L’omicida, Nicola Cirillo, raccontò di voler punire la vittima, rea di essersi rifatta una vita dopo la loro separazione.
La figlia della donna è ancora in ospedale e non potrà più camminare.
L’omicidio di Cristina Messina ed il ferimento della figlia
Era il 10 giugno di quest’anno quando Nicola Cirillo, netturbino in pensione, si recò nell’abitazione della sua ex compagna, Cristina Messina a Volvera.
L’uomo, pistola in pugno, colpì a morte la donna e ferì in modo grave la figlia di lei, Giusy, 28 anni.
La donna morì sul colpo, per la figlia invece i due colpi esplosi alla schiena l’hanno costretta per sempre su una sedia a rotelle. La ragazza è ancora ricoverata all’ospedale di Volvera, ma non esistono più speranze che lei torni a camminare.
“Mi è venuta incontro per impedirmi quello che volevo fare. Le ho sparato. Poi sono andato a cercare la madre. Era sul balcone. Le ho sparato tre colpi. Sono tornato indietro e c’era mia figlia con gli occhi sbarrati. Le ho sparato un altro colpo”
raccontò Cirillo durante una prima deposizione.
La richiesta di condanna
Come riferisce anche La Stampa, il Pm Paolo Toso ha chiesto 30 anni di carcere per Cirillo e una provvisionale per il ferimento della giovane di 600 mila euro.
Ieri mattina si è tenuta in aula la prima udienza della Corte D’Assise. L’imputato non era presente, ma in videocollegamento ha solo detto:
“Mi dispiace”.
I figli di Cristina Messina si sono costituiti parte civile nel processo.
Il movente del duplice reato è da ricercarsi nella gelosia. Nicola Cirillo non si capacitava che la sua ex compagna si fosse rifatta una vita senza di lui.
“Ma chi si credeva di essere? Una persona libera? Me ne ha combinate di ogni: aveva la macchina, usciva. Era un oltraggio”
aveva raccontato subito dopo il delitto.
La richiesta dei 30 anni di carcere è legata anche al mancato pentimento di Cirillo, che non ha mai palesato una reale consapevolezza della gravità dei suoi gesti.