Colpo di stato in Myanmar, arrestata la leader Aung San Suu Kyi

Le informazioni giungono con difficoltà: la rete internet è stata ripetutamente interrotta, mentre è sospesa la programmazione della televisione pubblica per “problemi tecnici”.

Premio nobel Aung San Suu Kyi arrestata dall'esercito,
Il Leader del Myanmar Aung San Suu Kyi – Ansa

Il golpe potrebbe portare alla recrudescenza dell’esercito, spazzando via decenni di lotte.

La Lady catturata dall’esercito

Durante la scorsa settimana già serpeggiava la possibilità di un colpo di stato e con essa i timori della Lega nazionale per la democrazia, NLD, guidata da Aung San Suu Kyi.

Ma la leader è stata arresta, pare durante la prima mattina, insieme ad altri rappresentanti del governo civile.

I poteri sono adesso nelle mani del generale Min Aung Hlaing, uno dei due vicepresidenti. Ad annunciare lo stato di emergenza con conseguente passaggio del timone è stato l’esercito.

Il motivo che ha indotto le milizie a riprendere in mano la situazione sarebbero i brogli elettorali che hanno portato alla vittoria di NLD.

Infatti The Lady, com’è chiamata, premio Nobel per pace nel 1991, aveva da poco vinto le elezioni alla presidenza dell’ex Birmania (novembre 2020) con una maggioranza di voti schiacciante e oggi, lunedì 1° febbraio, era previsto l’insediamento del parlamento.

Intanto dal carcere e tramite suoi sostenitori sta esortando il suo popolo a non accettare la dittatura.

L’informazione interdetta

Le notizie arrivano a singhiozzi dai corrispondenti sul posto.

La connessione internet e le linee telefoniche funzionano debolmente e a intermittenza, mentre la tv nazionale ha sospeso le trasmissioni a causa di “problemi tecnici”.

Le strade di Naypyitaw, la capitale, sono piene di militari, secondo quando riportato dalla BBC.

Esempio del potere dei deboli

Il presidente della commissione del Premio Nobel al momento della sua consegna, nel 1991, definì Aung San Suu Kyi:

Uno straordinario esempio del potere dei deboli

E infatti The Lady è un esempio di perseveranza e di coraggio: una donna disposta a rinunciare alla propria libertà per combattere la potenza dei generali.

Quando nel 2016 entrò nella vita politica, in seguito alla timida apertura dell’esercito ai rappresenti democratici, la situazione precipitò e le pressioni divennero gravose.

A pioverle addosso le accuse anche da parte di coloro che, un tempo, erano i suoi sostenitori.

Una delle piaghe dell’ex Birmania è l’eccidio dei musulmani Rohingya, che migrano in massa verso il Bangladesh per fuggire a stupri, vessazioni e omicidi. L’accusa che le viene mossa è di non aver fatto nulla per fermare il massacro, ostinata a non riconoscere le responsabilità dei militari.

Sarebbe stata una politica pragmatica. A sostenere questa tesi sono i suoi difensori oltre i confini nazionali.

Il Myanmar è un Paese complesso. I buddisti, in netta prevalenza, non tollerano la minoranza Rohingya e l’esercito, come dimostrato dai fatti, non ha intenzione di abbandonare o condividere il proprio potere.

Una vita da detenuta

Aung San Suu Kyi ha 74 anni. Una vita spesa per portare la democrazia nel Myanmar violento, un’esistenza costretta a diverse modalità di detenzione dal 1989 al 2010.

Il fervore per la democrazia è di famiglia. È la figlia del generale che stava traghettando il Paese all’indipendenza quando venne ucciso e The Lady aveva solo 2 anni.

La leader ha vissuto anche in India, dove la madre fu ambasciatrice. Poi decise di intraprendere gli studi di filosofia, politica e economia ad Oxford dove avvenne l’incontro col il marito, britannico.

Dopo il Giappone, due figli e di nuovo l’Inghilterra, ritornerà in Myanmar nel 1988 per dare cura e conforto alla madre malata. Da quel momento, sospinta dai valori democratici, non si sposterà più dalla propria terra. Per molto tempo i figli non potranno farle visita.

Ma ha perseverato e dalla sua abitazione ha continuato la sua lotta, tenendo insieme le redini del partito democratico.

Quando ci furono le prime elezioni popolari nel Paese nel 2015, le vinse. Da allora è considerata la guida del popolo birmano, anche se non lo è formalmente: il suo titolo è consigliere di stato. La legge non le consente di ricoprire il ruolo di presidente, perché i due figli non sono birmani.

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