La spaccatura tra nazioni ricche e nazione povere è accentuata dall’iniqua distribuzione delle dosi contro il coronavirus.
L’etica e la scienza indicano la stessa rotta per uscire dalla crisi sanitaria migliori anche nella salute: la collaborazione a livello globale.
L’iniqua distribuzione
Il Covid-19 non dà tregua e costringe i produttori dei vaccini a ritmi lavorativi forsennati accompagnati da ampliamenti degli stabilimenti o realizzazione di nuovi.
A cercare di tenere testa alla domanda esorbitante sono poche aziende farmaceutiche e principalmente Pfizer-Biontech, Moderna e AstraZeneca.
Mentre il mondo occidentale vive nei fremiti dei ritardi e delle decurtazioni dei lotti pattuiti, si profila un’ulteriore tragedia nella tragedia: l’abbandono dei Paesi più poveri nella lotta alla pandemia.
Infatti su 42 Paesi che hanno iniziato a inoculare il siero contro il covid-19, 36 sono ad alto reddito.
Il prezzo dei vaccini
Uno dei problemi più evidenti dell’accesso ai vaccini è il costo che alcune economia non possono permettersi.
I prezzi, seppur coperti dal segreto istruttorio, sono sfuggiti di tastiera a Eva De Bleeker, segretario di Stato belga, in un tweet di un mese fa. Secondo quanto riportato da De Bleeker i costi per dose sono i seguenti: 1,78 euro per Astra-Zeneca, 14,68 per Moderna e 12 per Pfizer-Biontech.
Gli accordi sospesi
Tedros Adhanom, direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), ha affermato ad inizio settimana come il mondo sarebbe
“sull’orlo di un fallimento morale catastrofico”.
La causa è il mancato equilibrio nella ripartizione delle dosi tra paesi ricchi e paesi poveri.
Ma i propositi dell’anno appena passato arano diversi dal dispiegarsi degli eventi attuali.
Nel tentativo di prevenire lo sbilanciamento adesso in essere, nel 2020 era stata avviata Access to Covid-19 Tool accelerator (ACT).
Si tratta di una collaborazione internazionale che vede la fondamentale partecipazione dell’OMS insieme al coinvolgimento di diverse associazioni e fondazioni. Lo scopo è facilitare l’accesso dei paesi poveri al vaccino.
ACT ha creato al suo interno COVAX, con il compito di mettere insieme 2 miliardi di vaccini per oltre 90 nazioni. Nella seconda metà di dicembre COVAX aveva annunciato la distribuzione dell’ingente quantitativo entro la metà del 2021.
Ma ad oggi, non solo mancano ancora 2,8 milioni di dollari al finanziamento dell’iniziativa, ma alcun vaccino è stato distribuito.
Poi vi sono le linee guida GAVI (l’Alleanza mondiale per vaccini e immunizzazione nata nel 2000) rivolte ai Paesi dalle economie più forti, invitate a prevedere, per ogni commessa, delle dosi da donare alle economie più deboli subito dopo la consegna, affinché l’intervento sia il più tempestivo possibile. Alcuni governi virtuosi, come quello danese, hanno aderito all’iniziativa già nelle primissime fasi della campagna vaccinale.
Purtroppo anche se gli ordini sono stati abbondanti per molti Paesi, in Europa addirittura il triplo rispetto al numero della popolazione, gli impegni disattesi dalle multinazionali produttrici del vaccino portano a rallentare la pianificazione delle somministrazioni delle dosi e dilatare i tempi di una ritorno alla normalità, anche nel ricco Occidente.
Questione di vita o di morte non solo per poveri, secondo la scienza
Oltre alla questione etica lapalissiana, non sempre al centro delle questioni economiche e politiche, vi è una questione meramente scientifica.
Il Network Science Institute della Northeastern University di Boston, sotto la guida dell’italiano Alessandro Vespignani, ha elaborato un modello per indagare le conseguenze di una distribuzione squilibrata dei vaccini.
Gli scienziati hanno sondato due possibilità partendo da una disposizione di 3 miliardi di dosi.
Nel primo scenario 2 miliardi di vaccini sono divisi tra 50 nazioni ad alto reddito, mentre il restante miliardo distribuito equamente nel resto del globo.
Nel secondo scenario tutte le dosi sono distruibuite equamente in tutti i paesi, senza fare leva sul meccanismo del maggior offerente, ma in proporzione alla popolazione.
Nel primo caso ipotizzato si eviterebbe il 33% dei decessi prevedibili a livello globale, mentre nel secondo caso si arriverebbe a impedire la morte del 61%, quasi il doppio.
“Quando il mondo collabora, il numero di morti si dimezza”.
Sono le parole dei ricercatori, che sottolineano come lo scenario più equo non scongiurerebbe un alto tasso di decessi nei paesi ricchi.
Una strada possibile
In questo contesto apocalittico si fa spesso rifermento ad un’altra piaga, l’HIV, che falciò migliaia di vite prima dell’arrivo del vaccino generico.
Anche Elda Baggio, chirurgo, docente dell’Università di Verona nonché vicepresidente di Medici in Italia, nell’intervista a Collettiva.it la richiama alla mente, ricordando come fu efficacemente arginata dalla diffusione del medicinale generico.
Allora suggeriste come una revoca temporanea delle proprietà intellettuali sulla formulazione del vaccino permetterebbe a molti Paesi in difficoltà di acquisire le conoscenze per produrre il corrispettivo generico.