I detenuti sarebbero stati picchiati e lasciati senza cure come punizione per la rivolta scoppiata nell’aprile dello scorso anno nell’istituto penitenziario casertano.
Tra gli indagati compare anche Antonio Fullone, provveditore delle carceri della Campania.
Le rivolte nel carcere di Santa Maria Capua Vetere
Era il 6 aprile dello scorso anno quando nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, nel casertano, scoppiò una violenta rivolta da parte dei detenuti.
La protesta partì dopo che si era diffusa la notizia di un caso Covid in carcere. Il malumore partì dal reparto Danubio, rimasto in mano ai detenuti per diverse ore.
L’11 giugno dello scorso anno erano già stati notificati 44 avvisi di garanzia ad altrettanti agenti di polizia penitenziaria.
Le accuse formulate all’epoca erano di presunti pestaggi avvenuti nell’istituto di pena casertano in seguito alla rivolta.
Dopo quella protesta c’era stata una perquisizione straordinaria, cui avevano preso parte 282 unità.
Notificati 52 avvisi di garanzia
Durante quella perquisizione però, le telecamere di sorveglianza avrebbero immortalato le torture subite dai detenuti.
“Le immagini rendevano una realtà caratterizzata dalla consumazione massificata di condotte violente, degradanti e inumane, contrarie alla dignità ed al pudore delle persone recluse”
ha spiegato questa mattina il procuratore di Santa Maria Capua Vetere, che ha disposto 52 misure di custodia cautelare ad altrettanti agenti di polizia penitenziaria.
“I detenuti erano stati costretti a camminare attraverso un “corridoio umano” formato dai poliziotti e percossi al passaggio con “un numero impressionante di calci, pugni, schiaffi alla nuca e violenti colpi di manganello, che le vittime non riuscivano in alcun modo ad evitare”
prosegue ancora la ricostruzione del pm.
Tra gli indagati per i pestaggi in carcere c’è anche Antonio Fullone, provveditore delle carceri della Campania.
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