I contratti-fortezza delle case farmaceutiche con l’Unione Europea.
Alle aziende viene lasciata la totale libertà di azione.
Alla mercé del produttore
Pfizer-Biontech ha il coltello dalla parte del manico, l’Italia e i Paesi dell’Unione Europea la lama puntata contro.
A esplicarlo è l’articolo pubblicato oggi sul Corriere della Sera, che conduce nel dettaglio il lettore attraverso fasi e accordi tra il colosso farmaceutico e i governi del vecchio continente.
Si tratta di un rapporto sbilanciato, simile a un’insana storia d’amore: da una parte chi, accogliente e bisognoso, si piega ciecamente alle volontà del partner; dall’altra colui, che incerto del futuro, si premura a prescindere con subdola tattica.
Ma qui i protagonisti sono l’Unione Europea e Pfizer e certo la prima non può addurre né l’ingenuità né l’amore per aver firmato, si direbbe bendata, l’importante contratto.
Berlino, la favorita
Il problema degli stati firmatari è gigantesco dal momento che L’Unione Europea ha ratificato le stesse condizioni con altre 5 fabbriche di vaccini.
La Germania invece si è mossa più astutamente. La BioNTech, al fianco di Pfizer per la produzione del richiestissimo siero, ha stipulato parallelamente un accordo con il governo tedesco: sono previste 30 milioni di dosi per Berlino, in aggiunta a quelle precedente pattuite con Pfizer secondo gli accordi europei.
Il pericolo aggiuntivo è che decada il criterio di una distribuzione proporzionata tra nazioni rispetto al numero della popolazione.
La moltiplicazione dei vaccini
Il quantitativo del siero è rimasto lo stesso, ma il numero delle dosi è aumentato. Un evento prodigioso, alla stregua della moltiplicazione dei pani e dei pesci, sembra essere salvifico per tutti in tempi di pandemia.
Lorenzo Salvi e Fiorenza Sarsani, i giornalisti che hanno portato alla luce i secretati accordi, ci riportano all’evento che ha aumentato il numero delle porzioni da inoculare.
Solo due settimane fa, l’8 gennaio, l’Ema, l’agenzia europea del farmaco, riconosceva che nelle fiale Pfizer sono contenute 6 dosi, non 5, come comunicato inizialmente.
Ma la matematica del conteggio dei vaccini si rivela una questione di strumentazione giusta, manualità e estrema precisione. Il motivo è all’interno di una nota dell’agenzia che illustra come procedere all’estrazione dalla fiala del numero giusto di razioni.
Bisogna utilizzare solo siringhe a basso volume morto, rimanendo al di sotto dei 35 µl. Se si ricorre alle siringhe più comuni, il risultato è ad ad alto rischio. Poi, se si verifica una rimanenza inferiore a 0.3 ml, la misura di una dose completa, la rimanenza va irrimediabilmente persa.
L’escamotage permette a Pfizer di ridurre gli ordini senza l’obbligo di reintegrarli totalmente.
La questione però rimane avvolta nell’ambiguità, perché nei contratti non si parla mai di fiale, l’unita di misura con cui vengono vendute, bensì di dosi.
Le conseguenza delle inadempienze, sono quasi nulle per il colosso farmaceutico, anzi portano a corroborare la sua pozione. Perché le sanzioni sono minime e nel frattempo ha il tempo di contrattare con il miglior offerente
Penali a chi? La clausola che lascia libertà a Pfizer
Se, come avvenuto, Pfizer ritarda negli approvvigionamenti oppure decurta gli ordini non può essere immediatamente sanzionata.
L’Italia difficilmente otterrà vittoria dopo aver presentato esposto per quanto avvenuto contro il colosso farmaceutico.
Infatti leggendo gli accordi si evince come Pfizer possa essere considerata inadempiente soltanto concluso un periodo di tre mesi, (quindi al culmine di Marzo).
Ma la clausola più clamorosa riguarda le sanzioni: sono solo un 20% del valore degli ordini inadempiuti.
Lo sberleffo degli aiuti a fondo perduto
Lo scorso anno alla necessità che si trovasse l’antidoto giusto ha risposto con storica prontezza la scienza.
Nel farlo è stato fondamentale l’aiuto che alla ricerca hanno dato miliardari benefattori e gli stessi stati, attanagliati dai lockdown e bisognosi di ridestare l’economia.
Anche Pfizer ne ha beneficiato, molto più del previsto secondo le evidenze.
Quegli aiuti alla multinazionale sono giunti, secondo quanto dettato dall’Ue, da tutte gli stati ad essa appartenenti Italia compresa. Si trattava, nella fattispecie, di prestiti a fondo perduto.
E di perduto c’è molto di più delle somme versate ad ottobre: Abbiamo perso dell’altro denaro da versare per ottenere i giusti quantitativi di vaccini, una più ampia libertà di cambiare i fornitori quando i patti non sono onorati, il tempo (ora dilatato) della campagna vaccinale insieme al tempo per la ripresa del Paese.