Il peso degli astensionisti nelle percentuali di voto delle elezioni

Le politiche di domenica hanno sancito il trionfo della coalizione di centrodestra, con Fratelli d’Italia di Giorgia Meloni a trainare anche la Lega di Matteo Salvini e Forza Italia di Silvio Berlusconi hanno un successo annunciato. Ma a pesare, non tanto nel computo della maggioranza in Parlamento, è anche la percentuale di persone che non si sono recate alle urne: il 36% del totale della popolazione.

Camera dei deputati
La Camera dei deputati – lettoquotidiano.it

È vero che, probabilmente, i 16 milioni di elettori non avrebbero cambiato il risultato finale, ma hanno cambiato sicuramente cambiato la base elettorale di ogni singolo partito, eccetto FdI che rispetto alle scorse politiche ha aumentato i consensi. Specialmente del MoVimento 5 stelle, che in quattro anni e mezzo ha perso più della metà dei voti.

Tutti i partiti hanno perso voti a causa dell’astensionismo: centrodestra e centrosinistra a confronto

Tutta la giornata di domenica, fino al momento del gong, è stata dedicata a fotografare quanti italiani si siano effettivamente recati alle urne per votare per le elezioni politiche. Il primo dato delle 12 sembrava anche abbastanza incoraggiante perché in linea con la precedente tornata elettorale, è sul secondo però che un allarme è iniziato a suonare.

La conferma è arrivata al momento della chiusura dei seggi (anche se è passata in sordina per via degli instant poll che iniziavano ad arrivare): il 36% degli aventi diritto al voto, ovvero 16 milioni di italiani, hanno deciso di astenersi. Un’enormità se paragonati al 10% delle prime elezioni della Repubblica, qualcosa di meno se si considera che il 4 marzo del 2018 l’affluenza era stata del 74%.

Alla luce di questi dati, le forze politiche dovrebbero fare qualche riflessione sulla disaffezione dalla cosa pubblica dei propri elettori, ma dovrebbero anche ridimensionare in parte quelli che possono essere considerati dei successi o delle batoste a seconda delle percentuali che sono state ottenute e dei posti in Parlamento che sono stati conquistati.

Per carità, una vittoria rimane una vittoria da qualsiasi punto di vista la si guardi, così come una sconfitta rimane tale anche se si sono raggiunte lo stesso numero di persone tra un’elezione a un’altra, ma non si deve dimenticare che, in termini assoluti, i partiti hanno molto meno sostegno di qualche anno fa. E l’astensionismo non è più solo un problema di chi non va a votare, ma è un dato di fatto che, nel giro di qualche tornata elettorale, potrebbe portare anche solo un italiano su due a recarsi alle urne.

Nel concreto, per esempio, l’unico partito per cui il trionfo non ha neanche un’ombra è Fratelli d’Italia, che comunque “ha rubati” i suoi consensi agli altri schieramenti della coalizione di centrodestra (più o meno 5 milioni dei 5,8 in più rispetto alle precedenti politiche). Tutti gli altri, con il MoVimento 5 stelle in testa, hanno praticamente dilapidato il patrimonio di persone che li seguivano.

Meloni
Giorgia Meloni – lettoquotidiano.it

Nel 2018, Fdi (che era il fanalino di coda), la Lega e Forza Italia avevano ottenuto 12,2 milioni di voti e il 37% dei consensi totale, non abbastanza per riuscire a ottenere la maggioranza e formare un governo, che adesso con appena 130mila voti in più, ma con circa il 44% dei consensi, riusciranno ad avere e fare.

Tornando al partito di Giorgia Meloni, ancora, è stato sì scelto dal 26% dei votanti, ma sull’intero corpo elettorale appena una persona su otto, per un totale di 7,2 milioni di persone, ha veramente votato quella che diventerà la prima presidentessa del Consiglio donna della storia d’Italia. Il Carroccio di Matteo Salvini, che non sta passando dei bei momenti, ha perso 3 milioni di voti, mentre il Cavaliere “solo” 2.

Un altro dato a dimostrazione della tesi è dato dal centrosinistra. Nel 2018, la coalizione capitanata dal Partito democratico, al tempo di Matteo Renzi, aveva ottenuto la croce sul simbolo da 7,5 milioni di elettori, appena 200mila in meno rispetto a domenica. All’ora, però, era riuscita a portare a casa un “misero” 22,8% contro il 26,1% di ora.

Ancora prima, nel 2008, Walter Veltroni, pur prendendo 13,6 milioni di voti, non riuscì a sorpassare Berlusconi e perse le elezioni. Con gli stessi numeri, ora, probabilmente sarebbe riuscito a ottenere anche la maggioranza dei due terzi sia alla Camera, sia al Senato (e avrebbe potuto fare riforme costituzionali senza passare per nessun referendum).

L’analisi dei flussi elettorali: il caso MoVimento 5 stelle

A dimostrare come l’astensionismo abbia favorito il centrodestra – ma questo era un tema noto ancor prima che si andasse a votare – c’è soprattutto il movimento di Giuseppe Conte, dicevamo.

Secondo l’analisi dei flussi elettorali, ovvero i passaggi di voti da un partito all’altro tra una tornata e un’altra, di YouTrend, tra le persone che hanno deciso di astenersi e rimanere a casa ci sono soprattutto tantissimi elettori che nel 2018 avevano scelto i Cinque stelle: sono passati da 10,7 milioni di voti a 4,3, e dal 32,6% dei consensi sono scesi al 15,4%.

Una Caporetto, insomma, specie se si considerano (anche in questo caso) le due maggiori coalizioni. Come già detto, Fratelli d’Italia ha preso i voti sia i voti della Lega (la metà), sia quelli dei forzisti. Il terzo polo di Azione e Italia Viva, quindi di Carlo Calenda e dell’ex segretario dem, invece, ha rubato qualche elettore che nel 2018 aveva preferito il Pd.

Il punto è che per il MoVimento 5 stelle, queste elezioni, hanno sì segnato un arretramento, ma non sono state considerate così tanto negative, anzi. I presupposti chiaramente sono diversi rispetto agli altri schieramenti, e a pesare nel bilancio finale sono stati soprattutto i sondaggi pre-elettorali che invece fotografavano Conte a una distanza di almeno 4 punti percentuali.

Tornando all’astensionismo, difficilmente si può pensare che sia tutto involontario, ovvero dato da persone anziane che non si possono muovere o da studenti e lavoratori che non sono potuti tornare a votare perché lontani dal luogo di residenza (che comunque sono circa 5 milioni). La maggior parte delle persone che non sono andate a votare lo ha fatto volontariamente.

E questo tipo di astensionismo, dicono gli esperti, ha radice in diversi fattori: socio-culturali, politici e istituzionali. Quindi le precarie condizioni economiche, così come la marginalità sociale fanno sentire le persone poco rappresentate, ma a pesare potrebbe essere anche l’idea che non ci sia più niente di fare, cioè: i sondaggi danno per vinto il mio partito, io preferisco non andare neanche al seggio. Più banalmente, ancora, la politica è percepita come qualcosa di poco interessante: il 27,6% delle persone, il 5% di cinque anni fa, è lontana dalla cosa pubblica e né si informa, né partecipa, hanno rilevato dall’Istat. Anche su questo, dicevamo, si dovrà riflettere, e magari agire.

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