Gli Stati Uniti avvertono Putin da mesi sulle gravi conseguenze della minaccia nucleare

Vladimir Putin è l’uomo al centro della stanza e ora non riesce più a uscirne, quindi risponde con la forza. Nelle ultime ore, è diventato sempre più concreto, o almeno viene paventato con insistenza sempre maggiore, l’utilizzo dell’arma nucleare. Oggi sappiamo che gli Stati Uniti, in via privata, stanno avvertendo Mosca da mesi su quali sarebbero reazioni e conseguenze se davvero i russi dovessero spingersi tanto oltre. E non sarebbe una situazione facile per il Cremlino.

Joe Biden
Joe Biden – lettoquotidiano.it

Sembra quasi il gioco delle tre carte la guerra tra Russia e Ucraina, in cui il Cremlino spera di comandare il tavolo, ma con il serio rischio che propaganda, prepotenze e bugie alla fine gli si ribaltino addosso e con tutte le conseguenze del caso. Le ultime ore hanno scandito eventi sempre più drastici ad opera del Cremlino, per contrastare la massiccia controffensiva da parte degli ucraini, dai referendum farsa in Donetsk e a Lugansk fino alla mobilitazione parziale che ha scatenato fughe e proteste nel territorio russo. E sullo sfondo resta sembra il ricorso alle armi nucleari che la Russia ha a disposizione e che farebbero nuovamente mutare il conflitto nelle sue degenerazioni più drastiche. Gli Stati Uniti, non da adesso, stanno avvertendo Putin su cosa accadrebbe nel momento in cui, malauguratamente, dovesse davvero succedere.

Gli avvertimenti degli Stati Uniti a Putin sul nucleare e le conseguenze del suo utilizzo

Quando si pensa ai rapporti tra Stati Uniti e Russia, di certo, non si può immaginare carezze, strette di mano, accordi e alleanze di qualsivoglia tipo. Piuttosto, si ha l’impressione di una guerra fredda mai davvero terminata tra due potenze politiche e militari enormi e la cui convivenza è scomoda ben prima dell’arrivo del ventunesimo secolo.

Se i dispetti e le scaramucce non sono mai veramente cessati, lo scoppio della guerra tra Mosca e Kiev ha portato a un’ulteriore degenerazione dei rapporti, in nome della condanna dell’invasione e con aiuti sempre più concreti al popolo di Volodymyr Zelensky. Che tradotto vuol dire armi, fondi spesi, sanzioni e soluzioni politiche. Una risposta immediata che forse vede gli USA come fulcro immobile, ma che l’Occidente ha potenziato notevolmente, unito per una volta, a parte qualche strana presa di posizione di Viktor Orban negli ultimi giorni, in materia di esteri.

Putin
Vladimir Putin – lettoquotidiano.it

E comunque la terza fase della guerra ha portato il crollo del teatro dei burattini messo in piedi da Putin. Non solo per tutti i crimini di guerra, le storpiature e le torture demografiche, gli stupri su donne e bambini, le morti e quanto di più grave l’uomo non avesse sperimentato dalla seconda guerra mondiale. Ma perché la controffensiva russa che ha avuto avvio a settembre, anche grazie alle armi occidentali e statunitensi, sta avendo effetti sempre più importanti, costringendo le truppe del Cremlino alla fuga (ops, riorganizzazione come l’ha edulcorata Putin) e mettendo a serio rischio molti dei territori conquistati dalla Russia fin dal 24 febbraio, giorno in cui ha avuto avvio l’invasione.

Adesso Mosca è all’angolo e sta dando delle risposte sempre più forti e prepotenti. I referendum che sono in corso proprio in queste ore a Donetsk e in Lugansk, con i filorussi al comando e i cittadini obbligati tra le minacce ad andare a votare, mirano ad annettere definitivamente alla Russia territori che potrebbero essere presto obiettivo della controffensiva di Zelensky. E, lo sappiamo bene, se si attacca un territorio russo, si entra in guerra contro il Cremlino e, soprattutto, si “giustifica” il ricorso alle armi nucleari, di cui Mosca è ben fornita da decenni e decenni.

Una strategia che, ovviamente, ha fatto storcere il naso a tutto il mondo occidentale e (ancora più scontato) agli Stati Uniti. Dall’Unione europea difficilmente considereranno validi questi referendum di annessione, già etichettati come “farsa”, ma Putin sta andando avanti e con ritmi sempre più serrati per anticipare gli ucraini. La voce è univoca, anche dalle nostre parti (scivoloni di Silvio Berlusconi a parte): le minacce del leader del Cremlino lo renderanno sempre più solo.

A supporto di questo stato di cose, il “Washington Post” ha pubblicato quest’oggi un’analisi inedita e decisamente interessante (ve la linkiamo qui per chi volesse leggerla integralmente e in lingua originale). Il succo è che da mesi gli Stati Uniti stanno lanciando degli avvertimenti alla Russia, in via privata, per distogliere gli alti funzionari del Cremlino dall’utilizzo e dalle minacce che prevedono le armi nucleare. Sarebbe direttamente l’amministrazione di Joe Biden a farsi sentire, inviando a Mosca diversi messaggi in cui spiega quali sarebbero le conseguenze di un ricorso a tale mezzo di guerra. Secondo i funzionari statunitensi, che vengono spesso citati nell’articolo e hanno parlato in via anonima, non si tratterebbe di altro se non di una riformulazione delle comunicazioni che anche pubblicamente gli USA hanno dato su quest’argomento.

E per far preoccupare ulteriormente il Cremlino sulle possibili risposte di Biden & Co., tali messaggi sarebbero volutamente vaghi, in modo da far presagire il peggio alla Russia sulle intenzioni di Washington. Le eventuali controffensive evidentemente non hanno avuto, fino a oggi, l’effetto sperato, di fronte alla concretezza della controffensiva ucraina e a un Putin sempre più in difficoltà dal punto di vista militare. Fatto sta che la retorica russa non è rimasta isolata, ma che gli invasori sono ben al corrente che le loro minacce, se tradotte in fatti, avrebbero risposte nette e probabilmente devastanti a est.

Anche il Dipartimento di Stato è stato coinvolto in tali messaggi privati indirizzati a Mosca, ma comunque i funzionari non si sono sbilanciati sul contenuto delle comunicazioni. Non sappiamo neppure se questi avvertimenti privati siano continuati o si siano intensificati dopo il discorso in cui Putin ha annunciato la mobilitazione e riportando in auge pubblicamente la minaccia nucleare. Siamo, però, a conoscenza del fatto che le comunicazioni abbiano avuto una certa regolarità nel corso degli ultimi mesi.

È chiaro che ora le parole del vicepresidente del Consiglio di Sicurezza della Federazione russa, Dmitrij Medvedev, assumano un peso ancora più significativo. E ci riferiamo a quando ha detto che “la Russia ha scelto la sua strada e ormai non c’è modo di tornare indietro”. Prima di minacciare, ancora più convintamente, il ricorso al nucleare nel caso in cui l’Ucraina avesse attaccato le terre annesse tramite i referendum farsa a sud e a est.

Putin, inoltre, aveva affermato che quello sul nucleare non era un bluff, aggiungendo: “Userò tutti i mezzi a mia disposizione e a disposizione della Russia per difendere l’integrità territoriale del paese”, riferendosi in maniera indiretta al nucleare. In ogni caso, i funzionari statunitense hanno sottolineato che dal febbraio 24 è successo in diverse occasioni che la Russia minacciasse l’utilizzo del nucleare, ma che non abbiano mai effettivamente spostato l’arsenale che hanno a disposizione, lasciando presagire un attacco imminente.

Aggiungiamo, però, che non è possibile prevedere quale reazione avrebbe Putin in un momento di difficoltà palese in una guerra che adesso non vuole portare per le lunghe e in cui un concordato di pace appare sempre più lontano sullo sfondo. E in cui ha urgenza di “congelare” i territori già conquistati nell’Ucraina negli scorsi mesi, per non vederseli sottratti. Ne ha parlato anche Daryl Kimball, direttore esecutivo della Arms Control Association, un gruppo di difesa della non proliferazione che si trova a Washington: “Quello che tutti devono riconoscere è che si tratta di uno degli episodi più gravi, se non il più grave, in cui le armi nucleari potrebbero essere usate negli ultimi decenni. Le conseguenze anche di una cosiddetta ‘guerra nucleare limitata’ sarebbero assolutamente catastrofiche”.

Non sono dichiarazioni casuali. Infatti, per anni gli USA hanno temuto che i russi utilizzassero delle “bombe nucleari da campo”, e cioè delle armi nucleari tattiche, con l’obiettivo di far terminare le guerre alle sue condizioni. Un sorta di “escalation a diminuire” di cui l’Occidente è ben a conoscenze e che quindi può presagire.

Vadym Skibitskyi, vice capo dell’intelligence militare ucraina, nella giornata di ieri ha dichiarato in un’intervista a “ITV News” del Regno Unito che “la Russia potrebbe davvero utilizzare le armi nucleari per fermare la nostra attività offensiva e distruggere l’Ucraina.  Ma questa è una minaccia anche per gli altri paesi, dato che l’impatto di una scelta del genere avrebbero ricadute fino al Mar Nero“.

E per chi pensa all’arma nucleare come la fine più drammatica dei giochi, è ben lontano dalla realtà. In effetti, gli ucraini stanno lanciando dei segnali sul fatto che, anche se Putin dovesse utilizzare l’arma nucleare, loro non avrebbero comunque intenzione di arrendersi, anzi potrebbe indurli a proseguire nella loro controffensiva con ancora più forza.

Mykhailo Podolyak, consigliere di Volodymyr Zelensky, l’ha detto in maniera chiara su Twitter: “Minacciare con armi nucleari… per gli ucraini? Putin non ha ancora capito con chi ha a che fare“. Durante un’intervista a “60 Minutes” di CBS News anche Joe Biden in persona si è esposto sul tema: “Non devono farlo. Cambierebbero il volto della guerra in modo diverso da qualsiasi altro conflitto che il mondo abbia visto fin dalla seconda guerra mondiale“. Inoltre, Biden ha fatto presente che la risposta che avrebbero gli Stati Uniti sarebbe consequenziale all’attacco russo, ma senza entrare nei dettagli.

E ovviamente sullo sfondo c’è il rischio di un’ulteriore e drammatica escalation militare che vedrebbe gli Stati Uniti scendere in campo direttamente contro la Russia. Un’eventualità di cui ora non ci sono segnali, ma che potrebbe imprevedibilmente diventare concreta in caso di degenerazione totale delle cose.

Sul tema si è esposto anche Matthew Kroenig, professore di governo alla Georgetown University e direttore dello Scowcroft Center for Strategy and Security presso il Consiglio Atlantico. Analizzando lo scenario nucleare, ha detto chiaramente che l’opzione migliore per l’amministrazione, di fronte a un attacco nucleare russo limitato in Ucraina, sarebbe continuare in maniera sempre più convinta con gli aiuti a Zelensky e, al massimo, portare un attacco, di tipo convenzionale, limitato alle forze o basi russe che avrebbero lanciato l’offensiva.

Le parole esatte di Kroenig sono state: “Se sono le forze russe in Ucraina a lanciare l’attacco nucleare, gli Stati Uniti potrebbero colpire direttamente quelle forze“. Bisognerebbe far capire, insomma, che non si tratta di un’altra grande guerra in arrivo, ma comunque di un attacco limitato. Un’ipotesi che comunque non da tutti a Washington sarebbe vista di buon grado, anzi. Infatti, anche un‘offensiva su scala limitata potrebbe comportare un allargamento dei confini della guerra per gli Stati Uniti contro un avversario dotato di armi nucleari.

Altre analisi, nelle ultime ore, hanno sottolineato come sia impossibile escludere qualsiasi risposta da parte degli Stati Uniti. E questo perché non siamo a conoscenza di quali siano davvero i piani della Russia, che potrebbe portare diversi tipi di attacchi: da un test nucleare sotterraneo che non avrebbe molte conseguenze a un’esplosione su larga scala che mieterebbe migliaia e migliaia di vittime. Però, non ci sono ancora segnali che il leader ucraino abbia intenzioni così catastrofiche.

Infatti, non ci sono stati effettivamente dei movimenti sul campo che lascino presagire assalti di questo tipo. Quindi, l’ipotesi più probabile è che Putin stia minacciando l’Ucraina per ottenere quanto più possibile dai suoi avversari militari, nell’ambito di un possibile accordo di pace. O semplicemente per cristallizzare la controffensiva.

Ma le reazioni dagli Stati Uniti non sono terminate, dato che, negli ultimi giorni, i funzionari statunitensi hanno intensificato gli sforzi all’Assemblea generale delle Nazioni Unite per dissuadere la Russia dal considerare seriamente l’utilizzo dell’arma nucleare. Insomma, almeno da una delle due parti sta vincendo la diplomazia. Anche se dall’altra a occupare il primo posto sono sempre le minacce e le derive militari. Nella riunione del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, ha preso la parola il segretario di Stato Antony Blinken, avvertendo chiaramente che: “Le sconsiderate minacce nucleari della Russia devono cessare immediatamente“.

E, dopo aver ricordato le tremende parole di Putin in occasione del discorso per annunciare la mobilitazione parziale, ha detto: “Possiamo aspettarci che il presidente Putin rivendicherà qualsiasi attacco ucraino per liberare le sue città come un attacco al cosiddetto territorio russo”. E, quindi, legittimandosi a utilizzare il nucleare. Infine, Blinken ha chiuso dicendo a chiare lettere: “La guerra nucleare non può mai essere vinta e non deve mai essere combattuta”.

Come se la passa Mosca e gli ultimi segnali dalla Cina

Ora che abbiamo sviscerato avvertimenti statunitensi e scenari o conseguenze, se mai Putin dovesse optare per l’arma nucleare, vi diamo conto delle parole odierne di Serghei Ryabkov, viceministro degli Esteri di Mosca. Le sue dichiarazioni sono molto importanti sul tema e sono state riprese da “Ria Novosti”: Mosca non minaccia nessuno con le armi nucleari. Il modo in cui potremmo scatterebbe il loro utilizzo è specificato nella dottrina militare e nei fondamenti della politica statale della Federazione russa per quanto riguarda la deterrenza nucleare”. E quindi, sullo sfondo, il messaggio rimane lo stesso: se annettiamo i territori, nessuno si azzardi più a sferrare degli attacchi.

Come non bastasse, sono arrivate anche le dichiarazioni di Dmitry Peskov a riguardo, il portavoce del Cremlino, come riferisce la “Tass”: “Se in Donbass dovesse vincere il sì al referendum, qualsiasi attacco in quei territori sarebbe considerato un attacco alla Russia“. E sempre con il rischio nucleare sullo sfondo.

Una situazione, quella che si sta sviluppando in Ucraina, che ha delle ricadute non solo nei rapporti con gli Stati Uniti o nella risposta europea. Da giorni ormai, c’è da buttare uno sguardo anche sugli alleati di Putin e, quindi, sulla Cina in primis. Oggi il ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, ha avuto un dialogo con Dmytro Kuleba, a sua volta ministro degli Esteri dell’Ucraina. Ciò che ne è emerso è che la Cina vuole essere dalla parte della pace e vuole avere un ruolo costruttivo, e non distruttivo nella guerra tra Russia e Ucraina. L’incontro si è verificato a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York.

Wang Yi si è ulteriormente fatto sentire in una nota della diplomazia di Pechino: “La Cina si è sempre impegnata a promuovere la pace e i colloqui”. Ha stilato anche le linee guida per arrivare alla pace tra le parti tramite quattro punti fondamentali, basati sul “rispetto della sovranità di ogni Paese e della Carta dell’Onu”, le preoccupazioni sulla propria sicurezza da parte di ogni Stato e il sostegno a tutti gli sforzi per risolvere la crisi con modalità pacifiche e senza il ricorso alle armi.

Infine, per fare il quadro complessivo del momento, vi riportiamo il rapporto dell’Intelligence britannico che quotidianamente aggiorna sullo stato della guerra. Nell’ultimo bollettino, ha specificato che il conflitto resta sempre più difficile da interpretare. Sicuramente l’Ucraina si sta concentrando su un territorio che Mosca considera fondamentale fin dall’inizio del conflitto. I combattimenti sono in atto lungo il fiume Oskil e riguardano anche la città di Lyman, in Donetsk, conquistata dalle truppe di Putin addirittura da maggio. Questa è l’ennesima prova che giustifica ulteriormente le difficoltà del leader del Cremlino e l’accelerazione con la mobilitazione parziale, i referendum di annessione e la minaccia dell’arma nucleare.

 

 

Impostazioni privacy