Giorgia Meloni e Fratelli d’Italia hanno vinto le elezioni del 25 settembre, senza se e senza ma. Una vittoria e un successo annunciati, ma che neanche la leader e il partito, forse, si immaginavano così ampi. Da cosa sono arrivati, però? E, soprattutto, a discapito di chi sono riusciti a ottenere più del 26% nazionale?
“Questa è sicuramente per tante persone una notte di orgoglio e di riscatto. Una notte di lacrime, di abbracci, di sogni e di ricordi“, queste sono le prime parole di Meloni da presidentessa del primo partito, per distacco, alle elezioni. Tra promesse e voglia di fare, proviamo a fare un’analisi della vittoria, festeggiata e non anche all’estero.
Il trionfo di Meloni in Italia: l’analisi della vittoria
Sorrisi, gioia e festa. È proprio così che Fratelli d’Italia e Giorgia Meloni hanno accolto le prime proiezioni, e poi il risultato definitivo, delle elezioni del 25 settembre. Già subito dopo la chiusura delle urne, alle 23, l’aria che tirava aveva fatto capire che i sondaggi non si erano affatto sbagliati, non nel fotografare chi sarebbe diventato il primo partito, per lo meno.
Perché poi, i numeri per quello che era uno dei pochi schieramenti rimasti all’opposizione del governo di Mario Draghi sono stati addirittura migliori: a livello nazionale, FdI ha preso più del 26%, una valanga di voti considerato che alle politiche del 4 marzo 2018 ci si era fermati ad appena il 4%. Ma non solo.
Quella che con molta probabilità diventerà la prima presidentessa del Consiglio donna della storia della Repubblica italiana è stata in grado di intercettare meglio di chiunque altro gli umori di un Paese colpito prima dalla pandemia e poi dalla crisi dovuta all’invasione dell’Ucraina da parte della Russia. Ha capito quali fossero i bisogni dei cittadini ed è andata avanti come un treno, anche grazie a una comunicazione molto efficace.
Meloni, però, ha saputo anche moderarsi, cambiare alcuni capisaldi delle sue idee per avvicinarsi ancora di più a un elettorato che, comunque, non crede più nella politica (e lo dimostrano i dati sull’astensionismo: meno del 64% degli italiani si è recato alle urne). È riuscita laddove molti, anche all’interno della sua coalizione, hanno fallito.
La Lega, per esempio. Matteo Salvini, di fatto, non è riuscito ad arrivare in doppia cifra, e in quello che era il suo fortino, il Nord, Fratelli d’Italia ha preso il doppio dei voti.
I commenti a caldo hanno seguito questa linea: “Da quello che emerge dalle prime proiezioni penso si possa dire che dagli italiani a queste elezioni politiche è arrivata un’indicazione chiara… per un governo di centrodestra a guida Fratelli d’Italia“, ha detto. “È quindi probabilmente il tempo in cui gli italiani potranno nuovamente avere un governo che esce da una loro chiara indicazione alle urne“.
“Questo è il tempo della responsabilità“, ha aggiunto. “È importante capire che se saremo chiamati a governare questa nazione lo faremo per tutti, lo faremo per tutti gli italiani, lo faremo con l’obiettivo di unire questo popolo, di esaltare quello che lo unisce piuttosto che quello che lo divide. Perché il grande obiettivo che ci siamo dati come forza politica è far sì che gli italiani possano tornare a essere orgogliosi di essere italiani, di sventolare la bandiera tricolore“.
A festeggiare con lei, Marine Le Pen, la presidentessa del Rassemblement National, ma anche Viktor Orban, più preoccupati invece alcuni giornali come Politico o il Washington Post, che pensano che Meloni sia assimilabile a Benito Mussolini.
Elezioni 25 settembre, l’analisi della vittoria regione per regione
*CAMERA DEI DEPUTATI
Piemonte 1 – 23,88% (primo partito)
Piemonte 2 – 30,40% (primo partito)
Lombardia 1 – 24,87% (primo partito)
Lombardia 2 – 30,33% (primo partito)
Lombardia 3 – 31,45% (primo partito)
Lombardia 4 – 30,89% (primo partito)
Liguria – 24,37% (primo partito)
Trentino Alto Adige – 18,76% (secondo partito)
Veneto 1 – 32,07% (primo partito)
Veneto 2 – 33,11% (primo partito)
Friuli-Venezia Giulia – 31,30% (primo partito)
Emilia-Romagna – 25,02% (secondo partito)
Toscana – 25,95% (secondo partito)
Umbria – 30,82% (primo partito)
Marche – 29,14% (primo partito)
Abruzzo – 27,85% (primo partito)
Lazio 1 – 29,95% (primo partito)
Lazio 2 – 33,80% (primo partito)
Campania 1 – 13,84% (terzo partito)
Campania 2 – 21,16% (secondo partito)
Molise – 21,87% (secondo partito)
Puglia – 23,5% (secondo partito)
Basilicata – 18,16% (secondo partito)
Calabria – 18,93% (secondo partito)
Sicilia 1 – 18,02% (secondo partito)
Sicilia 2 – 20,09% (secondo partito)
Sardegna – 23,59% (primo partito)
*SENATO DELLA REPUBBLICA
Piemonte – 26,96% (primo partito)
Lombardia – 27,61% (primo partito)
Liguria – 24,40% (primo partito)
Veneto – 32,57% (primo partito)
Friuli Venezia Giulia – 32,29% (primo partito)
Emilia-Romagna – 24,97% (secondo partito)
Toscana – 25,93% (primo partito)
Umbria – 30,21% (primo partito)
Marche – 29,49% (primo partito)
Abruzzo – 27,25% (primo partito)
Lazio – 31,52% (primo partito)
Campania – 17,92% (secondo partito)
Molise – 22,38% (secondo partito)
Puglia – 24,47% (secondo partito)
Basilicata – 19,10% (secondo partito)
Calabria – 19,17% (secondo partito)
Sicilia – 18,49% (secondo partito)
Sardegna – 22,58% (primo partito)