perché assumendo chi lo percepisce, ha spiegato, sono i datori di lavoro che lo prendono. L’Avvocato del popolo ha poi attaccato la destra e i presidenti di regione che stanno boicottando l’impalcatura del reddito per una questione ideologica e non politica.

Ha anche chiarito che non vuole che il suo movimento venga etichettato come “partito del Sud” perché lui ha parlato anche con la gente del Nord, specie sul fronte delle pensioni e del superbonus. Sul tema del lavoro, vorrebbe recuperare la filosofia del decreto dignità incentivando i contratti a tempo indeterminato, tagliare il cuneo fiscale, ridurre il tempo di lavoro a 35 ore settimanali. Nel suo quasi one man show, ha chiarito ancora di non voler riallacciare i rapporti con il Pd di Letta, ma le cose potrebbe cambiare se dai dem si evitasse di parlare di agenda Draghi.

Elegante e in studio anche Carlo Calenda, il leader di Azione e frontman del terzo polo. Con un completo nero, camicia bianca e cravatta rossa, l’ex candidato sindaco di Roma ha risposto subito a una domanda sul suo alleato, Matteo Renzi, dicendo che è riuscito a mettersi in secondo piano e che le cose tra di loro vanno bene. Lucido e preparato, anche lui, ha anche spiegato perché continuano a parlare dell’ex presidente della Banca centrale europea.

Vespa Draghi Calenda
Bruno Vespa, Mario Draghi e Carlo Calenda – lettoquotidiano.it

A differenza del Partito democratico, che ne sposa l’agenda, Calenda e Renzi vorrebbero ancora lui a Palazzo Chigi, motivo per cui se dovessero prendere almeno il 10% dei voti, togliendoli al centrodestra, la soluzione migliore, anche per Sergio Mattarella, sarebbe quella di continuare l’esperienza di un governo di unità nazionale con Draghi premier.

Sul programma, ha detto quali sono le priorità, ovvero spendere i soldi del Pnrr e del Mes sanitario finanziando soprattutto la sanità e le scuole. Ha ribadito, ancora una volta, di essere a favore dei rigassificatori, di voler porre un freno al caro bollette con uno scostamento di bilancio e poi delle misure che ci renderebbero autonomi dal punto di vista energetico. Ha detto di voler rispettare gli obblighi internazionali, quindi anche lui è per il sostegno all’Ucraina, l’invio di armi e le sanzioni per la Russia, e poi ha parlato dell’immigrazione clandestina, che vorrebbe combattere seguendo la linea già tracciata dal vecchio ministro degli Interni Marco Minniti. In particolare, Calenda, se fosse al governo, cercherebbe di ricalcare le scelte già compiute da altri governi dell’Occidente, come la Germania, operando una sorta di selezione tra i migranti, tra chi ha famiglia e ha quindi prospettive di scolarizzazione e immissione nel mercato del lavoro e chi no. Questo ovviamente, per quanto riguarda i cosiddetti “migranti economici”.

A proposito di titolari del Viminale, Matteo Salvini, segretario della Lega, si è presentato in studio con un accompagnatore (ed è stato l’unico). Dopo qualche minuto dedicato al suo accompagnatore Mario Barbuto, presidente dell’Unione italiana cechi e candidato all’uninominale alla Camera a Palermo, il leader del Carroccio, in completo blu, camicia bianca e cravatta blu a pois, ha subito messo i puntini sulle i per quanto riguarda il futuro governo: fino al momento dello spoglio delle urne, è ancora lui il candidato premier.

Uno dei temi su cui è stato maggiormente attaccato è stato la posizione con Putin e lui ha spiegato che è per la difesa dell’Ucraina, ma vorrebbe dall’Unione europea un occhio di riguardo per i Paesi, compresa l’Italia, che stanno soffrendo di più per le sanzioni. Sulle pensioni, ha condannato la legge Fornero e ha sottolineato l’importanza di quota 41; sul reddito di cittadinanza, invece, la pensa come Meloni, mentre diverge per alcune cose con Berlusconi sulla flat tax: l’aliquota al 15%, in un primo momento, dovrà essere abbassata per tutti i redditi di partite Iva fino ai 100mila euro, solo dopo la misura verrà estesa anche ai lavoratori dipendenti con un reddito annuo di 70mila euro lordi.

La riforma fiscale che ha bloccato qualche giorno fa è convinto che debba farla il nuovo esecutivo, così come dovrebbe mettere mano alle cartelle esattoriali con un nuovo saldo e stralcio del 20%. Per la mancanza di medici, la soluzione del Capitano è quella di togliere il numero chiuso alla facoltà di medicina, e per la lotta all’immigrazione vorrebbe reintrodurre i suoi decreti sicurezza per cui “entra in Italia solo chi ha il permesso di entrare”. Sull’argomento, si è detto orgoglioso di essere l’unico candidato imputato in un processo per avere fatto il suo dovere. È favorevole all’energia nucleare, alla Tav e ai termovalorizzatori.

Per ultimo, poi, è stato il turno di Enrico Letta. Il segretario del Partito democratico, in spezzato blu e verde, ma con camicia e cravatta, ha subito chiarito che questo non era il momento per una campagna elettorale, che ha anche definito brutta, e ha spiegato che il dialogo con il MoVimento 5 stelle non è stato più possibile perché hanno fatto cadere il governo Draghi, e noi, come italiani, abbiamo perso una figura molto importante e preparata, anche di alto rilievo internazionale.

L’intervento del dem ha toccato soprattutto i temi del reddito di cittadinanza, del Mezzogiorno e dei giovani, chiarendo soprattutto che non ci sarà alcuna patrimoniale, ma che i 10mila euro che vorrebbe dare in dote ai diciottenni per aprire un’impresa o per finanziare i loro studi, dovrebbero arrivare da un contributo piccolo degli ultra milionari. È stato chiaro anche sugli stage, dicendo che preferirebbe abolirli.

Secondo Letta, per incentivare le assunzioni si dovrebbe tagliare il cuneo fiscale, mentre sul caro bollette, è d’accordo con Meloni per quanto riguarda il disaccoppiamento e il tetto al prezzo del gas. Che indica, quindi, come le misure più urgenti e più efficaci. Se dovesse perdere le elezioni, ha detto, non abbandonerà la politica.

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