Secondo i magistrati esisterebbe un concreto pericolo di fuga degli indagati, che potrebbero quindi rendersi irreperibili.
Sarà compito della magistratura accertare se gli operai che hanno recentemente lavorato sulla funivia fossero a conoscenza o meno delle anomalie al sistema frenante.
Convalidato il fermo dei 3 indagati
Pericolo di fuga e condotta scelleratissima: sono questi i principali motivi che hanno spinto la Magistratura di Verbania a convalidare il fermo dei 3 indagati nell’ambito dell’inchiesta sulla strage del Mottarone.
I tre indagati sono il gestore dell’impianto, Luigi Nerini, il direttore dell’esercizio Enrico Perocchio ed il responsabile del servizio, l’ingegnere Gabriele Tadini.
I tre sono stati ufficialmente iscritti nel registro degli indagati all’alba di mercoledì mattina, dopo una notte intensa di interrogatori e deposizioni.
Secondo i magistrati che hanno firmato il decreto di fermo:
“I fatti contestati sono di straordinaria gravità in ragione della deliberata volontà di eludere gli indispensabili sistemi di sicurezza dell’impianto di trasporto per ragioni di carattere economico e in assoluto spregio delle più basilari regole di sicurezza finalizzate alla tutela dell’incolumità e della vite dei passeggeri”.
Il gestore ed il responsabile dell’impianto non avrebbero rimosso il forchettone che blocca il sistema frenante. Il tutto da oltre un mese, per evitare che la funivia restasse chiusa ancora a lungo per ulteriori controlli.
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Secondo la procura esiste un concreto pericolo di fuga da parte degli indagati che potrebbero quindi rendersi irreperibili.
La rabbia dei familiari delle vittime
La tragedia della funivia del Mottarone è costata la vita a 14 persone. L’unico sopravvissuto è il piccolo Eitan, 5 anni, che domenica mattina era in gita con i genitori, il fratellino di 2 anni e i bisnonni materni, tutti deceduti.
Le famiglie coinvolte nella tragedia sono cinque:
- Biran Amit, nato in Israele il 2 febbraio 1991 e residente a Pavia
- Peleg Tal, nato in Israele il 13 agosto 1994 e residente a Pavia
- Biran Tom, nato a Pavia il 16 marzo 2019 e residente a Pavia
- Cohen Konisky Barbara, nata in Israele l’11 febbraio del 1950
- Cohen Itshak, nato in Israele il 17 novembre 1939
- Malnati Silvia, nata a Varese il 7 luglio del 1994, residente a Varese
- Merlo Alessandro, nato a Varese il 13 aprile del 1992, residente a Varese
- Shahaisavandi Mohammadreza, nato in Iran il 25 agosto 1998, residente a Diamante (Cosenza)
- Cosentino Serena, nata a Belvedere Marittimo (Cosenza) il 4 maggio del 1994 e residente a Diamante (Cosenza)
- Elisabetta Personini, nata nel 1983, è deceduto anche il figlio di 9 anni, Mattia
- Zorloni Vittorio, nato a Seregno, Milano, l’8 settembre del 1966, residente a Vedano Olona (Varese)
- Gasparro Angelo Vito, nato a Bari il 24 aprile 1976, residente a Castel San Giovanni (Piacenza)
- Pistolato Roberta, nata a Bari il 23 maggio del 1981, residente a Castel San Giovanni (Piacenza)
Visto l’evolversi delle indagini e le presunte responsabilità dei 3 arrestati, i familiari delle vittime hanno già negato qualsiasi perdono ai responsabili di una tragedia che forse – se le indagini lo confermeranno – poteva essere evitata.
“Me li avete ammazzati: non ci sarà nessun perdono”,
è l’amaro sfogo di Angelica Zorloni, figlia di Vittorio, morto con la compagna Elisabetta e il figlio Mattia di soli 5 anni.
Intanto, i carabinieri della compagnia di Verbania hanno sequestrato anche la scatola nera presente sulla funivia.
Le indagini mirano ad accertare se anche gli operai che hanno effettuato gli ultimi lavori sulla funivia fossero coinvolti e consapevoli delle anomalie al sistema.
Il Ministro delle Infrastrutture, Enrico Giovannini, ha confermato la tempistica del blocco del forchettone, che era così da circa un mese.
Qualora venissero confermate le responsabilità predette, le pene per gli imputati sarebbero elevatissime, come hanno spiegato i magistrati che si occupano del caso.