Con la vittoria di 2-0 contro l’Ungheria alla Puskas Arena, l’Italia di Roberto Mancini si è qualificata alla Final Four della Nations League, in cui ci saranno anche la Croazia e i Paesi Bassi e una tra Spagna e Portogallo. Questa, assieme a un ranking migliorato in vista dei sorteggi per le qualificazioni agli Europei, non è che una magrissima consolazione dopo l’esclusione da Qatar 2022.
Sia perché il torneo che l’Uefa ha istituito per rendere più briose le amichevoli tra le Nazionali è snobbato da quasi tutte, sia perché, a poco meno di due mesi dal calcio di inizio dei Mondiali, la rabbia per la mancata qualificazione è ancora più forte. E non lo diciamo certamente noi.
L’Italia di Mancini ha vinto il girone di Nations League ma è comunque fuori dal Mondiale
Una delle massime che i mental coach ripetono come un mantra è che “vincere aiuta a vincere“. Nella vita, come nello sport, soprattutto nel calcio. Ammesso e concesso che non va sempre così, ci sono vittorie che contano più di altre, così come le sconfitte (o i pareggi). E ne sa qualcosa anche la Nazionale azzurra di Roberto Mancini.
Per dire, ieri, l’Italia, orfana di parecchi degli “eroi” di Wembley, ha battuto l’Ungheria alla Puskas Arena di Budapest per 2-0 e si è qualificata alla Final Four della Nations League. Bene, certo, visto che solo alla quinta giornata rischiavamo di scendere in “serie B” (c’è finita l’Inghilterra), e che potremo migliorare il ranking in vista dei sorteggi per le qualificazioni ai prossimi Europei del 2024, ma neanche benissimo (e per una serie di ragioni).
Innanzitutto perché la fase finale del torneo targato Uefa, e che si giocherà forse nei Paesi Bassi dal 14 al 18 giugno, non ci consola dalla mancata qualificazione ai Mondiali che inizieranno a metà novembre. Ma anche perché le altre Nazionali (che invece andranno in Qatar) hanno snobbato la competizione ideata da Michel Platini, che altro non se non un tentativo di rendere più accattivanti delle amichevoli disertate tanto dai giocatori, quanto dai tifosi.
E di questo ne è consapevole pure il commissario tecnico. “È importante aver raggiunto la Final Four di Nations League, ma purtroppo tutto il resto rimane. Abbiamo rimesso bene in piedi un gruppo dopo quella delusione, ma dobbiamo ancora lavorarci. Ora serve scavallare il mese di dicembre, fino a quel momento sarà difficile“, ha detto al termine della partita.
A fargli da eco, i commentatori calcistici, soprattutto i grandi quotidiani sportivi nazionali. La Gazzetta dello sport stamattina ha titolato con “Italia gioia amara“, il Corriere dello sport, invece, ci è andato giù in maniera più pesante aprendo con “Che rimpianto!“. Qualcuno, come Quotidiano sportivo, ha scritto che c’è un'”Italia che sa vincere“, ma vale quanto già scritto sopra. C’è del rammarico. Ma forse anche qualcosa da cui ripartire.
Per l’Italia c’è qualcosa da cui ripartire, Raspadori per esempio
Da Giacomo Raspadori, per esempio, che ci ha salvato dal baratro e che ci ha spinto a giocarcela contro l’Olanda, la Croazia e una tra Spagna e Portogallo a giugno (contro gli ungheresi ha partecipato anche Federico Dimarco). L’attaccante del Napoli, non una primissima scelta per Luciano Spalletti, in Nazionale ha trovato una dimensione che va bene sia a lui, sia a noi.
Ed è anche il sostituto naturale di un Ciro Immobile più volte bersagliato perché con la maglia azzurra non riesce a essere determinante e decisivo come con quella della Lazio, la sua squadra di club.
Ma non c’è solo lui. C’è anche il difensore dell’Inter, usato da Mancini come quinto di centrocampo, Rafael Toloi che ha preso il posto dell’ex capitano Giorgio Chiellini, c’è Wilfried Gnonto, scoperto a giugno. E c’è anche un nuovo modulo.
Il ct di Jesi, infatti, ha decisivo di passare da un 4-3-3 che stava risultando piuttosto sterile e inconcludente, per approdare a un 3-5-2 con cui la squadra copre meglio il campo, sembra essere più prevedibile in attacco e in cui le responsabilità offensive non vertono tanto sulle giocate del singolo, ma su un’architettura offensiva totale. Un altro grande vantaggio del cambio modulo, poi, è aver rafforzato una linea di centrocampo che ora ha più facilità nel recuperare il pallone – tanto è vero che sia contro l’Ungheria, sia contro l’Inghilterra non si sono subiti gol – e in cui si possano sfruttare meglio gli esterni di fascia e le qualità di regia dei vari Nicolò Barella, Jorginho, Marco Verratti e Lorenzo Pellegrini.
Anche da loro vuole e deve ripartire Mancini, infatti. Così come da Gianluigi Donnarumma, un po’ ammaccato in qualche uscita dello scorso anno, ma che ora è tornato a essere quella sicurezza in porta che ha fatto vincere gli Europei all’Italia e il trofeo come miglior giocatore del torneo a lui.
A giocare un ruolo fondamentale sarà soprattutto il cambio di mentalità. Aver di nuovo toccato il fondo, come nel novembre del 2017, stavolta più per essersi troppo specchiati nella bellezza di una cavalcata vincente che per problemi strutturali, dovrebbe essere il là ulteriore per un motto di orgoglio che sicuramente ci riporterà a essere dei protagonisti in campo internazionale, nonostante le ultime due esclusioni dai Mondiali.
E quindi sì, quel mantra dei mental coach per cui “vincere aiuta a vincere” potrà essere di nuovo applicato a una Nazionale che, mai come ora, ha bisogno di tutto l’affetto (e la pazienza) di un popolo che deve leccarsi le ferite, accettare le delusioni, certo, ma anche gioire. Pure per la Final Four della Nations League.