Julen non ha avuto scampo e quel pozzo l’ha portato via per sempre ai suoi genitori, che avevano già perso il fratello di tre anni per infarto.
Julen Garcia, il piccolo di 2 anni caduto nel pozzo di Totalan – Malaga – non è sopravvissuto ai 12 giorni di agonia. Inutili i tentativi di soccorso e recupero, con ritardo nelle operazioni dovute a molti imprevisti e scherzi del destino.
Un altro lutto per i genitori
Josè e Vicky – genitori di Julen – hanno vissuto questi 13 giorni in totale isolamento, attorniati solamente dai parenti e due psicologi professionisti. Non è la prima volta per loro, infatti hanno già vissuto un tragico lutto con la morte del primo figlio -di tre anni – a seguito di un infarto che lo ha colto mentre giocava in spiaggia nel 2007.
“Julen ha un angelo che veglia su di lui”
Sono state le prime parole che il padre ha rilasciato durante una delle rare interviste, mentre attendeva di sapere se il suo secondogenito sarebbe sopravvissuto o meno.
I 13 giorni di Julen
Il bambino è caduto nel pozzo domenica 13 gennaio, mentre giocava senza pensieri nel giardino di un amico di famiglia. E’ bastato un attimo di distrazione per vedere Julen precipitare nel vuoto a 70 metri all’interno di questo buco dal diametro di 25 centimetri.
Immediata la richiesta di soccorso da parte dei genitori Vicky e Josè, che hanno potuto sentire il lamento del proprio figlio nei primi secondi successivi alla caduta per poi vivere quel silenzio totale e angosciante che oggi ha segnato il triste epilogo.
Per raggiungere il bambino sono stati attuati dei piani di recupero molto precisi, facendo anche intervenire la stessa squadra di soccorritori che aveva salvato le persone intrappolate all’interno della miniera in Cile. 300 persone e 300 ore di lavoro, con una prima analisi e costruzione di tunnel paralleli per arrivare il più vicino possibile al bambino caduto nel pozzo: ma nulla da fare, la roccia che compone il terreno è molto dura e protrae i tempi di salvataggio – tanto che le ore diventano giorni interminabili di angoscia.
La grande opera di ingegneria umanitaria – come è stata ribattezzata – ha lavorato ininterrottamente per dieci giorni, attuando un piano finale che ha voluto l’impiego di micro esplosivi per distruggere la roccia dura che impediva il passaggio dei minatori. Gli stessi si sono calati a coppia, usufruendo anche di un macchinario per il ricircolo del proprio ossigeno così da avere un’autonomia maggiore.
Le speranze di trovare vivo Julen sono andate a scemare man mano che si andava avanti con i lavori e con gli imprevisti.
L’epilogo e il malore
Il triste epilogo è di questa mattina all’ 1.25 di notte, con comunicazione ufficiale delle ore 3 da parte della Guardia Civil ha lasciato il mondo in silenzio, abbandonando anche quel poco di speranza che era rimasta. Il corpicino è stato trovato sotto 100 metri di terra.
Quando il padre ha appreso la notizia è stato colto da malore e soccorso dai medici presenti sulla zona: non sono ancora chiare le sue condizioni di salute.
La Guardia Civil ha aperto un’inchiesta per capire come si sia potuto formare il tappo che ha impedito ai soccorritori di raggiungere Julen. Un’altra inchiesta è invece legata al pozzo, per verificare se lo stesso sia o meno abusivo.