Partito democratico, Bindi all’attacco del Congresso. Bonaccini c’è

Il Partito democratico è in fermento, con la Direzione convocata per il 6 ottobre e un Congresso per rivoluzionare la compagine dalle fondamenta, a partire dalla segreteria. Non tutti, però, pensano che questo basti, per esempio non lo pensa Rosy Bindi che invece crede che tenere in vita il partito sia accanimento terapeutico.

Bindi
Rosy Bindi – lettoquotidiano.it

Per l’ex presidente ed ex ministra della Salute, per risanare il Pd serve “essere tutti pronti a mettersi a disposizione fino allo scioglimento dell’esistente“. Intanto, ieri, il presidente dell’Emilia Romagna, Stefano Bonaccini, a Otto e mezzo su La7, non ha escluso la sua candidatura come successore di Enrico Letta, a patto che sia utile alla rinascimento dello schieramento progressista.

Partito democratico, Bindi: “Il Congresso è accanimento terapeutico, si deve sciogliere”

Tutti, o più o meno tutti, hanno una ricetta per il Partito democratico, uno degli schieramenti che più è uscito con le ossa rotte dalle elezioni politiche di domenica. Non tanto per i numeri e le percentuali, rimasti quasi gli stessi di quattro anni e mezzo fa, quanto per aver perso partite che erano alla portata (nei collegi uninominali, chiaro) e per aver fatto delle scelte che si sono poi rivelate sbagliate.

E quindi il Congresso. E la voglia di rifondazione, rinnovamento, sia per la segreteria, sia nella vera e propria direzione da dare. Ci sono tante domande a cui si deve dare una risposta, tanti errori che si devono correggere, anche se per Rosy Bindi, ex presidente dei dem, questo potrebbe non bastare.

Secondo l’ex ministra della Salute e delle Politiche per la famiglia, per risanare il partito e fare di lui il motore di un’alleanza progressista servirebbe, oltre all’impegno di tutti quanti, anche che si sciogliesseper costruire un campo progressista coinvolgendo quelle realtà sociali che già interpretano il cambiamento e non trovano rappresentanza politica“. Come l’organizzazione Non una di meno, per esempio, le cui manifestanti, mercoledì a Roma, hanno attaccato duramente la deputata Laura Boldrini, perché parte di un sistema che ha reso ancora più complicato per le donne abortire in Italia.

Lo scioglimento, comunque, è quello a cui sta pensando davvero Bindi. “ – ha risposto senza mezzi termini a domanda diretta -, e ci risparmi la resa dei conti interna, perché la ritualità del Congresso è ormai accanimento terapeutico“.

Eppure ci sono tante persone che si sono fatte avanti per la segreteria, a cominciare da Stefano Bonaccini, presidente dell’Emilia Romagna, ma di questo parleremo meglio dopo. “Ci evitino questo spettacolo“, ha dichiarato l’ex democristiana. “Quando Enrico Letta diventò segretario, mi permisi di dargli un consiglio: il Pd sostenga con lealtà il governo di Mario Draghi, ma non dica al Paese che questo è il nostro governo“, ha detto ancora. Per Bindi, il partito non si sarebbe dovuto identificare con l’agenda dell’ex presidente della Banca centrale europea, “ammesso che sia mai esistita“, e questo perché quello era un esecutivo di larghe intese. “Bisognava garantire lealtà, sì, ma guardando al futuro“.

L’ex presidente dem crede che anche su altri temi lo schieramento progressista abbia sbagliato, come quello riguardante l’invasione dell’Ucraina da parte della Russia di Vladimir Putin: “Non doveva esserci nessun dubbio da che parte stare, ma come starci forse sì“. Per lei si sarebbe dovuta rivendicare l’autonomia dell’Europa nell’Alleanza atlantica, evitando quindi di appiattirsi sulla posizione di Draghi. “È naturale che non puoi fare alleanze con chi lo fa cadere“.

Certo, non è neanche detto che poi il MoVimento 5 stelle di Giuseppe Conte si sarebbe comunque alleato con il Pd “perché troppo interessati alle sorti del proprio partito“, ha concluso Bindi.

Partito democratico: Bonaccini c’è per la segreteria, ma mette dei paletti

Quanto ai candidati, con Bonaccini, dicevamo, sono saliti a quattro quelli ufficiali. La prima è stata Paola De Micheli, poi si sono fatti avanti anche i sindaci di Pesaro e Firenze, Matteo Ricci e Dario Nardella, e ora il turno del governatore dell’Emilia Romagna, anche il primo nome uscito dopo che Letta ha annunciato che non si sarebbe più candidato per la segreteria.

Bonaccini
Stefano Bonaccini – lettoquotidiano.it

Durante Otto e mezzo, la trasmissione di Lilly Gruber su La7, il successore di Vasco Errani non ha di fatto annunciato ufficialmente che correrà per il ruolo di segretario al Congresso, ha piuttosto detto che si candiderà se capirà che può essere utile. “Non servirà il nome di Bonaccini o di un altro se non affrontiamo i problemi cruciali. Se ragionassi solo sulla chiave di una mia vittoria, mi sarei potuto candidare già alle europee, ma non ragiono così“, ha detto.

Per lui, in pratica, non sono tanto importanti i nomi che sono circolati e quelli che effettivamente si sono candidati, anche perché non ha apprezzato, ha spiegato, “alcune autocandidature perché Letta ha proposto di riflettere. Dobbiamo prima capire in che direzione si vuole andare“. La strada giusta, secondo Bonaccini, è quella dell’autoanalisi, dell’autocritica e solo dopo aver capito gli errori ci si può proporre per la guida del Partito democratico, altrimenti “non andiamo lontano“.

Dopo tutto, prima della fine dell’anno, ha chiarito ulteriormente, è impossibile che si arrivi già ad avere un nuovo segretario: “Bisogna conciliare un tempo giusto per fare un largo coinvolgimento e non sostituire un segretario a un altro. Quindi a gennaio o febbraio, nel giro di pochi mesi, ma dandoci il tempo di discutere e di rigenerarci“.

Il presidente dell’Emilia Romagna non ha escluso una nuova alleanza con i Cinque stelle, che dopo la caduta del governo Draghi era impensabile, ma dopo il voto è indispensabile, ha detto, “con tutti quelli che si troveranno in un’alleanza progressista“.

Magari anche con Carlo Calenda e Matteo Renzi, i due alleati del terzo polo. Se il leader di Azione, per esempio, “non avesse stracciato l’accordo, io penso che al Senato le destre oggi non avrebbero la maggioranza. Il terzo polo deve decidere se governare con il centrosinistra oppure no. Alla fine, hanno perso anche loro“, ha concluso.

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